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L’Oriente è rosso anche all’EXPO

L’EXPO rappresenta il simbolo del nuovo secolo cinese. Un exploit che è cominciato negli anni Novanta ed è arrivato in pochi lustri a cambiare tutta la vita quotidiana del cinese medio fino alla tavola, da dove ripartiamo oggi per scandagliare, in poche righe, un orizzonte vasto e variegato che, dietro al delicato equilibrio tra uomo e natura, nasconde un futuro sostenibile per la Cina e per il mondo intero.

OCCASIONE EXPO – I Padiglioni cinesi attraggono pubblico e aziende mostrando i progressi compiuti nel campo dello sviluppo agricolo e della sicurezza alimentare e sottolineando il valore nutrizionale della cucina cinese. Questa visibilità è funzionale a implementare il Piano decennale, recentemente approvato dal governo della Repubblica Popolare Cinese, Made in China 2025, in cui si fissano i termini per procedere verso un modello avanzato del settore manifatturiero che comprenda nuovi brand cinesi che possano concorrere con quelli esteri sia sul mercato interno che su quello globale. Il nuovo programma, che tiene conto dell’ecosostenibilità  dei nuovi marchi, ha come piattaforma di lancio, soprattutto per il settore alimentare, i padiglioni dell’EXPO, che stanno offrendo una notevole visibilità internazionale alla Cina e alle sue aziende. Da questa grande nazione l’Italia vuole attrarre capitali, investimenti e flussi turistici e in essa vuole allocare risorse altamente specializzate per produzioni raffinate, di alta tecnologia e di grosso impatto psicologico oltre che ecologico, status symbol cui ormai il cinese medio agogna.

china milan expo foto

Fig. 1 – Un’affascinante composizione di ombrelli di carta nel padiglione cinese

POCHI LUSTRI PER UN CAMBIAMENTO EPOCALE – Fino a pochi anni fa erano tutti uguali, i cinesi, con la divisa verde che nascondeva le forme femminili e omologava quelle maschili, indossata pure durante i pasti – che non venivano preparati a casa propria per essere consumati nell’intimità della famiglia, ma nello shi tang, la mensa della comune popolare in cui ognuno aveva diritto ad una razione di riso. Allora l’Oriente era rosso come un brano, composto negli anni Quaranta, sulla melodia di un vecchio canto popolare che durante la rivoluzione culturale divenne l’inno nazionale della Repubblica Popolare Cinese (“L’Oriente è Rosso” , “东方红”, Dōngfāng hóng), oltre che la colonna sonora di un musical propagandistico. Sono passati pochi lustri, ma sembrano anni luce, e dai padiglioni cinesi viene ora veicolata l’immagine di una nuova Cina, molto benestante, non più attratta dal celebre libretto rosso di un Oriente rosso, ma al massimo dal rosso della fortuna costituita, tra le tante, dalla possibilità, per molti, di acquistare il vino italiano, sempre rosso, di cui la Cina è importatrice, sostituendosi ai ridotti consumi interni di un’Europa che arranca.

PROGRESSO E PROBLEMI – D’altra parte il repentino passaggio da un’economia di Stato a una di mercato, anche se socialista, sviluppatasi in modo esponenziale, ha prodotto un’enorme ricchezza, ma ha determinato anche costi altissimi a livello sociale e ambientale. E se l’arricchimento concesso, anzi auspicato, da Deng Xiaoping negli anni Ottanta, ha determinato un travolgente sviluppo economico, questo progresso ha comportato implicazioni molto gravi, per ora contenute grazie al netto miglioramento delle condizioni di vita medie, ma la cui soluzione non può essere ulteriormente procrastinata. Il degrado dell’ambiente, sottoposto quasi ovunque a un dissennato utilizzo, ha causato erosione del territorio e desertificazione di intere zone, adibite a coltivazione. Il tutto aggravato dalla scarsità d’acqua sia per uso agricolo che civile. La deforestazione ha prodotto, inoltre, non solo la perdita di legname, ma anche temibili inondazioni. La produzione agricola, che permette in Cina di sfamare un miliardo e trecento milioni di persone, ora deve necessariamente rivista e corretta in quanto, pur non avendo un peso rilevante a livello aggregato, coinvolge una porzione di popolazione molto significativa.

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Fig. 2 – Cittadini di Shanghai fanno la fila per entrare in una boutique di Louis Vuitton

RICONVERSIONI E INVESTIMENTI – Il boom economico ha creato ricchezza e apportato novità, tra l’altro modificando le abitudini alimentari: è infatti molto recente un picco nel consumo di carne e latte, in passato riservato alle minoranze originarie delle steppe. L’industrializzazione impetuosa ha poi determinato consumi elevatissimi di energia, soddisfatti attraverso l’uso, spesso scriteriato, delle grandi riserve di carbon fossile di cui la Cina è ricca, producendo un livello di inquinamento pericoloso delle falde acquifere, dei fiumi, dei laghi, del mare e dell’aria, in molti luoghi contaminata oltre che irrespirabile, con gravi implicazioni per la salute. La ricerca di soluzioni alternative non solo è legata all’ambiente, ma anche al commercio internazionale, che impone dazi, almeno nei Paesi più sviluppati, sull’acquisto di prodotti ad alto utilizzo di energie non pulite. A fronte di tutto ciò l’attuale Governo ha previsto molteplici obiettivi di sostenibilità nell’ambito della pianificazione, prevedendo sussidi e sgravi fiscali per la riconversione delle aziende e procedendo con investimenti pubblici notevoli in energie alternative e per la sicurezza dei prodotti, in particolare dei cibi.

