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Nicaragua: la legittimazione di una dittatura

Analisi Daniel Ortega e Rosario Murillo, coniugi e co-presidenti del Nicaragua, escono allo scoperto: la nuova riforma costituzionale assicura all’esecutivo l’appropriazione vera e propria del Paese.

I PADRONI DEL NICARAGUA

La recente riforma costituzionale, presentata il 19 novembre 2024 all’Assemblea Generale ed entrata ufficialmente in vigore lo scorso 30 gennaio 2025, rappresenta un punto di non ritorno per la democrazia nicaraguense. In particolare la modifica dell’articolo 132 sancisce l’abolizione di fatto della separazione dei poteri, attribuendo alla Presidenza della Repubblica, guidata da Daniel Ortega, la direzione del Governo e il coordinamento degli organi legislativi, giudiziari ed elettorali. Parallelamente, l’articolo 135 prolunga il mandato presidenziale da 5 a 6 anni, spostando le prossime elezioni dal 2026 al 2027. Per comprendere come si sia arrivati a questa svolta autoritaria, bisogna tornare indietro alla fine della dittatura di Anastasio Somoza, rovesciata dalla rivoluzione sandinista del 1979 dopo 37 anni di potere incontrastato e repressione. Ortega, all’epoca, emerse gradualmente nel Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (FSLN), restando nell’ombra del fratello Humberto, uno dei principali leader della guerriglia. Furono proprio la morte e la scomparsa di altre figure di spicco del partito, unite a una “mediocrità” politica che lo fece passare inosservato, a spianargli la strada verso la Direzione Nazionale del FSLN e la Presidenza del Nicaragua già nel 1985. Da allora, Ortega è stato spesso accusato di reprimere gli avversari politici (come nel caso di Herty Lewites) e di violare i diritti civili. Eppure, grazie al controllo capillare delle Istituzioni e all’eliminazione di ogni forma di dissenso interno ed esterno, è tornato alla guida del Paese nel 2007, mantenendo saldo il potere fino a oggi. La nuova riforma costituzionale, dunque, non fa che rendere ufficiale il controllo totale dell’esecutivo sul Nicaragua, annientando l’autonomia degli altri poteri dello Stato e garantendo alla coppia presidenziale – Ortega e la moglie Rosario Murillo – la possibilità di nominare e revocare ministri, funzionari e persino di decidere chi possa o meno candidarsi alla presidenza, escludendo in partenza ogni oppositore politico.

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Fig. 1 – Il Presidente del Nicaragua Daniel Ortega

PRESIDENZA MATRIMONIALE

Un altro articolo soggetto di riforma è il 133 che ufficializza la figura della “co-presidenza”, stabilendo che l’esecutivo nicaraguense sarà d’ora in poi guidato da due co-presidenti, Ortega e sua moglie Rosario, entrambi con poteri equivalenti. In caso di decesso di uno dei due, il sopravvissuto manterrà la presidenza, trasformando di fatto il Paese in un patrimonio personale. Non si parla più di un dittatore singolo, bensì di un’entità politica unica: Ortega-Murillo. Il percorso che ha portato a questa fusione di poteri è segnato da tre momenti chiave che hanno definito la loro storia matrimoniale e politica. Nel 1990, dopo la sconfitta elettorale di Ortega alle presidenziali contro Violeta Barrios de Chamorro, Murillo lo ammonì che la debacle era inevitabile e che molti alleati lo avrebbero tradito. Nel 1994, durante i silenziosi attacchi di cuore del marito, fu lei a riorganizzare dieta e cure mediche, cementando un legame che si sarebbe rivelato indissolubile. Infine, nel 1998, quando la figlia Zoilamérica Ortega Murillo accusò il padre di abusi sessuali, Murillo le voltò le spalle, dichiarandola pazza e traditrice, un gesto che secondo la giornalista e femminista Sofía Montenegro rese Rosario “essenziale” agli occhi di Daniel. Dal 2007, anno in cui Ortega è tornato al potere, il Nicaragua è diventato la quintessenza della dittatura di coppia. Murillo, che dal 2017 fino alla suddetta riforma costituzionale ha ricoperto il ruolo di vicepresidente, controlla i ministeri, i Sindaci e l’intera agenda dell’esecutivo. E a consolidare l’idea di una dinastia familiare interviene la figura di Laureano Ortega Murillo, sesto dei nove figli della coppia, indicato da molti come erede al potere. Laureano è appassionato di musica lirica e riconosciuto come tenore in Nicaragua, ma la sua influenza politica appare ancor più rilevante. Laureano critica apertamente le sanzioni imposte dagli Stati Uniti al Nicaragua dopo gli scontri del 2018 e rivolge sguardi benevoli a Cina, Russia e Paesi arabi, riprendendo l’idea del padre di aprire la patria a nuovi mercati e tecnologie, come dimostrato dall’ambizioso progetto, ormai fallito, di costruire un canale interoceanico con l’aiuto cinese. Nel 2023 è stato incaricato dal Governo di firmare accordi di cooperazione con la Federazione Russa e, già nel dicembre 2021, aveva partecipato a un incontro con una delegazione del Partito Comunista Cinese guidata dal ministro degli Esteri Ma Zhaoxu, firmando il ripristino dei rapporti con Pechino. I media ufficiali, anch’essi controllati dal Governo, lo ritraggono come un personaggio familiare e affabile, mentre gli oppositori – come Juan Sebastián Chamorro, imprigionato dopo aver tentato di candidarsi alla presidenza – lo soprannominano “El Chigüín”, un termine che negli anni Settanta veniva usato per indicare il figlio dell’allora dittatore Somoza. Con la nuova riforma, dunque, non solo Ortega e Murillo si spartiscono formalmente la massima carica, ma appare sempre più probabile un futuro passaggio di consegne a Laureano, rafforzando la percezione che la monarchia ereditaria sarà presto la forma di Governo vigente in Nicaragua. 

