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Burkina Faso, tra jihadismo e transizione politica (parte I)


Analisi – Il 2025 sarà cruciale per il Burkina Faso: l’evoluzione del terrorismo jihadista ha portato una ridefinizione dell’assetto politico, parzialmente sedimentato dal 2022, e una modifica degli equilibri geopolitici del Paese. A che punto siamo e cosa aspettarsi.

GENEALOGIA DEL TERRORISMO IN BURKINA FASO

Il 2015 è stato per il Burkina Faso un anno di svolta: fino ad allora la minaccia terroristica per il Paese era stata contenuta, nonostante un accerchiamento tutt’altro che rassicurante. Le frontiere con il Mali e il Niger, soprattutto dal 2012, sono diventate delle zone di estremo pericolo: le regioni di Hauts-Bassins, Boucle du Mouhourn, Nord, Sahel ed Est, confinanti, sono state attenzionate e presidiate costantemente dall’esercito. Non solo. Da quando Blaise Compaoré si è dimesso nel 2014, il Burkina Faso è stato interessato da diversi colpi di Stato: l’ex Presidente era alla guida del Paese dal 1987 e sino al suo ritiro aveva incrementato le relazioni diplomatiche con Francia e USA, soprattutto in ottica anti-terroristica, nonostante l’imbarazzo e le perplessità politiche degli allora Presidenti Obama e Hollande sull’indice di democraticità di Ouagadougou. Il Trans-Sahara Counterterrorism Partnership (TSCTP), programma nato nel 2005 e approvato dal Congresso di Washington, ha reso possibile una riforma programmatica delle Forze Armate di alcuni Paesi, tra i quali proprio il Burkina Faso. I punti chiave del programma consistevano in un’implementazione della sorveglianza dei confini, nel contenimento delle attività d’infiltrazione di al-Qaeda e nel rafforzamento progressivo dello Stato di diritto, ponendo al centro un uso più consapevole degli strumenti di giustizia nelle attività di contrasto al terrorismo. Il TSCTP ha avuto in Burkina Faso una realizzazione più o meno ben accolta, soprattutto durante la presidenza Compaoré. L’apporto della Francia era stato (fino a due anni fa) prettamente più operativo, con la presenza di personale militare presente nell’area in base agli accordi del 2018, in forza ai quali 400 soldati francesi avrebbero supportato le truppe burkinabé nella lotta ai gruppi terroristici.

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Fig. 1 – Mappa di Anadolu che mostra le località dove il 25 febbraio del 2025 sono avvenuti due attacchi terroristici, uno contro fedeli musulmani e l’altro contro fedeli cristiani

