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Le relazioni civili-militari in Indonesia: il passato è il futuro?

In 3 sorsiLe relazioni civili-militari in Indonesia sono sempre state fonte di dibattito. I militari indonesiani hanno storicamente portato avanti una “doppia funzione” che permetteva loro di occuparsi non solo della difesa del Paese, ma anche degli aspetti politici ed economici. Oggi la situazione pare trasformata, ma il pericolo di un ritorno al passato è incombente.

1. RELAZIONI CIVILI-MILITARI: L’ERA POST-SUHARTO

L’intervento dei militari negli affari politici è stata una costante nella storia contemporanea dell’Indonesia. Gli ufficiali in uniforme hanno spesso assunto vari incarichi in politica e in ambito economico e industriale, oltre che occuparsi della difesa del Paese. Questa, storicamente, è chiamata la “doppia funzione” (dualfungsi) dell’Esercito indonesiano. Dopo il colpo di stato del 1965 e il successivo regime autoritario di Suharto, il Paese ha vissuto un processo di democratizzazione che non era affatto scontato. Nel 1998, l’Indonesia fu colpita da una profonda crisi economica, il Governo dovette essere ricostruito dopo il forzato impeachment di Suharto e la società civile si preparò alla tanto attesa svolta democratica. Nonostante le incertezze, i Governi post-Suharto sono riusciti a mantenere basso il rischio di colpo di stato in virtù di diversi fattori. In particolare, secondo l’esperto di relazioni civili-militari Aurel Croissant, “un forte consenso è emerso tra i partiti politici, le élite civili e il pubblico più ampio che l’ordine politico dovrebbe essere civile e che i militari devono essere tenuti fuori dal centro politico.” I Governi indonesiani sono quindi riusciti a ridurre il rischio di colpo di stato “naturalmente” invece di usare metodi artificiali come arruolamento e promozioni basate su identità etniche – cioè che riflettano la maggioranza etnica che governa – patronato, corruzione, e nepotismo per tenere sotto controllo gli ufficiali. In poche parole, “una società civile forte, una sufficiente legittimità del regime e un consenso anti-militare tra le élite civili” – afferma Croissant – “hanno contrastato la tentazione dell’avventurismo militare.” Al contrario, il Presidente Suharto adottò alcune strategie per controllare il potere degli ufficiali di alto rango. Ad esempio, impiegò una strategia di “divide et impera,” che implicava l’istituzione di più servizi di sicurezza con funzioni sovrapposte per controllarsi e controbilanciarsi a vicenda. Suharto divise anche l’esercito in strutture di comando territoriali in modo che i diversi rami potessero compensarsi l’uno contro l’altro. Inoltre, Suharto istituì un sistema di patronato per regolare il reclutamento e le promozioni, con l’obiettivo di costruire una “comunità di fiducia” per garantire la lealtà dei soldati.

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Fig. 1 – Militari indonesiani e statunitensi durante l’esercitazione congiunta “Super Garuda Shield 2022”, tenutasi lo scorso agosto tra Sumatra, Kalimantan e Batam.

2. IL LEGAME TRA ESERCITO E POPOLO

Un sondaggio del 2020 condotto da un’agenzia indonesiana ha mostrato che circa il 70% degli intervistati era soddisfatto delle forze armate (Tentara Nasional Indonesia, TNI) mentre circa il 64% era soddisfatto della polizia nazionale. La grande fiducia nelle forze di sicurezza può sembrare sorprendente. Nonostante la lunga dittatura militare di Suharto, la popolazione indonesiana non è disturbata dal potere influente che l’Esercito ha ancora oggi. Nel suo studio sulle relazioni civili-militari dell’Indonesia, Natalie Sambhi sottolinea l’ambivalenza del Paese. In effetti, gli indonesiani sembrano essere presi tra l’adesione alle norme liberali e la progressiva democratizzazione da un lato, e “alti livelli di fiducia in un’istituzione più antica e più familiare” quale l’Esercito.

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Fig. 2 – Soldati delle forze speciali partecipano alla parata per il 77esimo anniversario delle Forze Armate indonesiane, 5 ottobre 2022.

3. IL PASSATO COME FUTURO?

L’Indonesia ha sperimentato un declino dei principi democratici negli ultimi anni. Secondo Freedom House, il Paese totalizza un punteggio di 59/100 che lo classifica come “parzialmente libero.” Nel 2017 il punteggio era 64/100 e il calo successivo segnala un significativo deterioramento dello status di libertà del Paese. Sebbene l’Indonesia ottenga risultati piuttosto buoni per quanto riguarda i diritti politici, lo stesso non si può dire delle libertà civili (libertà di espressione e di credo, diritti associativi e organizzativi, Stato di diritto, autonomia personale e diritti individuali). Infatti, nonostante l’Indonesia abbia compiuto passi impressionanti per stabilire un regime democratico dalle dimissioni forzate di Suharto nel 1998, i Governi indonesiani continuano ad affrontare difficili sfide interne come la profonda corruzione, la discriminazione etnica dei gruppi minoritari, l’insurrezione interna nella regione di Papua e la minaccia del terrorismo islamista.  Inoltre, le relazioni civili-militari sono sotto pressione. “Mentre il divario civile-militare è raramente netto, è ancora più sfocato in Indonesia,” afferma Sambhi. Freedom House ribadisce questo aspetto, affermando che i militari hanno ancora un ruolo influente nella politica ed economia indonesiana. L’attuale Presidente Joko Widodo si è circondato di ufficiali militari fidati e ha nominato alcuni di loro a posti politici di rilievo. Il crescente ruolo dei militari è preoccupante per due motivi: influisce negativamente sul consolidamento democratico dell’Indonesia e rischia di far riemergere i fantasmi del passato.

Andrea Pezzati

Foto di copertina: “Indonesia Kopassus” by AK Rockefeller is licensed under CC BY-SA

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Perchè è importante

  • Nell’era post-Suharto, le forze armate indonesiane sembrano non avvalersi più della “doppia funzione” che le ha storicamente caratterizzate.
  • Secondo un sondaggio del 2020, la popolazione civile mantiene un legame profondo con l’esercito.
  • Ad oggi, i princìpi democratici in Indonesia sono in declino ed il ruolo dei militari sta crescendo pericolosamente, segnalando un graduale ritorno al passato.

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Andrea Pezzati
Andrea Pezzati

Nato a Genova ma bolognese di adozione, attualmente vivo a Durham nel Regno Unito dove lavoro come Intelligence Analyst. Ho collaborato come scrittore freelance per varie riviste online, scrivendo di geopolitica del Sud-est asiatico. Mi occupo prevalentemente di Cambogia, Laos e Myanmar e parlo un livello basico di Khmer. Puoi trovarmi su X.

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