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Fig. 2 – La neo co-presidente Rosario Murillo

POLIZIA PERSONALE

La riforma dell’articolo 97, invece, istituisce un “corpo ausiliario” di cittadini nicaraguensi incaricati di supportare la Polizia nazionale su base volontaria. Questo nuovo organo, definito “Polizia Volontaria”, richiama da vicino le formazioni paramilitari che nel 2018 – secondo organizzazioni per i diritti umani come la Commissione Interamericana per i Diritti Umani (CIDH) – repressero le proteste antigovernative con un bilancio di oltre 300 morti e migliaia di feriti. All’epoca le manifestazioni erano iniziate il 18 aprile in risposta ai tagli alle pensioni, ma in breve tempo si trasformarono in un’ondata di contestazione nazionale, diffusa da Managua alle ex roccaforti sandiniste come Masaya, coinvolgendo studenti, università e parte della società civile. Con la riforma, l’esecutivo Ortega-Murillo potrà inoltre ordinare l’intervento dell’esercito a sostegno della Polizia “quando la stabilità della Repubblica lo richiederà”, lasciando aperta la possibilità di mobilitare forze militari per sedare qualsiasi forma di dissenso. Tale scelta ha suscitato critiche anche tra gli ex leader rivoluzionari del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, che condannano da tempo la deriva autoritaria di Ortega. Emblematica la posizione dell’anziano sacerdote e poeta Ernesto Cardenal, figura storica della teologia della liberazione, il quale ha più volte definito il Governo una nuova “dittatura”. Persino Humberto Ortega, fratello del Presidente ed ex capo delle Forze Armate, ha pubblicamente richiesto lo scioglimento delle squadre paramilitari filogovernative, ritenute responsabili degli orrori del 2018. In questo contesto, la nascita di una Polizia Volontaria a totale discrezione dell’esecutivo rappresenta un ulteriore schiaffo alla libertà di espressione e di protesta, confermando la volontà di Ortega e Murillo di disporre di ogni strumento possibile per difendere il proprio potere da qualsiasi minaccia.

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Fig. 3 – Bandiere rossonere del partito sandinista sventolano protette dalla polizia nazionale e dai gruppi paramilitari duranti le proteste, trasformatesi poi in un bagno di sangue, contro Ortega nel 2018

UN ULTERIORE CERTIFICAZIONE

Altro segnale dell’identificazione totale tra Stato e partito di Governo emerge dalla riforma dell’articolo 13, che eleva la bandiera del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale (rosso-nera) a simbolo ufficiale della Nazione, equiparandola alla bandiera bianco-azzurra e all’inno nazionale del Nicaragua. Questa scelta costituisce un’operazione simbolica di forte impatto, poiché inserisce l’emblema del partito al potere direttamente nella sfera istituzionale, annullando ogni distinzione tra l’identità della Repubblica e l’identità politica del FSLN. Il processo di “sandinizzazione delle Istituzioni nicaraguensi non è un fenomeno nuovo: sin dal ritorno di Ortega al potere, nel 2007, la propaganda governativa ha fatto ampio uso di simboli, slogan e riferimenti storici per consolidare il consenso attorno alla figura del Presidente e dei suoi collaboratori più stretti. Tuttavia, la decisione di includere la bandiera del FSLN tra i simboli ufficiali del Paese rappresenta un passo ulteriore verso la fusione fra Governo e partito, riducendo lo spazio di pluralismo politico e di riconoscimento delle altre forze presenti in Nicaragua. Se la rivoluzione sandinista del 1979 era stata accolta come un momento di liberazione dalla lunga dittatura somozista, la situazione attuale appare drammaticamente diversa: l’appropriazione degli elementi identitari della nazione a vantaggio di un solo gruppo politico testimonia la deriva autoritaria che Ortega e Murillo stanno imprimendo al Paese. Con la bandiera rossonera eretta a simbolo di Stato, il Nicaragua rischia di perdere quel poco che è rimasto del senso di appartenenza condivisa in favore di una narrazione unica dove ogni opposizione diventa eresia e ogni critica un potenziale atto di “tradimento nazionale”.

Simone Grussu

Photo by Kaufdex is licensed under CC BY-NC-SA

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Perchè è importante

  • La riforma costituzionale certifica la fine della democrazia in Nicaragua
  • Tutti i poteri dello Stato passano nelle mani della coppia presidenziale Ortega-Murillo, nonostante le innumerevoli denunce da parte di ONU e OSA (Organizzazione degli Stati Americani).

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Simone Grussu
Simone Grussu

Made in Sardegna, ma latino-americano d’adozione. Specializzato in Giornalismo all’Università la Sapienza di Roma, mi innamoro del Nuovo Mondo durante uno stage svolto in Messico nel corso della laurea triennale, per poi tornarci e terminare gli studi magistrali presso l’Universidad del Salvador di Buenos Aires, Argentina. Viaggiare, giocare a hockey e scrivere di America sono le mie necessità. A volte, preferisco la politica statunitense a un buon caffè o a un mate e il che la dice lunga.

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