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Jemaah Islamiyah, il terrorismo internazionale incontra la geopolitica (I)

L’appuntamento con Miscela Strategica propone un articolo in due parti realizzato da altrettanti autori su Jemaah Islamiyah, un gruppo islamista indonesiano attivo in tutto il Sudest asiatico. Cominciamo oggi con un breve inquadramento storico e con la presentazione dell’efficace capacità dell’organizzazione di reperire cospicui introiti da fonti diversificate e divise tra l’Indonesia e il resto del mondo.

 

INTRODUZIONE STORICA Jemaah Islamiyah (letteralmente “Comunità islamica”) è generalmente definita come un’organizzazione terroristica islamica originaria dell’Indonesia, ma attiva in tutto il Sudest asiatico, dalla Tailandia alle Filippine, passando per la Malesia e Singapore. In realtà, si tratta di una formazione molto più complessa, una vera e propria rete con collegamenti internazionali su più livelli, un elaborato sistema di finanziamento e un’efficiente capacità operativa. Come accade spesso con i gruppi terroristici, non è semplice individuare con chiarezza le origini di Jemaah Islamiyah: probabilmente, infatti, è necessario prendere le mosse da Darul Islam, un movimento indipendentista attivo dalla fine degli anni Quaranta e avente lo specifico obiettivo di creare uno Stato islamico in Indonesia. La formazione fu disciolta nel 1962, ma due dei suoi capi, Abdullah Sungkar e Abu Bakar Bashir, continuarono a propagandarne l’ideologia, al punto da essere costretti all’esilio in Malesia dalla repressione di Suharto. Non è chiaro quando effettivamente sia stata fondata Jemaah Islamiyah, giacché alcune fonti citano il 1993, mentre altre addirittura il 1999, sebbene sia più attendibile porre la nascita dell’organizzazione nei primi anni Novanta. Sicuramente il primo atto terroristico che possa essere imputato al gruppo è l’attentato alla chiesa di Medan nel 2000, dopo il quale sorsero profondi dissidi interni che condussero alla prevalenza della linea per la prosecuzione del jihad anche all’interno dell’Indonesia. L’esistenza di Jemaah Islamiyah divenne nota l’anno successivo, in seguito alla scoperta da parte delle Autorità di Singapore del progetto di colpire obiettivi connessi alla Marina statunitense. I gesti più rilevanti, tuttavia, furono gli attentati di Bali del 2002, nei quali morirono più di 200 persone. Da allora, tutti i Paesi del Sudest asiatico si sono adoperati per tenere sotto controllo Jemaah Islamiyah, arrestando centinaia di sospetti affiliati, ma non riuscendo ancora a debellare del tutto la formazione.

 

IL FINANZIAMENTO – Una caratteristica di Jemaah Islamiyah è la sua capacità di recuperare ingenti fondi per le proprie attività. I proventi del gruppo derivano da fonti diverse, dalle pure pratiche criminali (rapimenti, estorsioni, contrabbando), a complessi sistemi finanziari imperniati su società apparentemente legali, senza dimenticare il denaro offerto direttamente da facoltosi donatori o da semplici sostenitori, individualmente o tramite gli enti di beneficenza islamici. Per esempio, soprattutto nel periodo tra il 2001 e il 2003, ci sarebbero stati veri e propri corrieri che, per conto di emissari mediorientali o della stessa al-Qaida, avrebbero trasportato denaro contante in Indonesia. Nonostante le rigide limitazioni in Occidente, inoltre, continua a essere praticato il finanziamento via hawala, un sistema informale di trasferimento di denaro e valori che deriva direttamente dal Diritto islamico. Esistono diverse varianti, ma l’aspetto comune è la circolazione del bene di scambio attraverso una rete di mediatori specializzati, chiamati hawaladar. Sostanzialmente, chi deve trasferire il denaro si rivolge a un hawaladar, consegnandogli la somma in oggetto. Il mediatore, che trattiene una provvigione, entra quindi in contatto con un suo omologo nella località di destinazione del trasferimento e comunica le disposizioni necessarie all’operazione, senza però inviare alcuna somma: il sistema, infatti, si basa sull’onore, senza bisogno di alcuna cornice giuridica ulteriore, e i rapporti tra gli hawaladar prevedono la compensazione di debiti e crediti. In caso di trasferimento internazionale, il metodo non richiede alcun passaggio dagli uffici di cambio, poiché il denaro sarà consegnato direttamente nella valuta di destinazione. Con le restrizioni ormai adottate in tutto il mondo riguardo alla circolazione del contante, Jemaah Islamiyah effettua spesso pagamenti tramite gioielli, oro e pietre preziose, beni non facilmente tracciabili, dall’alto valore e ottenibili anche dall’attività criminale. Altro metodo di finanziamento, al quale si accennava poco prima, è il ricorso alla creazione di società e imprese ufficialmente legali, operanti in tutto il Sudest asiatico in settori che vanno dalla farmaceutica alla produzione alimentare, ma con stretti rapporti commerciali con il Medio Oriente (specialmente l’Arabia Saudita e lo Yemen) o, addirittura, l’Afghanistan.

