Il successo del G-20 di Pittsburgh decreta la fine del vecchio ordine internazionale e prende atto dei nuovi rapporti di forza globali. Il consenso raggiunto nell’ambito economico è però oscurato dallo stallo sui temi ambientali
MISURE CONDIVISE – Si può affermare che il vertice G-20 svoltosi ieri a Pittsburgh sia stato un successo? Per certi aspetti – quelli economici – la risposta può essere affermativa. In effetti, le riunioni delle venti principali potenze dei cinque continenti traggono la loro ragion d’essere proprio nella volontà di elaborare risposte condivise alla crisi economica globale; e qualche risposta concreta, una volta tanto, sembra esserci stata. Innanzitutto, gli Stati si sono accordati per continuare con le misure intraprese nel precedente summit di Londra e per contrastare, a livello delle singole nazioni, la disoccupazione con politiche che siano in grado di garantire la ripresa della domanda interna. Inoltre, a livello finanziario c’è la volontà di combattere la speculazione delegando al Financial Stability Board (organo presieduto da Mario Draghi, governatore di Bankitalia), mentre alle banche sono stati affidati due compiti: nel breve periodo quello di garantire l’accesso al credito per gli investitori, nel lungo la necessità di effettuare delle ricapitalizzazioni per avere una base più solida. Si è tentato di porre un freno anche ai bonus miliardari dei manager di banche e società finanziarie: gli “extra” saranno soggetti al raggiungimento di obiettivi di breve periodo. Last but not least, si è trovato anche un accordo per la revisione delle quote di partecipazione che regolano il meccanismo del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale: ai Paesi in via di sviluppo saranno riservate rispettivamente una quota del 5% e del 3% in più, incidendo sul potere decisionale di tali Stati. L’unico settore nel quale non ci sono stati avanzamenti significativi è stato quello dell’ambiente, per il quale si è deciso di rimandare ogni (eventuale) decisione ad una prossima riunione ad hoc che si svolgerà a dicembre a Copenhagen.
OTTO PIU’ DODICI – Il fattore principale che risulta da questo vertice è però la presa d’atto che vige un nuovo ordine mondiale, basato non più sui rapporti tra poche potenze occidentali ma su un mutamento decisivo dei rapporti di forza, sia politica che economica, che non si può più ignorare. Paesi come Cina, India e Brasile sono vere potenze regionali e aspirano a giocare un ruolo fondamentale anche nelle grandi questioni globali. Per questo il G-20 sarà istituzionalizzato e si riunirà ad intervalli regolari, due volte all’anno a partire dal 2010. Il G-8, che appare inevitabilmente superato, non andrà in soffitta ma rimarrà come forum di discussione prevalentemente politica, mentre al G-20 sarà data priorità economica. Un cambiamento che forse non porterà a risultati concreti nell’immediato (la traduzione negli ordinamenti nazionali di ogni membro delle politiche decise sarà tutta da verificare), ma che è indice di un profondo cambiamento nella gestione degli affari globali. E chissà che la cooptazione di dodici potenze nel consesso di “quelli che contano” non sia anche il preludio di una riforma dell’ONU. La sessione annuale ordinaria delle Nazioni Unite è passata quasi inosservata, oscurata dalla riunione di Pittsburgh: per l’ONU si sta avvicinando il momento decisivo nel quale o si riformerà per sopravvivere e contare veramente qualcosa, oppure potrebbe essere destinato ad un declino irreversibile.
Davide Tentori 26 settembre 2009 [email protected]