L’ARMONIA IN CINA – Tutto ciò postula per il Governo cinese la necessità impellente di internazionalizzare le proprie imprese per stabilizzare lo sviluppo, ma anche quella di porre un freno al boom economico stabilendo un target più misurato. Questa frenata, definita come la nuova normalità, deve permettere all’establishment di risolvere tutta una serie di problemi strutturali non solo reindirizzando lo sviluppo economico verso modalità sostenibili, ma, soprattutto, rielaborandone l’ideologia di riferimento nell’ambito del pacchetto di riforme in discussione, onde definire l’identità del socialismo di mercato. A questo scopo è stato istituito un organismo politico incaricato di progettare, coordinare, promuovere e supervisionare le riforme in campo economico, politico, culturale e sociale per implementare la civiltà ecologica e la costruzione del sistema. La popolazione dello Stato di mezzo, ammaliata dal vino e attirata dal caffè (come non sottolinearlo proprio noi del Caffè Geopolitico?!), è infatti  molto attenta alle implicazioni sociali dello sviluppo in quanto la legittimità stessa del Governo è legata al mantenimento dell’armonia di tutto ciò che è “sotto il cielo”, come da millenaria tradizione.

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Fig. 3 – La fiera Vinisud Asia, tenutasi a Shanghai nell’autunno 2014

L’EXPO E IL MONDO –  La globalizzazione, che ha imposto una sorta di occidentalizzazione del mondo, trova uno scoglio non di poco conto nell’enorme potere economico in mano alla Cina, i cui abitanti sono da un lato sottoposti ad un’attrazione quasi magnetica per il nostro modus vivendi proteso ad una affannosa ricerca di un sempre più raffinato benessere, dall’altro riluttanti di fronte agli squilibri sociali e ai disastri ambientali importati da questi modelli o correlati alla rapidità dello sviluppo. L’universo Cina, custode di valori profondi di una millenaria civiltà, molto diversa dalla nostra, si sta oggi interfacciando con il resto del mondo, per la prima volta nella storia, proprio a EXPO. Questa appare pertanto un’occasione da non perdere perché i popoli, con i loro usi e costumi, si possano conoscere, perché lo scontro tra le più grandi civiltà evocato da Huntington si trasformi in incontro, in ricerca di equilibri non solo tra uomini ma anche tra uomo e ambiente, perché l’Oriente sia ancora rosso, come il vino e come la sera, con le sue speranze.

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Fig. 4 – Visione esterna del padiglione cinese a EXPO 2015

Elisabetta Esposito Martino

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Un chicco in più

Il “Gruppo direttivo per il completo approfondimento delle riforme” (The Central Leading Group for Comprehensively Deepening Reforms, 中央全面深化改革领导小组, Zhōngyāng Quánmiàn Shēnhuà Gǎigé Lǐngdǎo Xiǎozǔ) è un nuovo organismo politico, creato alla fine del 2013 e presieduto da Xi Jinping, con l’intento di accentuare, in questa fase di rallentamento, l’“aggiustamento macro-economico e il controllo” dell’economia, arginando in qualche modo la Likonomia, cioè la teoria più propensa a lasciar fare al libero mercato («We will let the market play a decisive role in resource allocation to foster a new engine of growth» in https://agenda.weforum.org/2015/01/chinese-premier-li-keqiangs-speech-at-davos-2015/).

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Foto: ChiaraBer

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Elisabetta Esposito Martino
Elisabetta Esposito Martinohttp://auroraborealeorientale.wordpress.com/

Sono nata nello scorso secolo, anzi millennio, nel 1961. Mi sono laureata in Scienze Politiche, Indirizzo Internazionale, presso La Sapienza con una tesi sul consolidamento della Repubblica Popolare cinese (1949 – 1957); ho conseguito il  Diploma in Lingua e Cultura Cinese presso l’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente di Roma ed il Perfezionamento in Lingua Cinese presso l’ISMEO. Sono stata delegata italiana per l’International Youth culture and study tour presso la Tamkang University Taipei, e poi docente di discipline giuridiche ed economiche. Ho lavorato come consulente sinologa e svolto attività di ricerca. Ora lavoro in un ente di ricerca e continuo la mia formazione (MIP Business School del Politecnico di Milano e dalla SDA Bocconi School of Management, Griffith College di  Dublino, Francis King School of English di Londra, EC S.Julians di Malta). Ho pubblicato sull’”Osservatorio Costituzionale”, dell’associazione italiana dei costituzionalisti  (AIC) , su “Affari Internazionali” e su “Mondo Cinese”.
Dopo aver sfaccendato tra pappe e pannolini per quattro figli, da quando sono cresciuti ho ripreso alla grande la mia antica passione per la Cina, la geopolitica  e le istituzioni politiche e costituzionali. Suono la chitarra, preparo aromatici tè ma non mi sveglio senza… il caffè!

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