I PRINCIPALI ATTORI DEL TERRORISMO ISLAMICO IN BURKINA FASO

Aldilà dell’endemica instabilità politica del Paese, quali sono i gruppi terroristici che, dal 2016 a oggi, stanno seminando morte e terrore in Burkina Faso? Ansar al-Islam, innanzitutto, con la figura centrale del predicatore radicale di etnia fulani Ibrahim Malam Dicko, che ha avuto un ruolo decisivo fino alla sua morte nel 2017. Personalità dal carisma indiscusso, una volta tornato dal Mali per supportare l’azione di Amadou Koufa, ha sollevato la popolazione contro il Governo del Burkina Faso. Ansar al-Islam condusse l’attacco contro il campo militare di Noussoumba il 15 dicembre 2016, uccidendo 12 persone.
Nel 2017, mentre Dicko seminava il terrore, emergeva, soprattutto nella regione del Sahel, un nuovo gruppo jihadista, che raccoglieva AQIM, Al-Mourabitoun e Ansar Dine nel contenitore di Jamaat Nusrat wal Muslimeen (JNIM), formazione che avrebbe risposto ad al-Qaeda direttamente. La morte di Dicko nel giugno 2017 portò a un drastico cambiamento nell’equilibrio di potere dei gruppi terroristici e si presentò un’occasione sia per il neonato JNIM che per l’ISGS (The Islamic State in the Greater Sahara) per portare un’offensiva vera e propria nel Burkina Faso e consolidare ciò che Ansar Al-Islam aveva cominciato. L’ingresso rapido da parte dello JNIM e dei terroristi dell’ISGS in Burkina Faso è testimoniato dal cambio di strategia operativo e dal significativo spostamento degli obiettivi, anche in termini geografici: un mese dopo la morte di Dicko e lo sfaldamento del suo gruppo terroristico, le azioni si sono concentrate maggiormente nella regione nord-occidentale di Boucle du Mouhoun, al confine con il Mali. Il passaggio di mano dell’egemonia del terrore in Burkina Faso è testimoniato anche dal cambio di modus operandi: Ansar Al-Islam colpiva con uccisioni mirate, rapimenti e rapide incursioni, mentre dopo la scomparsa di Dicko apparvero i primi attacchi IED (Improvised Explosive Device) e le imboscate contro veicoli dell’esercito regolare del Burkina Faso. L’elemento davvero interessante risultò essere però un sorprendente allineamento da parte di al-Qaeda (e quindi JNIM) e dell’ISIS (ISGS) in Burkina Faso: dal 2017 ad oggi non c’è stato alcuna rilevante frizione tra i gruppi, sospettati addirittura di cooperare nella strategia del terrore. Alla base di questa collaborazione esisterebbero forti legami interpersonali, come nel caso di Adnan al-Sahrawi (morto nel 2021), prima membro di AQIM, poi confluito nel gruppo affiliato al-Mourabitoun, prima di essere uno dei fondatori dell’ISGS. Lo stesso Malam Dicko, secondo i servizi di sicurezza del Burkina Faso, avrebbe fatto parte del MUJAO (Jamāʿat al-tawḥīd wa l-Jihād fī gharb Ifrīqiyā) durante la propria attività in Mali e questo lo avrebbe messo in contatto con al-Sahrawi. I terroristi del movimento di Dicko, dopo la sua morte, hanno trovato rifugio sia nelle frange di al-Qaeda, sia nell’ISIS, mantenendo rapporti personali che evitano lotte per la supremazia in Burkina Faso. Un elemento fondamentale per comprendere le dinamiche del terrore nel Paese, stretto ad oggi nella morsa criminale di gruppi che seminano morte e instabilità, portando avanti il progetto di Malam Dicko, la cui ombra domina ancora, in qualche modo, il terrorismo in Burkina Faso.

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Fig. 2 – Infografica di Anadolu che mostra il netto aumento dell’attività terroristica in tutto il Sahel negli ultimi 15 anni

IL BURKINA FASO SOTTO ASSEDIO: L’ADATTAMENTO TATTICO DEI GRUPPI ARMATI E L’EROSIONE DELLO STATO

Negli ultimi anni il Burkina Faso si è affermato come uno degli epicentri più preoccupanti del terrorismo in Africa occidentale. Questa escalation è il risultato di una combinazione di fattori strutturali e congiunturali: la fragilità delle Istituzioni statali, la porosità dei confini, l’esclusione sociale di ampie fasce della popolazione e le tensioni intercomunitarie, che forniscono terreno fertile all’insediamento di gruppi jihadisti. Secondo il Global Terrorism Index 2025, sebbene il numero complessivo di attacchi e di vittime sia diminuito rispetto all’anno precedente, il Burkina Faso resta il Paese più colpito al mondo in termini di letalità degli attacchi, con una media di 14 morti per evento, e continua a rappresentare circa un quinto delle morti globali legate al terrorismo. La minaccia è veicolata in particolare da JNIM, affiliato ad al-Qaeda, che ha consolidato la propria presenza nelle regioni del Sahel, Est e Centre-Nord. Sebbene lo Stato Islamico nel Grande Sahara (ISGS) sia in fase di relativa ritirata nella regione, la sua eredità operativa e l’esperienza bellica rimangono elementi di rilievo nelle dinamiche insurrezionali. Un aspetto particolarmente preoccupante riguarda l’evoluzione tecnologica delle tattiche jihadiste. Come evidenziato da un report dello United Nations Institute for Disarmament Research (UNIDIR), le cellule terroristiche operanti in Burkina Faso hanno cominciato a impiegare droni commerciali modificati per missioni di sorveglianza e ricognizione aerea, aumentando così la precisione e l’efficacia delle imboscate e degli assalti ai convogli militari. Questi dispositivi, difficili da intercettare, contribuiscono a colmare il divario tecnologico tra forze statali e gruppi armati non statali. A tali tecniche si affiancano l’utilizzo sistematico di ordigni esplosivi improvvisati (IED), l’assalto coordinato a villaggi per ottenere il controllo territoriale e il reclutamento forzato di uomini, donne e bambini. I gruppi jihadisti mirano a erodere la presenza dello Stato attraverso la distruzione delle infrastrutture, l’attacco alle forze di sicurezza e la delegittimazione delle Istituzioni locali.

