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Burkina Faso, sviluppo o democrazia: la rivoluzione progressista e popolare di Ibrahim Traoré

In 3 Sorsi A quasi tre anni dal rovesciamento del Governo di Kaboré in Burkina Faso, diventa necessario cogliere la concettualità e il senso di una democrazia. Se è ormai universalmente accettata l’idea di una democrazia più fluida, la cui difesa di sé stessa non è più una priorità, il caso del Burkina Faso, intrappolato nel culto di Ibrahim Traoré, è un monito per tutto il mondo.

1. SVILUPPO O DEMOCRAZIA?

Il rigetto dell’idea di democrazia che ha colpito come una pandemia gli equilibri istituzionali di gran parte del mondo ha trovato terreno fertile in Paesi dove l’instabilità sociale è più forte: il caso del Mali e successivamente del Burkina Faso, del Niger, della Guinea e del Chad ne sono esempi vivi. Sviluppo o democrazia? La risposta è stata data proprio dal Presidente ad interim del Burkina Faso, Ibrahim Traoré che, lo scorso aprile, ha dichiarato, durante una cerimonia al Palazzo Koulouba di Ouagadougou che nel suo Paese non ci sarebbe posto per una democrazia, bensì per una “rivoluzione popolare e progressista”. La visione, dunque, è molto chiara: la democrazia, secondo il Presidente Traoré, altro non sarebbe che il risultato dell’attraversamento di questa fase di “rivoluzione” che il Burkina Faso sta vivendo e il liberalismo, tipico proprio della democrazia occidentale, ne rallenterebbe la fase di sviluppo. Di conseguenza, la democrazia sarebbe un fine, non il principio, andando a scardinare il concetto alla base della stessa. L’obiettivo sembra chiaro: sovranità economica e spirituale del Burkina Faso più che mera competizione elettorale. Le stesse elezioni presidenziali sono state spostate al 2029. Anche i sostenitori del Presidente Traoré dovrebbero riconoscere che tale progetto va a scontrarsi con le teorie di Julius Nyerere o di Kwame Nkrumah, nelle quali la democrazia stessa dovrebbe emergere da tradizioni comunitarie integrate all’interno di una governance partecipativa, organizzata su modelli pluralisti e orientata al bene comune. Seppur i sistemi multipartitici (occidentalizzati) risultano lontani dall’idea di una democrazia autentica, la prassi del Presidente Traoré si basa su un mero simbolismo, la cui responsabilità politica risulta assente e il vero potere è esercitato attraverso decreti, reti di potere e campagne ideologiche. Altro che panafricanismo.

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Fig. 1 – Un fermo immagine dal video con il quale la giunta militare guidata dall’allora capitano Ibrahim TraorĂ© (a sinistra) ha annunciato la presa del potere in Burkina Faso tramite la televisione pubblica, 2 ottobre 2022

2. LA RIVOLUZIONE DEL BURKINA FASO

Un caposaldo del programma del Presidente Traoré è stato l’Offensive Agricole, un progetto strutturato, iniziato nel 2023, che avrebbe ripristinato la sovranità alimentare nazionale in Burkina Faso. Gli sforzi, in questo biennio, per gli investimenti di settore sono stati decisamente importanti, considerando che l’agricoltura, in accordo anche con i dati della Banca Mondiale, ricopre tra il 18% e il 24% del PIL del Burkina Faso. I risultati sono stati incoraggianti, con una produzione delle coltivazioni di pomodoro, miglio e riso superiori a quelle degli scorsi anni. Le prospettive a breve e medio termine restano positive seppur soggette a rischi non trascurabili come gli shock climatici, o il rifinanziamento del debito pubblico, che rimane comunque alto. La pressione fiscale, anche per pareggiare investimenti in tal senso e per il contenimento del deficit pubblico, è aumentata, inserendo nuove imposte e accrescendo le ritenute colpendo i lavori manuali, la scuola e altri settori autonomi. Il 27% del budget statale resta alla difesa e alle spese militari. Stando ai report dell’FMI, il Governo del Burkina Faso mantiene comunque spese per le politiche sociali superiori alla media dei Paesi dell’Africa subsahariana: 5,4% del PIL per l’istruzione, con l’inaugurazione di una campagna di alfabetizzazione, la cui efficacia però si limita ai programmi scolastici governativi, il 3% per la sanità e l’1,4% per l’assistenza sociale. Numeri importanti quanto inefficaci: seppur implementate le strutture scolastiche, visto che nel 2023 circa il 20% delle scuole sono rimaste chiuse a causa del terrorismo di matrice jihadista, l’educazione è tutt’altro che libera e democratica. Non è possibile fare lo stesso discorso per quanto riguarda i diritti civili e le libertà individuali. Nel luglio del 2024 il Parlamento (transitorio) ha approvato un disegno di legge che introduce la criminalizzazione dell’omosessualità, con pesanti sanzioni penali per le persone LGBTQ+.

