Ristretto – I risultati elettorali consegnano a Narendra Modi uno storico terzo mandato, mettendolo sullo stesso piano del padre della patria Jawaharlal Nehru. Ma si tratta di un successo sottotono, ben lontano dai trionfi del 2014 e del 2019, che allontana la possibilità di radicali cambiamenti costituzionali favorevoli al premier indiano.
Le elezioni in India, le più grandi nella storia del Paese asiatico, si sono chiuse con una sorpresa: il premier Narendra Modi ha ottenuto sì una solida riconferma, conquistando uno storico terzo mandato, ma il suo Bharatiya Janata Party (BJP) ha vinto molti meno seggi del previsto e sarà quindi costretto a un Governo di coalizione con gli altri partiti della National Democratic Alliance (NDA). Un autentico shock per il mondo politico e mediatico indiano, che si aspettava in base ai primi exit poll un trionfo del BJP superiore a quello del 2019, quando il partito del premier aveva vinto da solo una maggioranza assoluta di 303 seggi nel Lok Sabha (la Camera bassa del Parlamento indiano). Al contrario, stavolta l’intera coalizione NDA si attesta poco oltre i 290 seggi e il BJP è fermo a quota 240, con una perdita netta di oltre 60 seggi rispetto alla precedente tornata elettorale. Da qui la necessità di un Governo di coalizione con gli alleati, cosa che potrebbe rivelarsi più complicata del previsto e mettere a rischio le politiche di crescita economica portate avanti da Modi in questi anni. Non a caso la Borsa indiana ha reagito male alle notizie provenienti dallo spoglio elettorale, perdendo oltre l’8% e punendo soprattutto titoli legati al mondo delle infrastrutture e dell’energia, visti come i più vulnerabili all’instabilità e all’imprevedibilità di un Governo multipartitico.
Dall’altro lato della barricata, l’alleanza INDIA (Indian National Developmental Inclusive Alliance) delle opposizioni, guidata dal Congresso della famiglia Gandhi, è andata meglio del previsto e, pur perdendo, ha ottenuto oltre 230 seggi, circostanza che rafforza la sua influenza parlamentare e impedisce tentativi di riforma costituzionale favorevoli al premier. Commentando i risultati, il Presidente del Congresso Mallikarjun Kharge ha parlato di “vittoria della democrazia”, mentre Rahul Gandhi ha ringraziato gli elettori per aver difeso la Costituzione dalle tendenze autoritarie del BJP. Gandhi ha anche ventilato la possibilità di un Governo con alcuni partiti della NDA – un’ipotesi remota ma che sottolinea quanto sia diversa la situazione rispetto a cinque anni fa.
Cosa è andato storto per il Premier indiano? I motivi della brutta performance sono probabilmente molteplici: l’insoddisfazione del mondo contadino, l’alto tasso di disoccupazione giovanile, l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità , la controversa riforma del reclutamento nelle Forze Armate e i timori di molte comunità etniche o religiose (specialmente quella musulmana) verso l’intransigente nazionalismo indù del BJP. Molti non hanno anche gradito la campagna elettorale del Premier, decisamente divisiva nei toni e piena di slogan autocompiaciuti sul suo prossimo trionfo alle urne. Un trionfo che alla fine non si è materializzato e che apre ora scenari politici inediti, dimostrando la tenace vitalità della democrazia indiana.
Simone Pelizza
“Arrival of Narendra Modi, Prime Minister of India” by G20 Argentina is licensed under CC BY