 

Il raggio d’azione di Jemaah Islamiyah

LA PERVASIVITÀ SOCIALE E IL NEO-TRADIZIONALISMO – L’aspetto più interessante, tuttavia, è che Jemaah Islamiyah abbia adottato un sistema analogo a quello di Hezbollah e Hamas, ossia un “triangolo rovesciato” per il quale le attività del gruppo sono coperte e finanziate da un ampio ventaglio di organizzazioni non governative e di enti di beneficenza (charities, si veda il “Chicco in più”): una forma di neo-tradizionalismo che basa la propria azione sull’islamizzazione della comunità partendo dal basso. Questa struttura “legale” garantisce un’ampia pervasività nella società, soprattutto attraverso l’offerta di servizi (anche scolastici) e di assistenza laddove lo Stato spesso latiti. In occasione dello tsunami nell’Oceano Indiano del 2004, per esempio, numerosi volontari di associazioni collegate all’Islam combattente, ma formalmente autonome, hanno partecipato al soccorso dei superstiti. Entrando nello specifico, la base del triangolo rovesciato del sistema di Jemaah Islamiyah è Majelis Mujahidin Indonesia (MMI), una sigla che comprende organizzazioni politiche e sociali, ma che possiede anche una casa editrice, la Wihdah Press, e la rivista “Risalah Mujahidin”, utili per propagandare idee anti-occidentali e anti-semite, nonché per raccogliere ulteriori introiti. MMI è il portavoce legale di Jemaah Islamiyah, proponendo nel dibattito politico tematiche del programma per la costituzione di uno Stato islamico. Tornando agli aspetti inerenti al finanziamento, si devono a MMI i principali collegamenti tra Jemaah Islamiyah e i sostenitori nel resto del mondo, tramite il sistema delle organizzazioni di beneficenza islamica.

 

LA BENEFICENZA ISLAMICA – La rete delle charities indonesiane legate a Jemaah Islamiyah, che talvolta sono distaccamenti di quelle in Medio Oriente, cominciò a essere strutturata su vasta scala intorno al 2000, con l’obiettivo di prestare assistenza alla popolazione delle zone di conflitto interne al Paese. È importante sottolineare che alcuni di questi enti aderirono subito dopo la loro fondazione all’International Islamic Relief, un’organizzazione umanitaria, aprendo un canale privilegiato con la sezione saudita. La capacità di fornire servizi di base è fondamentale per l’ampliamento dell’azione dei gruppi islamisti, compresa Jemaah Islamiyah, poiché da un lato consente di propagandare linee ideologiche e preparare la popolazione ad accettare concetti e prassi che nel lungo periodo dovrebbero diventare dominanti, dall’altro lato garantisce costanti introiti provenienti sia dalla contribuzione volontaria (anche sotto forma di zakat, si veda il “Chicco in più”), sia dagli aiuti dello Stato e delle Organizzazioni internazionali, cosicché, paradossalmente, è stato addirittura sospettato che alcune donazioni effettuate nei Paesi occidentali abbiano raggiunto in modo indiretto Jemaah Islamiyah.

 

CONCLUSIONI – L’efficienza del sistema di finanziamento di Jemaah Islamiyah è nella diversificazione delle entrate e nella capacità di emulare la struttura a triangolo rovesciato, ossia il modello neo-tradizionalista di islamizzazione della società dal basso. Jemaah Islamiyah è in grado di reperire fondi dalla stessa Indonesia, oppure dall’estero, in particolare dall’Arabia Saudita, non solo tramite pratiche criminali (rapine, contrabbando, rapimenti…) o passaggio diretto di denaro (corrieri e sistema hawala), ma anche – e in misura maggiore – da una fitta rete di attività formalmente legali, costituita da società, imprese e aziende operanti in tutto il Sudest asiatico in molteplici settori. L’aspetto preoccupante, però, è la penetrazione tra la popolazione di Jemaah Islamiyah per mezzo degli enti di beneficenza, attraverso i quali transitano grandi capitali e piccole offerte, accomunati tutti dal comune sentimento dei donatori per il servizio all’Islam, e, soprattutto, grazie ai quali l’ideologia, gli obiettivi, e il modus operandi violento del gruppo sono presentati quali complementari all’opera sociale.

 

Beniamino Franceschini

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Beniamino Franceschini
Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’Università di Pisa, sono docente di Geopolitica presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Pisa. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa.

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