In 3 sorsi – Le piazze in Kenya si sono riaccese con violenze in tutto il Paese in seguito al tentativo del Presidente Ruto di far approvare una legge di bilancio che prevedeva l’introduzione di nuove tasse e l’aumento generale del carico fiscale.
1. LA RIPRESA DELLE PROTESTE IN KENYA
Il tentativo del Presidente Ruto di introdurre una nuova serie di tasse in Kenya ha fatto scoppiare violentissime proteste di piazza, durante le quali i manifestanti sono arrivati ad assaltare il Parlamento. Nella sola giornata del 25 giugno a causa degli scontri tra i manifestanti e la polizia, che ha aperto il fuoco per disperdere la folla, si sono contati tra i 10 e i 22 morti. Le imposte che hanno provocato il maggiore malcontento sono quelle dirette ai possessori di un’automobile e quelle che riguardano i beni di prima necessitĂ come l’olio e i servizi scolastico-universitari (mense comprese). Questa serie di proteste è molto piĂą violenta delle precedenti, avvenute tra marzo e giugno dello scorso anno, così come decisamente piĂą forte è stata la risposta delle forze di sicurezza in tutto il Paese.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Manifestanti a Nairobi
2. IL RISVEGLIO DELLA GEN Z STRUMENTALIZZATO DALLA RUSSIA?
La maggior parte dei dimostranti è composta da giovani uomini che si mobilitano spontaneamente grazie ai social come X (ex Twitter), fondamentali per decidere luoghi e orari delle proteste. L’assenza di leader rende complicato anche trattare con i manifestanti, che agiscono in maniera non organizzata e imprevedibile. Durante i disordini sono comparse alcune bandiere russe, immagini che rimandano a possibili influenze di Paesi stranieri sulle rivolte. Solo pochi giorni, per esempio, il Kenya era stato dichiarato dagli Stati Uniti come uno degli “stretti alleati al di fuori della NATO”, circostanza che ha alimentato alcune speculazioni circa il ruolo nei disordini di attori rivali quali Iran, Russia e Cina. Realisticamente parlando non è improbabile che all’interno del Kenya (come di molti altri Paesi africani) operino gruppi di pressione legati a soggetti esterni, ma in questo caso la causa scatenante delle proteste è, in modo abbastanza chiaro, interna. In Kenya è diffuso in ampi settori della popolazione un grande malcontento, a prescindere dalle potenziali influenze straniere. Già negli anni precedenti, infatti, erano esplose gravi rivolte, ma di volta in volta l’evento deflagratore era stato differente: l’anno scorso per esempio le opposizioni erano scese in piazza per contestare nuovamente i risultati elettorali del 2022. Le cause strutturali, tuttavia, sono sempre le stesse e risiedono nel generale peggioramento delle condizioni di vita della popolazione meno abbiente e dei giovani. Tentare un’analogia diretta con le proteste in Mali, Burkina Faso o Niger (casi nei quali le campagne di disinformazione russo-cinesi hanno invece giocato un ruolo cruciale) potrebbe essere eccessivamente semplicistico, per esempio confondendo le grandi differenze tra i rapporti che Francia e Inghilterra hanno avuto con le rispettive ex colonie. In questo caso, ma come sempre, è bene evitare eccessive dietrologie, tentando anzi di comprendere le peculiari caratteristiche del contesto senza generalizzazioni.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – La polizia arresta un manifestante a Nairobi
3. CONSEGUENZE E POSSIBILI RISVOLTI FUTURI
Le manifestazioni hanno spinto il Presidente Ruto a promettere di non firmare la riforma finanziaria corrente e a eliminare alcune delle nuove imposte precedentemente annunciate. Una finanziaria comunque deve essere approvata e il tentativo sarĂ di mediare delle modifiche anche importanti. La prospettiva non sembra però aver placato gli animi dei manifestanti, che stanno continuando le mobilitazioni, seppur apparentemente meno violente rispetto agli scorsi giorni. Rimane la necessitĂ per il Kenya di aumentare le entrate e diminuire la spesa pubblica per cercare di ridurre il debito dello Stato, che ormai ammonta a 80 miliardi di dollari. Dall’introduzione di riforme che limitino il debito dipende anche l’approvazione di prestiti da parte del Fondo Monetario Internazionale che contribuirebbero a dare nuova linfa ai bilanci statali.
Daniele Atzori
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