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Le grandi major del petrolio investono nelle rinnovabili. Greenwashing o c’è di più?

In 3 Sorsi – La crisi dovuta alla Covid-19 ha spinto le grandi compagnie petrolifere a investire maggiormente sulle fonti rinnovabili. Ad oggi però le strategie messe in campo non sono ancora sufficienti per raggiungere gli obiettivi ambientali comuni.

1. LA TENDENZA GREEN NEGLI INVESTIMENTI

Nel corso degli ultimi mesi le principali compagnie petrolifere hanno stanziato diversi miliardi per lo sviluppo di progetti che possano velocizzare il processo di transizione ecologica del comparto energetico, dalla produzione di idrogeno ai biocarburanti, fino alle tecnologie offshore. L’eolico offshore in particolare rappresenta l’industria che sta ricevendo i maggiori finanziamenti dalle oil companies poiché, oltre a garantire grandi quantità di energia elettrica, permetterebbe di attuare una riconversione delle piattaforme marine utilizzate per lo stoccaggio e l’estrazione di idrocarburi. British Petroleum e Total hanno acquisito i diritti per la costruzione di parchi eolici a largo della Gran Bretagna per 879 milioni di sterline. La società americana Chevron ha dichiarato che stanzierà oltre 100 milioni di dollari, in collaborazione col gruppo norvegese Moreld Ocean Wind, per lo sviluppo di sistemi eolici galleggianti all’avanguardia. Recentemente anche in Italia, Saipem, azienda ingegneristica facente parte al gruppo ENI, ha sviluppato un nuovo progetto denominato SUISO, che mette insieme varie tecnologie basate sull’energia rinnovabile (l’eolico galleggiante, il solare flottante e lo sfruttamento dell’energia marina) con l’intento di produrre idrogeno verde. Le aziende del settore stanno dunque cercando di diversificare i propri portfolio investendo in tecnologie green. 

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Fig. 1 – Un parco eolico inglese, Teesside, novembre 2020

2. GREENWASHING O REALE CAMBIO DI ROTTA?

I capitali mossi dalle compagnie petrolifere sono indicativi di un cambio di rotta, seppur parziale. Il report redatto dall’International Renewable Energy Agency (IRENA) che mira ad analizzare le strategie messe in campo da alcune delle principali major europee e americane (Eni, BP, Chevron, ExxonMobil, Equinor, Total e Royal Dutch Shell) in tema di transizione mette in luce alcune criticità. Le americane Exxon e Chevron sono ancora fortemente legate alla produzione di greggio e per entrambe nel 2040 petrolio e gas giocheranno un ruolo di primo piano (circa il 50% del fabbisogno energetico). Le aziende europee d’altro canto possiedono una visione a lungo termine più improntata alle fonti rinnovabili, fondamentali per ottenere un grado sempre minore di esposizione sul mercato (causata normalmente dall’alta volatilità del prezzo degli idrocarburi). Al di là degli investimenti è necessario distinguere le aziende europee in base all’approccio che hanno adottato per l’abbattimento delle emissioni: ENI, Equinor e BP condividono un approccio assoluto ovvero mirano alla diminuzione, se non al totale azzeramento, delle emissioni complessive (entro il 2050). Shell e Total invece si sono poste degli obiettivi intensity-based, le emissioni in questo modo vengono calcolate per unità di energia – se si aumentano le quote di energia pulita le emissioni di CO2 producibili saranno di conseguenza maggiori.

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Fig. 2 – La compagnia petrolifera olandese Royal Dutch Shell

3. IL CASO SHELL COME MONITO

La pandemia ha sicuramente spinto le compagnie petrolifere a investire con maggior convinzione sulle fonti rinnovabili. Tuttavia le strategie messe in campo a oggi risultano carenti – nell’ottica di mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto di 1,5 gradi – e in particolare nel breve termine, considerato che nessuna delle major ha diminuito i fondi destinati alla produzione di petrolio. A conferma di questo il maggio scorso un tribunale olandese ha emesso una sentenza che obbliga la compagnia Shell a ridurre le proprie emissioni del 45% entro il 2030, non ritenendo sufficienti i miglioramenti ottenuti finora e gli obiettivi fissati per il futuro. Un chiaro segnale che invita le compagnie del settore a produrre uno sforzo maggiore, considerato il loro contributo all’inquinamento, per assistere la Comunità internazionale nel raggiungimento degli obiettivi climatici comuni contenuti negli Accordi di Parigi.

Matteo Camporese

“Parque eólico Villonaco” by franzpc is licensed under CC BY-ND 2.0

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Perchè è importante

  • Le principali compagnie petrolifere stanno investendo in progetti e tecnologie green per diversificare i propri portfolio.
  • Nonostante i grandi capitali investiti le strategie sono carenti nel breve termine. La produzione di greggio infatti non è diminuita.
  • Come conferma la sentenza di un tribunale olandese sul caso Shell, le major del petrolio sono chiamate a compiere uno sforzo maggiore per il raggiungimento degli obiettivi climatici comuni.

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Matteo Camporese
Matteo Camporese

Nato nel 1995. Padova-Roma è il tragitto che ho percorso più volte in assoluto, con qualche deviazione a Pristina e Bordeaux. Laureato in Global Studies alla Luiss Guido Carli, vorrei approfondire e divulgare questioni legate al cambiamento climatico e alla transizione energetica. Il caffè della moka è più buono delle capsule!

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