In 3 Sorsi – Dopo tre anni dal colpo di Stato del 2021, il 6 maggio il Ciad tornerà alle urne per eleggere il prossimo Presidente in un clima carico di forti tensioni politiche e socio-comunitarie.
1. LE ELEZIONI PRESIDENZIALI NON PARTONO CON IL PIEDE GIUSTO
Tra meno di due mesi il popolo ciadiano sarà chiamata a scegliere il futuro presidente del Paese e, quindi, a mettere formalmente fine alla transizione guidata dalla giunta militare, al potere dalla morte del maresciallo Idriss Déby Itno, nel 2021. Ci sono voluti più di tre anni, e non diciotto mesi come inizialmente annunciato dal Consiglio Nazionale di Transizione (CNT), ma alla fine le elezioni sono state indette: il prossimo 6 maggio si svolgerà il primo turno al quale, nel caso in cui nessun candidato dovesse raggiungere la maggioranza assoluta, ne seguirà un secondo, il 22 giugno. Tra gli aspiranti alla presidenza il favorito è il generale Mahamat Idriss Déby Itno, soprannominato “Kaka”, figlio del defunto presidente e de facto attuale capo dello Stato ad interim del Ciad.
Nonostante all’inizio del suo mandato avesse promesso di non presentarsi alle urne, il partito fondato dal padre, il Mouvement patriotique du salut (MPS), lo ha nominato come suo candidato. Una scelta, questa, resa possibile anche dall’approvazione via referendum della nuova Costituzione del Paese, lo scorso dicembre. Fortemente contestata dall’opposizione, che aveva indetto il boicottaggio del voto e poi denunciato la falsificazione dei risultati, l’entrata in vigore del nuovo testo costituzionale è stata descritta come “un secondo colpo di Stato” da parte di Mahamat. Al malcontento dell’opposizione si sommano poi le preoccupazioni riguardanti la credibilità e la trasparenza delle presidenziali alla luce delle modifiche apportate dal CNT al codice elettorale, quali per esempio la composizione pro-regime dell’Agenzia Nazionale della Gestione delle Elezioni, la limitazione delle candidature indipendenti e il fatto che non sia più obbligatorio esporre i risultati dello spoglio davanti ai seggi elettorali.
Fig. 1 – Il Presidente del Consiglio Nazionale di Transizione del Ciad, Mahamat Idriss Déby Itno (al centro)
2. CANDIDATURE PRETESTO E ASSASSINII POLITICI
Consapevole della propria posizione, delicata tanto a livello nazionale quanto all’interno del suo stesso clan degli Zaghawa, attualmente Mahamat sembra spingere per una qualche sorta di trasformazione del sistema: sta cercando di riformare la Guardia presidenziale, precedentemente composta da generali molto vicini al padre, e sta diversificando le partnership securitarie del Paese, firmando accordi con gli Emirati Arabi Uniti, la Turchia e l’Ungheria. Inoltre ha iniziato a stringere alleanze con membri di gruppi politici ed etnici che si erano ferocemente accaniti contro di lui, quali i fratelli Erdimi e l’attuale Primo Ministro e segretario del partito Les Transformateurs, Succès Masra, che ha depositato la propria candidatura alle presidenziali pochi giorni dopo quella di Déby. Bollata da molti come una “candidatura pretesto”, la sua presentazione segue l’uccisione brutale da parte delle Forze Armate regolari a febbraio dell’avversario principale di Mahamat, Yaya Dillo Djero, suo cugino e segretario del Parti socialiste sans frontières (PSF), un movimento di opposizione che era già stato il bersaglio di diversi attacchi da parte del Governo. Pochi mesi prima aveva dichiarato: “Tutti coloro che hanno cercato di cambiare il sistema dall’interno ci hanno rimesso, anche noi!”.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Succès Masra, Primo Ministro del Ciad leader del partito d’opposizione Les Transformateurs
3. LA POLITICA PER VIA DELLE ARMI
Nonostante gli sforzi di Mahamat per riunire intorno a sé parte dell’opposizione, rimane evidente come la vita politica del Ciad si svolga all’interno di un contesto violento, in cui il potere viene sia conquistato che conservato con le armi. Il sistema in Ciad è tradizionalmente caratterizzato da figure forti e centralizzate, il cui destino politico è spesso interconnesso con quello dell’esercito: la maggior parte dei Presidenti ciadiani ha una formazione militare e, o sono stati deposti da un colpo di Stato, o sono stati uccisi al fronte. D’altronde l’esercizio della violenza è profondamente radicato nell’essenza stessa del Paese e, di conseguenza, anche nel modo in cui si strutturano le relazioni politiche e sociali al suo interno. L’eredità violenta degli imperi precoloniali e l’irrobustimento delle identità etniche e delle tensioni derivanti dal periodo coloniale e post-indipendenza hanno permesso la sviluppo dell’ideologia del cosiddetto “uomo forte”, l’unico capace di tenere unita una nazione di guerrieri. Una retorica cui era particolarmente legato Idriss Déby Itno, morto a causa delle ferite riportate durante l’attacco di una colonna di ribelli sul fronte settentrionale del Paese, ad aprile 2021.
In caso di vittoria di Mahamat, quindi, non sarebbe fantapolitico suggerire che una svolta democratica della sua politica per ora rimarrebbe un’eventualità da considerare con cautela. Come lo stesso Succès Masra ha dichiarato nel 2023: “Non si riforma una dinastia, ci si separa da essa”.
Giulia Trombelli
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