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Fig. 2 – Manifestanti chiedono l’allontanamento dei diplomatici e dei militari francesi dal Burkina Faso, inneggiando alla Russia di Vladimir Putin, Ouagadougou, 20 gennaio 2023

3. IL VDP E LA VIOLENZA RIVOLUZIONARIA

Eppure, anche le violenze in questa prima metà del 2025 in Burkina Faso sono aumentate vertiginosamente. Il Paese, sempre nella morsa del terrorismo di matrice jihadista, ha visto, anche attraverso testimonianze via social, lo sterminio di dozzine di abitanti, accusati di favoreggiamento, nella regione di Solenzo, nell’ovest del Burkina Faso, perpetrato dall’Esercito e dai Volontari del VDP (Volontaires pour la Défense de la Patrie). Stesso destino toccato alla città di Fada N’Gourma, nell’est del Burkina Faso, dove le violenze sono state le medesime. Il VDP, ovvero la mobilitazione di civili armati, è il risultato di un provvedimento adottato nel 2020 attraverso legge da parte dell’Assemblea Nazionale, al fine di limitare la minaccia jihadista incombente nel Burkina Faso. Composto da forze ausiliari e supervisionate dall’Esercito (DSF), il VDP riceve un sostegno finanziario mensile ed è stato creato per compensare la limitata copertura territoriale dell’Esercito e la sua mancanza di familiarità con la società locale. Dopo il colpo di Stato del Capitano “IB” (Ibrahim Traoré), c’è stata una canalizzazione del VDP, le cui energie sono confluite sotto un’unica bandiera. Quella del MPSR (Mouvement Patriotique pour la Sauvegarde et la Restauration), la giunta militare di Traoré. Non solo. L’ANR, l’Intelligence del Burkina Faso, parzialmente riformata dopo il colpo di Stato del 2022, con squadroni della Polizia, si è resa protagonista di casi di sequestri di persona e brutali aggressioni: giornalisti e attivisti umani scomparsi, repressione e annientamento degli oppositori come Anselme Sansan Kambou e Serge Oulon. L’OHCHR delle Nazioni Unite, ha espresso la propria preoccupazione per l’impunità delle milizie del VDP. All’interno dello stesso report, ha denunciato la possibilità della reintroduzione della pena di morte, la mancanza di protezione per giornalisti e per i difensori dei diritti civili. Il prezzo della “rivoluzione” imposto dal Presidente Traoré.

Fabio D’Agostino

Photo by RobertoVi is licensed under CC BY-NC-SA

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Perchè è importante

  • In Burkina Faso l’uso spasmodico di simbolismo e richiami al passato o a al panafricanismo, se non correlato ad una vera crescita democratica, serve solo a consolidare il potere.
  • La riforma agricola, seppur surrogata da un piano di sviluppo di economia sostenibile, senza mercato, rischia di diventare un progetto incompiuto.
  • L’uso della milizia popolare (VDP) accresce la violenza etnica e personale, non ristabilisce l’ordine e la giustizia sociale.

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Fabio D'Agostino
Fabio D'Agostino

Classe 1988, ho conseguito la laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso “La Sapienza”, UniversitĂ  di Roma. Ho proseguito la mia formazione con un master in “Intelligence Operativa”, “Strategic Intelligence Ops” ed un corso di Antiterrorismo presso l’EUI. Ho sempre avuto la passione per la scrittura, considerandola un’arte responsabile, d’impegno, capace di offrire uno sguardo attento sulla contemporaneitĂ .

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