Crescono le speculazioni sul futuro dell’Algeria. Il probabile abbandono di Abdelaziz Bouteflika, Presidente dal 1999 e uomo capace di stabilizzare un Paese stremato da una cruenta guerra civile, ha aperto dubbi e timori sull’effetto che una successione potrebbe avere sull’Algeria, proprio mentre la stagnazione sociale ed economica sembra destinata ad acuirsi nel corso dei prossimi anni, aggravando le fratture interne. Non appare oggi chiaro quali siano le prospettive future per uno dei Paesi del Maghreb che maggiormente è riuscito a contenere le pressioni della piazza ai tempi delle Primavere arabe.
COME STA BOUTEFLIKA – Negli ultimi giorni hanno iniziato a circolare indiscrezioni riguardanti un prossimo rientro in Algeria del presidente Bouteflika, dopo gli oltre due mesi trascorsi in una clinica francese per curare i postumi di un lieve ictus. Le rare rivelazioni riguardanti lo stato di salute non sono servite a diradare i dubbi sulle sue possibilità di partecipare alle elezioni presidenziali del 2014. Lo stesso fatto che, differentemente da quanto accaduto in passato, la notizia del male del Presidente sia trapelata alla stampa internazionale è sembrato un segnale dell’imminente successione.
Nonostante le fonti ufficiali escludano il ritiro di Bouteflika dalla vita politica, è chiaro il suo livello di debilitazione fisica: il settantaseienne capo di Stato è da anni alle prese con una serie di problemi di salute che hanno spinto molti a ritenere prossimo un suo abbandono della Presidenza. A poco è valsa la trasmissione televisiva nel mese scorso dell’incontro tra Bouteflika e il premier Sellal, che avrebbe dovuto rassicurare gli algerini sulla ripresa fisica del Presidente: in video Bouteflika è parso debole e affaticato, andando ad accrescere i dubbi.
È quindi iniziato il gioco dei nomi su chi potrebbe divenire il candidato ufficiale dell’establishment politico algerino al ruolo di Presidente: tra i più accreditati sembra esserci Ahmed Ouyahia, già premier in tre occasioni differenti e oggi leader del National Rally for Democracy, e Abdelmalek Sellal, l’attuale Primo Ministro.
IL RISCHIO DI UN COLLASSO ECONOMICO – Lo scorso aprile l’economista marocchino Lahcen Achy ha pubblicato per il Carnegie Middle East Center un illuminante saggio in cui metteva a nudo l’entità delle pressioni socio-economiche che pulsano nel cuore dell’Algeria odierna. Da anni Algeri sta cercando di contenere le spinte al cambiamento che provengono dalla popolazione utilizzando gli ampi proventi dello sfruttamento delle proprie riserve energetiche per sostenere un pesante sistema di sussidi statali. Incapace di costruire nuovi posti di lavoro, il Governo algerino sta così continuando a generare consenso tramite alti livelli di spesa sociale che stanno appesantendo i bilanci statali e frustrando lo sviluppo di un settore industriale e manifatturiero funzionante. L’indice Doing Business stilato annualmente dalla Banca Mondiale rende conto dei gravi squilibri di cui soffre l’economia: il Paese è al 152° posto nel ranking mondiale degli Stati con condizioni ottimali per avviare un’attività imprenditoriale. Tra i maggiori squilibri troviamo l’alta tassazione, le difficoltà burocratiche nell’apertura di imprese, i problemi nell’ottenimento del credito e il costo dell’energia elettrica. Il mantenimento di un’economia completamente ancorata alla produzione di idrocarburi e di petrolio pare un atto di cecità da parte dei governanti dell’Algeria cui sarà necessario porre rimedio immediato per evitare un collasso del Paese.
Andrea Ranelletti