Come perseguire l’interesse economico nazionale? Prima ancora di pensare a ricette di politica economica, bisognerebbe concentrarsi sulle persone, come ci spiega la Prof. Simona Beretta, docente di Politiche Economiche Internazionali all’Università Cattolica di Milano e membro del nostro Comitato Scientifico
Definire il concetto di “interesse nazionale” di un Paese dal punto di vista economico non è semplice. In economia, infatti, per ogni decisione che viene presa esistono sempre “vincenti” e “perdenti”, anche se compito di chi governa una comunità dovrebbe essere quello di mitigare le conseguenze negative e far sì che un sistema economico e sociale migliori complessivamente la propria condizione. Cosa dovrebbe fare l’Italia nel 2019 per raggiungere tale obiettivo? Ne abbiamo parlato con la Professoressa Simona Beretta, docente di Politiche Economiche Internazionali presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’Alta Scuola di Relazioni ed Economia Internazionale di Milano, nonché membro del Comitato Scientifico del “Caffè Geopolitico”.
Professoressa, quali dovrebbero essere gli obiettivi strategici che il Governo dovrebbe perseguire nel 2019 a livello economico?
Dico una cosa che potrebbe sembrare paradossale ma non lo è: per poter affrontare adeguatamente le sfide esterne, l’Italia dovrebbe innanzitutto risolvere i propri conflitti interni. In un contesto globale nel quale l’incertezza sarà il fattore determinante nel 2019, la sfida fondamentale per l’Italia sarà riuscire ad accrescere la qualità della convivenza politica, economica e sociale attraverso l’adozione di politiche che abbiano un orizzonte più ampio di quanto visto in questi ultimi mesi.
Ha parlato di incertezza esterna: quali saranno secondo lei i principali fattori che la determinano?
Indubbiamente la causa principale sarà Trump, con le sue decisioni in materia di politiche commerciali e le conseguenze negative che potrebbero avere sul sistema multilaterale degli scambi. Inoltre, la deregolamentazione che gli Stati Uniti stanno adottando in ambito finanziario rischia seriamente di riportarci indietro di dieci anni, segno che non tutti sembrano aver capito la lezione del 2007-8. La fragilità sistemica è ancora elevata e latente, come insegna il caso “Apple” degli ultimi giorni. Poi, va ovviamente menzionata anche l’Unione Europea, non solo per il risultato delle elezioni che si terranno a maggio ma anche per l’incertezza tuttora legata all’entrata in vigore della Brexit. L’uscita di Londra dall’UE potrebbe avere conseguenze importanti per i britannici e anche per l’Italia in ottica bilaterale anche se, come ha recentemente affermato l’ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale Simon Johnson, “Brexit doesn’t matter” per l’economia globale nel suo complesso. Spero che gli altri Paesi europei capiscano dall’esempio britannico quanto può essere “doloroso” uscire dall’UE. Non possiamo poi ignorare la Cina, quantomeno per il suo peso economico e demografico: per quanto tempo il suo modello di sviluppo, basato su un capitalismo di Stato e su un welfare limitato, potrà durare? Insomma, l’Italia dovrebbe attrezzarsi per far fronte a questi rischi provenienti dall’esterno.
Fig. 1 – La Prof.ssa Simona Beretta, docente di Economia Internazionale alla “Cattolica” di Milano
Secondo lei il Governo sta facendo le scelte giuste?
L’Italia deve affrontare problemi strutturali di lungo periodo, su tutti menzionerei il crollo degli investimenti sia pubblici che privati. Tuttavia non basta spendere di per sé, occorre investire in progetti di qualità che abbiano collegamenti virtuosi con i territori nei quali vengono messi in atto. Solo così si possono avere effetti positivi di lungo periodo per il sistema nel complesso, aumentando la capacità produttiva e stabilendo le condizioni per creare posti di lavoro. Le politiche che si stanno mettendo in atto, come il reddito di cittadinanza, a mio modo di vedere sono sbagliate a livello di principio prima ancora che nelle modalità di implementazione, perché mettono al centro prima di tutto le necessità materiali dell’individuo prima della sua formazione umana ed educativa, che dovrebbe essere la precondizione per tutto il resto.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Il Ministro delle Finanze Giovanni Tria
Quindi lei è pessimista oppure, nonostante tutto, rimane ottimista?
Diciamo che sono fiduciosa nella capacità di resilienza del nostro sistema economico e sociale e nella possibilità che abbiamo di fornire esempi positivi ai nostri partner europei in tema di convivenza sociale (mi riferisco al nostro terzo settore ad esempio, sempre che non venga messo in difficoltà dalle recenti misure approvate nella legge di Bilancio). Negli ultimi sono fiorite tante iniziative imprenditoriali di giovani al Sud, segno che non c’è rassegnazione. Chi ci governa dovrebbe assecondare queste spinte positive e affrontare la sfida di lungo periodo più urgente, quella culturale ed educativa.
Davide Tentori