In 3 sorsi – Lunghe file ai pochi punti di distribuzione dell’acqua, così il Kenya affronta l’ennesima ondata di clima secco che sta pervadendo la regione. A Nairobi la situazione si aggrava sempre di più. Mentre la popolazione si riversa per le strade e chiede una migliore gestione della rete idrica, i grandi progetti che dovrebbero attenuare la crisi procedono a rilento.
1. LA FINE DELLA STAGIONE DELLE PIOGGE E LE SUE CONSEGUENZE
Secondo le Nazioni Unite il Kenya è uno Stato cronicamente in mancanza di acqua. Solo 600 metri cubi all’anno a disposizione per ogni abitante, una cifra di gran lunga sotto la soglia di riferimento indicata dall’ONU, che ammonta a circa mille metri cubi. Ad aggravare la situazione c’è un altro dato da menzionare: solo il 68% della popolazione ha accesso a forniture di acqua potabile.
Tra le cause c’è l’azione del cambiamento climatico. Infatti, dopo diversi anni di siccità, la recente “stagione delle piogge lunghe” – cioè il periodo che va da aprile a giugno, caratterizzato da precipitazioni abbondanti e durature, – ha causato altri disastri. Il terreno, ormai secco e privo di umidità, ha impedito la normale filtrazione dell’acqua nel sottosuolo, causando incidenti su larga scala che hanno danneggiato e in alcuni casi compromesso il funzionamento della rete idrica – in particolare alcune dighe artificiali hanno straripato, provocando delle vittime.
La situazione sembrerebbe paradossale: nonostante le precipitazioni estreme, resta il problema della difficile reperibilità dell’acqua, in particolar modo a Nairobi. È proprio qui, nel cuore dello Stato subsahariano, che l’inefficienza nella gestione e realizzazione degli impianti si fa sentire di più. Il Presidente William Ruto, congiuntamente con la società adibita alla gestione idrica Nairobi City Water and Sewerage Company (NCWSC), ha annunciato l’ennesimo razionamento dell’acqua, che continuerà fino a ulteriore comunicazione.
Fig. 1 – William Ruto (a destra) mentre effettua un sopralluogo per valutare l’entità dei danni provocati dallo straripamento di una diga
2. LA RETE IDRICA PRECARIA
La NCWSC tramite il proprio portavoce Nahason Muguna ha comunicato che la distribuzione idrica seguirà uno schema ben preciso di razionamento denominato Equitable Water Distribution Program, che calendarizza per quanto tempo e quali aree della capitale avranno accesso al bene di prima necessità.
Stando a quanto dichiarato da Muguna le conseguenze delle alluvioni avrebbero di gran lunga superato le aspettative, danneggiando le tubature che riforniscono i centri abitati di Nairobi, che ora non avrebbero abbastanza pressione per il trasporto. Oltre a ciò, gli impianti di depurazione risulterebbero malfunzionanti e quindi non operanti a pieno regime. A fronte di una richiesta giornaliera di circa 900 milioni di litri di acqua, i quattro impianti di trattamento delle acque possono processare poco più della metà, circa 520 milioni di litri.
L’agenzia Athi Water Works Development Agency (AWWDA) – uno dei nove enti di sviluppo istituiti dal Ministero dell’Acqua, Sanità e Irrigazione – già responsabile della costruzione di altre dighe che forniscono la capitale, ha annunciato che il Karemenu Dam Project si trova nella fase finale e una volta terminata la realizzazione fornirà altri 23 milioni di litri al giorno.
Un ulteriore progetto commissionato alla AWWDA è il Northern Collector Tunnel (NCT), un sistema di tunnel che garantirà un maggiore afflusso di acqua alla capitale. Il piano è stato lanciato nel 2015 e il suo completamento doveva avvenire entro il 2018. Problemi di natura tecnica ed economica hanno ritardato i lavori e solo nel 2021 sono iniziati i test di messa in funzione. Il NCT con i suoi 11 chilometri di percorso sotterraneo è stimato possa rifornire Nairobi di 140 milioni di litri al giorno.
Fig. 2 – Venditori ambulanti di acqua. I recenti razionamenti hanno incrementato il fenomeno della vendita illegale
3. I PROBLEMI DEGLI ALTRI
Come tutte le opere mastodontiche di ingegneria anche il NCT, da molti visto come l’ancora di salvezza dalla disastrosa situazione idrica di Nairobi, porta con sé dei problemi di non poco conto, che in futuro potrebbero aggravarsi.
Parte dei corsi d’acqua che saranno deviati per realizzare la diga di Thika, per esempio, sono nel Parco nazionale di Aberare, nel Kenya centrale, che ospita numerose specie animali e vegetali minacciate
La AWWDA ha confermato che le popolazioni locali, le cui attività sono dipendenti da queste fonti di acqua, non subiranno conseguenze di alcun tipo e che tale impianto contribuirà ad arginare le inondazioni. Nel 2015, un sondaggio condotto dall’agenzia del Ministero interrogava 500 abitanti della contea di Muranga – su un totale complessivo di più di un milione – in merito al rischio percepito che comportava la costruzione del NCT. Solo il 30% aveva idea di cosa fosse il progetto: l’82% si era espresso a favore, ma tra le preoccupazioni di chi si è detto contrario spiccavano le mancate ricadute e il danneggiamento del suolo limitrofo.
Dato l’alto impatto ambientale, costruzioni di questo tipo tendono quasi sempre a frammentare l’opinione pubblica: più si è lontani dal fenomeno, più lo si guarda con ottimismo, minore è la distanza, più si è cinici riguardo alle conseguenze.
E mentre la capitale aspetta la messa in funzione dell’impianto un ulteriore problema si sta aggravando: il mercato illegale dell’acqua potabile. Questa persistente situazione di scarsità ha portato alla costituzione di diverse compagnie non autorizzate che hanno formato dei veri e propri cartelli nel settore. Nonostante la messa al bando di tale attività da parte del Governo dal 2019, la vendita dell’acqua continua a essere un business da milioni di scellini.
La lotta del Kenya per far fronte al clima instabile si è mostrata lunga e costosa, ma soprattutto sarà di grande impatto per una società che dovrà trovare al più presto una terza via capace di convincere i sostenitori delle iniziative e i più scettici.
Sofyene Meddourene
“Sasuma dam” by meaduva is licensed under CC BY-ND