In 3 sorsi – Nel 2018 si svolgeranno in Zimbabwe le elezioni politiche. A tenere banco sin da ora è la possibile ricandidatura, per un ennesimo mandato alla guida del Paese, dell’ormai 92enne presidente uscente Robert Mugabe.
1. ANCORA LUI? – Robert Mugabe è ininterrottamente il presidente dello Zimbabwe dal 22 dicembre 1987, quando subentrò al primo storico capo di Stato Canaan Banana, fautore dell’indipendenza dal Regno Unito nel 1980. Rieletto l’ultima volta nelle elezioni del 2013, il suo mandato scadrà nel 2018, quando avrà 94 anni. Vista l’età gli analisti politici sono concordi nel ritenere prossima alla fine la carriera di Mugabe alla guida di un Paese in cui le politiche autoritarie attuate dal suo Governo hanno progressivamente peggiorato le condizioni economiche, aumentando il tasso di povertà e inimicandogli il suo stesso elettorato. Quando nel dicembre 2014 si è svolto l’ultimo congresso dell’Unione Nazionale Africana di Zimbabwe – Fronte Patriottico (ZANU-PF), il partito che governa il Paese sin dalla sua indipendenza, la speranza di tutti era che si giungesse a una svolta. Tuttavia il corso dei lavori è stato segnato dalla resa dei conti tra le due principali fazioni interne, da un lato quella moderata guidata dalla storica vicepresidente Joice Mujuru e dall’altro quella oltranzista, il cui leader è Emmerson Mnangagwa, ministro della Giustizia e fedelissimo del presidente Mugabe. I lavori congressuali, andati avanti per una settimana, si sono conclusi con la clamorosa espulsione di Mujuru, accusata assieme ad altri sette ministri di aver tramato per deporre il Presidente zimbabwano, e con la ricandidatura per acclamazione dello stesso Mugabe – quindi apparentemente destinato a restare in carica a vita – alle elezioni politiche del 2018.
Joice Mujuru
2. I FEDELISSIMI – L’esito del congresso dello ZANU-PF del 2014 ha messo in luce la figura del 69enne nuovo vicepresidente Mnangagwa, il quale, nonostante la riproposizione di Mugabe, è considerato come il candidato numero uno per succedere all’anziano dittatore, in virtù di una carriera politica in costante ascesa che lo ha visto ricoprire numerosi e prestigiosi incarichi di Governo negli ultimi trent’anni e ancor prima essere un eroe della guerra di liberazione dello Zimbabwe (1964-1979). Stimato dalle Forze Armate, che da sempre svolgono un ruolo fondamentale, e considerato un riformista, il suo obiettivo è quello di impegnarsi a trovare investitori stranieri in grado di far ripartire l’economia del Paese. Il principale ostacolo alle sue aspirazioni presidenziali è però rappresentato dalla carismatica first lady Grace Marufu Mugabe. Cinquantenne, sposata con Robert sin dal 1996 e negli ultimi tempi divenuta una vera e propria eminenza grigia alle spalle del marito, Grace è stata nominata presidente dell’ala femminile del partito di Governo e, a causa di uno stile di vita sfarzoso e poco consono alla situazione economica del Paese, è invisa sia all’opposizione politica che ad ampia parte della popolazione. La sua possibile candidatura viene vista come il tentativo di conservare l’immenso patrimonio familiare accumulato dal marito.
Robert Mugabe e la moglie Grace
3. L’OPPOSIZIONE – Se nella maggioranza tutto ruota attorno alle tre figure sopra citate, l’opposizione inizia a muoversi nella speranza di poter porre fine all’egemonia dello ZANU-PF. L’ex primo ministro Morgan Tsvangirai, leader dell’opposizione parlamentare e capo del Movimento per il Cambiamento Democratico (MDC-T), ha annunciato poche settimane fa l’intenzione di correre per la Presidenza e si è detto favorevole alla nascita di una coalizione in grado di conquistare la vittoria elettorale, a patto che tutti gli eventuali alleati siano d’accordo sul programma di governo e che l’attuale legge elettorale venga modificata, onde rendere le prossime elezioni il più libere e trasparenti possibile. A rispondere per primo all’invito di Tsvangirai è stato il Partito Prima lo Zimbabwe (ZFP), nato nella primavera del 2015 da una scissione dello ZANU-PF e guidato proprio dall’ex vicepresidente Mujuru, la quale, attraverso il suo portavoce Rugare Gumbo, ha annunciato la volontà di formare un’alleanza in grado di porre fine al potere del suo vecchio partito e ridare nuova speranza al Paese. Critico riguardo alla possibilità di tale coalizione si è mostrato Welshman Ncube, ex alleato di Tsvangirai e attualmente alla guida di una formazione politica nata da una divisione nel MDC-T, il quale ha ribadito la necessità di creare una terza via rispetto alla contrapposizione tra i due principali partiti del Paese.
Domenico Bolledi
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Foto: Al Jazeera English