In 3 sorsi – La pirateria nel Golfo di Guinea, pur in calo rispetto agli anni precedenti, continua a minacciare la sicurezza marittima dell’area. Le sue radici socio-economiche e l’impatto sulle rotte commerciali globali rendono necessario un approccio multilivello per contrastarla efficacemente.
1. UN FENOMENO IN TRANSFORMAZIONE
La pirateria nel Golfo di Guinea resta una delle principali problematiche securitarie della regione, nonostante un trend in diminuzione rispetto ai picchi del 2018-2020. Gli attacchi mirati al sequestro del personale di bordo continuano a essere segnalati, dimostrando come il fenomeno si sia evoluto nel tempo. Se nei primi anni in cui la pirateria ha iniziato a diffondersi (2009-2012) l’obiettivo principale era il furto di petrolio greggio da rivendere sul mercato nero, a partire dal 2015 i gruppi criminali hanno virato verso il rapimento di persone, più remunerativo. Questa evoluzione ha aumentato i rischi per chi transita nella regione e ha danneggiato l’immagine internazionale dei Paesi costieri, percepiti dalle compagnie di navigazione come incapaci di garantire la sicurezza delle proprie acque. A complicare ulteriormente la situazione c’è l’attuale crisi nel Mar Rosso: gli attacchi degli Houthi alle navi mercantili hanno spinto molte rotte commerciali a deviare attraverso l’Oceano Atlantico, aumentando significativamente il traffico navale nel Golfo di Guinea. Questo nuovo sviluppo ha reso ancora più urgente il rafforzamento delle misure di contrasto alla pirateria nell’area.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Militari della Marina nigeriana scortano un gruppo di pirati, accusati di aver assalito un peschereccio cinese, fuori dal tribunale di Lagos
2. RADICI PROFONDE E RISPOSTE INSUFFICIENTI
Come già accaduto in Somalia, la pirateria nel Golfo di Guinea ha origine in un contesto socio-economico fragile e instabile. La maggior parte dei pirati proviene dal Delta del Niger, un’area estremamente ricca di risorse naturali, ma devastata da decenni di sversamenti di petrolio, che hanno compromesso l’ecosistema e impoverito le comunità locali. La pesca, principale fonte di sostentamento della popolazione, ha subito un drastico declino, costringendo molti a ricorrere all’illegalità per sopravvivere. In questa regione, la pirateria si intreccia con i movimenti indipendentisti locali e la criminalità organizzata, creando una rete complessa di attori che operano in un contesto di scarso controllo statale. Oltre al fenomeno dei sequestri, il Golfo di Guinea è teatro di traffici di esseri umani, pesca illegale e sfruttamento del lavoro forzato, elementi che contribuiscono all’instabilità della regione. Negli ultimi cinque anni, il numero complessivo di attacchi è diminuito, grazie anche all’intervento della missione antipirateria dell’Unione Europea, alla quale l’Italia partecipa attivamente. Tuttavia, se da un lato le operazioni navali hanno migliorato la sicurezza delle piattaforme petrolifere e del naviglio commerciale, dall’altro il fenomeno non è stato debellato completamente. La Nigeria, pur avendo introdotto normative più severe contro la pirateria, non ha ancora attuato misure efficaci per migliorare le condizioni di vita nelle regioni costiere, elemento essenziale per ridurre il bacino di reclutamento delle organizzazioni criminali.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Un’area nel Delta del fiume Niger fortemente inquinata dagli sversamenti di petrolio
3. PROSPETTIVE FUTURE E IL RUOLO DELL’ITALIA
Nonostante il calo degli attacchi registrato negli ultimi anni, la pirateria nel Golfo di Guinea rimane una minaccia significativa per la sicurezza marittima e il commercio internazionale. La sua eliminazione definitiva dipenderà dalla capacità dei Paesi africani di cooperare tra loro e di sviluppare strategie a lungo termine per migliorare le condizioni socio-economiche delle regioni costiere. Le recenti aggressioni degli Houthi alle navi mercantili nel Mar Rosso e la pirateria nel Golfo di Guinea dimostrano quanto le rotte commerciali globali siano vulnerabili a minacce asimmetriche, influenzando direttamente l’economia di Stati come l’Italia, fortemente dipendente dal traffico marittimo. Questo aspetto dovrebbe essere tenuto in considerazione anche nel nostro Paese nel dibattito sul potenziamento della Marina Militare e delle capacità di protezione navale. L’aumento degli investimenti nelle Forze Armate non è solo una questione di difesa nazionale, ma un elemento strategico fondamentale per garantire la sicurezza delle rotte commerciali e, di conseguenza, la stabilità economica dell’Italia.
Daniele Atzori
“140420-N-AP176-028.JPG” by CNE CNA C6F is licensed under CC BY-ND