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Fig. 3 – Un soldato sotto la statua di Thomas Sankara durante la cerimonia per il 35° anniversario dell’uccisione dell’ex Presidente del Burkina Faso, Ouagadougou, 15 ottobre 2022

L’ESPANSIONE DEL TERRORISMO IN BURKINA FASO E NELLA REGIONE

Il deterioramento della situazione ha portato, secondo Human Rights Watch, a un’impennata del numero di sfollati interni, che nel 2024 ha superato la soglia di 2 milioni di persone, rendendo il Burkina Faso uno dei Paesi con la crisi umanitaria più grave al mondo. Le capacità operative delle forze armate burkinabé restano limitate, malgrado il rafforzamento della componente paramilitare rappresentata dai Volontaires pour la Défense de la Patrie (VDP), spesso accusati di gravi abusi nei confronti della popolazione civile. Inoltre, la crescente sofisticazione delle cellule jihadiste e la loro adattabilità tattica rappresentano una sfida considerevole per un esercito sottodimensionato, male equipaggiato e sempre più isolato. Secondo il Counter Extremism Project, la capacità dei gruppi jihadisti di mutare strategia e sfruttare le vulnerabilità logistiche delle forze governative ha permesso loro di consolidare un controllo territoriale de facto su ampie zone rurali. Non solo: i gruppi jihadisti riescono anche a sostituirsi allo Stato in alcune funzioni, imponendo la propria autorità attraverso strutture parallele di giustizia e raccolta di tasse. Questo sistema di “Governo alternativo” è spesso più efficace, agli occhi della popolazione locale, di quello statale, aggravando ulteriormente il problema dell’accettazione e della legittimità. Un ulteriore elemento di allarme è rappresentato dalla mobilitazione jihadista lungo i confini meridionali del Paese, in direzione della Costa d’Avorio, del Ghana e del Togo. Le incursioni lungo queste frontiere suggeriscono una strategia di espansione verso i Paesi costieri, tradizionalmente più stabili, ma ora sempre più esposti al rischio di infiltrazioni. I gruppi armati beneficiano inoltre di flussi finanziari collegati al traffico illecito di oro, droga e armi leggere, rafforzando così le proprie capacità logistiche e il reclutamento. La permeabilità delle frontiere e l’assenza di un efficace coordinamento regionale rappresentano ostacoli decisivi per ogni tentativo di contenimento del fenomeno. Il Burkina Faso, pur restando al centro della crisi, è solo uno dei nodi di una rete jihadista più ampia, transnazionale e in evoluzione continua.

Daniele Atzori
Fabio D’Agostino

Photo by David_Peterson is licensed under CC BY-NC-SA

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  • Dal 2015 il Burkina Faso è uno dei principali teatri della violenza jihadista: il gruppo Ansar al-Islam ha aperto la strada a JNIM e ISGS, che si espandono nel Paese senza frizioni, grazie a legami personali e strategie comuni.
  • I gruppi armati aumentano la loro efficacia operativa usando droni, IED e tattiche coordinate, conquistano territori, instaurano Governi paralleli e approfittano della debolezza dello Stato per consolidarsi.

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Daniele Atzori
Daniele Atzori

Classe 1998, sardo. Studente di Scienze Storiche all’Università di Bologna, attualmente mi trovo in Svezia per conseguire un master in African Studies. Fin da piccolo appassionato di storia e geografia ho con il tempo sviluppato un forte interesse per l’area del continente africano e per i fenomeni migratori. Sto facendo i primi passi nel mondo della fotografia e pratico muay thai.

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