Analisi – La Cina si trova ad affrontare varie difficoltà sia da un punto di vista interno che internazionale, in attesa del Terzo Plenum, che tarda, in un contesto caratterizzato da un crescente disordine globale, in cui deve divincolarsi tra strategie di sicurezza economica e il primo recesso  dalla Via della Seta (BRI).
UN NUOVO ANNO PER LA CINA
Il Governo di Pechino, nonostante le ampie rassicurazioni per un nuovo anno, quello del Loong (Drago), di pace e prosperità , contenute nel messaggio del Presidente Xi Jinping, si trova ad affrontare una vasta gamma di sfide, che colpiscono vasti settori dell’economia, già falcidiati dalle politiche occidentali del de-risking, cui il XX Congresso ha risposto creando una sezione dedicata alla sicurezza, definendola “il fondamento del ringiovanimento nazionale”. Il rallentamento strutturale della crescita economica preoccupa il Governo e probabilmente causa dissidi tra i massimi quadri tanto da determinare la mancata convocazione dei 376 componenti del terzo Plenum del XX Congresso. La terza riunione plenaria del Comitato Centrale del PCC è, per tradizione, quella deputata a definire il nuovo programma di Governo, declinando le riforme di lungo periodo. Le strategie che saranno poste in campo faranno comprendere la strada che il Partito intenderà percorrere e se continuerà sulla scia del terzo Plenum del XVIII Congresso, del novembre 2013, che accompagnò il lancio della nuova Via della Seta (一带一路 yīdà i yīlù), ideata da Xi Jinping, avviando una piattaforma di cooperazione internazionale accompagnata da una pervasiva influenza su diversi quadranti.
Embed from Getty ImagesFig.1 – Base di cooperazione logistica Cina-Kazakistan a Lianyungang, febbraio 2024
LA CONFERENZA DI MONACO SULLA SICUREZZA
Le criticità interne si accompagnano a quelle internazionali, in cui la diplomazia del Dragone sta cercando nuovi spazi. Nel corso della Conferenza di Monaco, tenutasi dal 16 al 18 febbraio, il Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha rassicurato l’Unione Europea, veicolando la RPC come forza stabilizzatrice e partner “costante e stabile”, con la quale incentivare il dialogo bilaterale. In esito a ciò sono da sottolineare i contatti con il cancelliere tedesco Olaf Scholz, principale partner commerciale europeo, e con il Presidente francese Emmanuel Macron, per spingere ad una maggiore indipendenza e autonomia dagli USA, i quali stigmatizzano, da tempo, l’insufficiente impegno europeo per la difesa. D’altro canto il Governo di Pechino ha ribadito i legami con la Russia, definendoli coerenti alla propria posizione di “non allineamento con i blocchi, di non conflitto e di non bersaglio di Paesi terzi”. La Conferenza, svoltasi sul fosco scenario fatto di guerre in corso, fame, repressioni e cambiamenti climatici, di conseguenza, è rimasta ostaggio di “una colossale disfunzione globale” e “non è pronta o disposta ad affrontare le grandi e drammatiche sfide della nostra epoca”.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi e la sua omologa tedesca Annalena Baerbock in un incontro bilaterale alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, 17 febbraio 2024
INTELLIGENZA ARTIFICIALE E STRATEGIA DI SICUREZZA ECONOMICA EUROPEA
Il Governo di Pechino sta intanto destinando massicci investimenti per l’intelligenza artificiale, dall’informatica quantistica alla progettazione di chip fino agli algoritmi, che possono essere affinati grazie al possesso di ingenti quantità di dati e che, per le applicazioni militari (AI Warfare), pongono inquietanti problemi alla sicurezza internazionale, che necessita sempre più di un sistema di governance efficace. In questo contesto l’Unione Europea, che cerca da tempo di sviluppare strategie di collaborazione con la Cina salvaguardando il know-how tecnologico, gli interessi economici e la sicurezza nazionale, ha definito un approccio globale alla propria sicurezza economica, ponendo in campo nuove cinque iniziative per far fronte ai cambiamenti tecnologici e alle crescenti tensioni geostrategiche e geoeconomiche. Queste nuove indicazioni implicano un attento monitoraggio dei rischi correlati alla resilienza delle catene di approvvigionamento, alla strumentalizzazione delle dipendenze economiche a fini bellici o coercitivi, alla sicurezza tecnologica, fisica e informatica delle infrastrutture critiche, riducendo il rischio di interdipendenze, attraverso istituzioni multilaterali ed investimenti sostenibili (Global Gateway). In esito a ciò già diverse aziende della RPC, che hanno aggirato le sanzioni imposte alla Russia, rischiano di non poter più commerciare in Europa.
Embed from Getty ImagesFig. 3 – L’allora Presidente del Consiglio Giuseppe Conte insieme a Xi Jinping durante gli incontri che precedettero la firma del memorandum di intesa tra Italia e Cina sulla Via della Seta nel 2019, ora abbandonato dal Governo di Giorgia Meloni
L’USCITA DELL’ITALIA DALLA BELT AND ROAD INITIATIVE
Nell’ottica “as open as possible, as closed as necessary” si può collocare la notifica dell’uscita dell’Italia dal Memorandum d’intesa sulla collaborazione nell’ambito della “Via della Seta economica” e dell’“iniziativa per una Via della Seta marittima del 21° secolo”. Il MoU, firmato dal primo Governo Conte nel 2019, faceva dell’Italia l’unico Paese del G7 parte attiva della BRI. Secondo la Presidente Meloni l’adesione non aveva determinato un ritorno né commerciale né di investimenti, anzi aveva prodotto un interscambio, molto più favorevole per la Cina, oltre a pesanti ripercussioni politiche per la presidenza di turno del G7, già considerate durante il Governo Draghi, che non aveva esitato ad applicare il “golden power” per impedire investimenti cinesi nei settori valutati come strategici. Da ciò la decisione di un cambio di rotta, verso il tradizionale orizzonte atlantico, pur confermando l’“amicizia strategica” con la RPC e rilanciando il Partenariato strategico globale siglato nel 2004. I dati ufficiali rivelano come il deficit commerciale italiano verso la Cina abbia comunque registrato un calo, come sottolineato da Wang Yi, Ministro degli Esteri e capo della diplomazia del PCC, che ha anche evidenziato un miglioramento dell’interscambio arrivato a 80 miliardi di dollari da 50 miliardi, con l’export italiano verso la Cina aumentato del 30%. Al di là di tutto, auspichiamo che Italia e Cina, antiche civiltà che hanno aperto sin dall’antichità la strada agli scambi tra continenti, possano comunque contribuire a costruire un efficace dialogo tra Oriente ed Occidente che conduca ad un approdo di pace, di cui l’umanità tutta ha estremo bisogno.
Elisabetta Esposito Martino
“180207 Koninklijk werkbezoek aan China” by Ministerie van Buitenlandse Zaken is licensed under CC BY-SA