In 3 sorsi – Con la firma sull’attentato al Crocus City Hall del 22 marzo, lo Stato Islamico è tornato sotto i riflettori internazionali. L’Isis K, uno dei suoi gruppi più attivi, è la dimostrazione di come la jihad sia ancora un pericolo.
1. LA STRAGE AL CROCUS CITY HALL
Sono quasi le otto di sera di venerdì 22 marzo quando quattro uomini in tuta mimetica e il volto coperto fanno irruzione nel Crocus City Hall, un centro commerciale di Krasnogorod, nella periferia di Mosca. Le telecamere li riprendono mentre attraversano i corridoi diretti verso un salone in cui è in corso il concerto di una nota rock band russa, i Picnic. Una volta dentro, il piccolo commando spara indiscriminatamente sulla folla, e sgozza quanti più individui. Le raffiche di colpi fanno crollare il tetto dell’auditorium, e a poco a poco un incendio prende a divampare. È una carneficina: il bilancio dei morti si aggira attorno alle 143 unità. Si tratta del più grave attentato compiuto in Russia negli ultimi 20 anni. Dopo poco più di dieci minuti, i quattro lasciano il centro commerciale e si danno alla fuga a bordo di una vecchia Renault Symbol bianca. A circa 400 chilometri da Mosca, nelle vicinanze di una foresta a sud del Paese, una pattuglia di agenti riesce a intercettarli. Sono quattro uomini originari del Tagikistan, di età compresa tra i 19 e i 32 anni: su di loro pende l’accusa di terrorismo.
Fig. 1 – Il centro commerciale Crocus City Hall alla periferia di Mosca, all’indomani della strage, 23 marzo 2024, Krasnogorod
2. CHI SONO E COSA VOGLIONO
A poche ore dalla strage, lo Stato islamico ha rivendicato l’attacco attraverso un comunicato sul canale Telegram dell’agenza Amaq, connessa al movimento. In particolare, i fatti di sangue avvenuti a Krasnogorod sono stati attribuiti all’Isis K, o Stato islamico della Provincia del Khorasan (Iskp). Si tratta di un gruppo terroristico affiliato e dipendente dallo Stato islamico, attivo soprattutto in Afghanistan. Sorto nel 2014 per iniziativa di talebani pachistani nel Khorasan (regione che comprende zone dell’Iran, dell’Afghanistan, del Tagikistan, del Turkmenistan, e dell’Uzbekistan), l’Isis K è oggi una delle compagini jihadiste più intraprendenti e pericolose a livello internazionale. Il suo intento? La creazione di un califfato transazionale in Asia centrale. Per portare a termine tale missione, i membri del gruppo combattono una guerra santa nel nome di Allah contro i nemici dell’Islam sunnita, come cristiani, ebrei e sciiti. La regione del Khorasan, storicamente di tradizione musulmana, è territorio di reclutamento di soldati e principale base operativa del gruppo radicale.
Fig. 2 – Un soldato dell’esercito afghano si aggira nella zona dove presumibilmente i membri dell’Isis K hanno nascosto le armi, luglio 2017, Momand Valley, Achin District, Afghanistan
3. AFGHANISTAN E NON SOLO
Con la fine del califfato dell’Isis tra Iraq e Siria nel 2017, lo Stato islamico della Provincia del Khorasan è diventato uno dei principali attori globali del terrorismo islamico. Negli ultimi anni, ha avuto come bersaglio primario il governo dei talebani afghani per motivi connessi all’applicazione della sharia e a questioni di carattere territoriale. Ha inoltre esteso il suo campo d’azione anche al di fuori del proprio quadrante regionale. Con la Russia di Putin, ad esempio, lo Stato islamico è entrato più volte in conflitto (e ciò probabilmente giustificherebbe l’attacco al Crocus City Hall): in particolare, le due compagini si sono scontrate nel 2014 in Siria, quando Mosca è intervenuta in soccorso del governo di Damasco contro i ribelli islamici, e più recentemente nel Sahel, dove le truppe di mercenari assoldati da Putin sono entrate in rotta con gruppi estremisti musulmani in Niger, in Mali e in Burkina Faso. Oltre a ciò, l’Isis K ha lasciato il segno anche in altre aree globali. Nello specifico, ha rivendicato la responsabilità degli attentati in Iran di inizio gennaio, quando oltre un centinaio di persone hanno perso la vita durante la celebrazione dell’anniversario di morte del generale Qassem Suleimani. E c’è il marchio del gruppo terroristico anche sull’attacco del 28 gennaio in una chiesa italiana di Istanbul: in quell’occasione solo una persona è stata uccisa. Non è stata esente dalle operazioni dell’Isis K nemmeno l’Europa: secondo i dati i forniti dalle autorità competenti, nel corso dell’ultimo anno, sono stati sventati 21 attentati terroristici in diversi Paesi del Vecchio Continente, come Germania, Svezia e Paesi Bassi. Come ha spiegato Daniele Raineri, giornalista del quotidiano la Repubblica, “lo Stato islamico non ha mai smesso di fare attentanti anche in Europa, sebbene noi non ce ne accorgiamo. È sempre stato presente in forma latente: in qualche appartamento turco, in qualche quartiere di Berlino, in qualche casa italiana”. E poi ha aggiunto: “Certamente, la situazione è molto migliorata rispetto al 2015, ma non possiamo diminuire l’allerta”.
Alessandro Dowlatshahi
Immagine di copertina: “Moscow” by kishjar? is licensed under CC BY