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Canada: Trudeau è nei guai?

In 3 sorsi Il Governo del Primo Ministro canadese Justin Trudeau è stato travolto da un grave scandalo, che ha portato alla dimissioni di due ministri e che potrebbe risultare decisamente invalidante per il Partito Liberale – nonché per lo stesso Trudeau – in vista delle elezioni generali in autunno.

1. COSA È SUCCESSO?

I guai per Trudeau sono iniziati circa cinque settimane fa (precisamente il 7 febbraio), quando il quotidiano Globe and Mail ha pubblicato un articolo nel quale venivano denunciate le eccessive pressioni esercitate su Jody Wilson-Raybould, ministro della Giustizia e Procuratore Generale, da parte dello stesso Primo Ministro e del suo entourage. Il Procuratore, secondo l’articolo, avrebbe avuto l’intenzione di trascinare di fronte a una giuria la società con base in Québec SNC-Lavalin, con l’accusa di frode e corruzione. Infatti la SNC-Lavalin (attiva nel settore energetico, estrattivo e petrolchimico) avrebbe lautamente elargito ad alcuni membri della famiglia dell’ex-rais Muammar Gheddafi – nonché ad altri funzionari libici – tangenti per il valore complessivo di 48 milioni di dollari canadesi, tra il 2001 e il 2011, per potersi aggiudicare alcune concessioni favorevoli in Libia. È superfluo affermare che anche la semplice messa in stato d’accusa avrebbe rappresentato un grosso danno d’immagine per la società petrolifera, ma se poi le accuse si fossero rivelate fondate, alla SNC-Lavalin sarebbe stato impedito di partecipare alle gare d’appalto pubbliche in Canada per almeno i prossimi dieci anni. Trudeau, di conseguenza, presumibilmente per scongiurare tale scenario – considerando che la compagnia impiega più di 50mila uomini e donne in tutto il mondo, di cui almeno 3.400 in Québec, – avrebbe tentato di “persuadere” la Wilson-Raybould a non tradurre i suoi propositi in pratica. Di fronte alla caparbietà del Ministro, Trudeau si sarebbe visto costretto a “degradarla”, approfittando di un rimpasto di Governo, per metterla a capo del Dipartimento Veterani e sostituirla con David Lametti (14 gennaio). Pochi giorni dopo la pubblicazione dell’articolo e poche ore dopo una dichiarazione in cui Trudeau aveva rassicurato la stampa liquidando la questione come una vicenda di poco conto, il 12 febbraio, Jody Wilson-Raybould rassegnava le dimissioni.

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Fig. 1 – Il Governo Trudeau alla fine della cerimonia d’insediamento (2015)

2. GLI ULTIMI SVILUPPI DELLA VICENDA

Le conseguenze dello scandalo non si sono fatte attendere: le dimissioni del Segretario personale di Trudeau, Gerald Butts, sono arrivate appena sei giorni dopo quelle della Wilson-Raybould. Dopo che l’ex-ministro della Giustizia aveva pubblicamente ammesso le pressioni esercitate su di lei per far sì che lasciasse cadere le accuse contro la compagnia del Québec, e soprattutto dopo che, alla luce di tali dichiarazioni, Justin Trudeau stesso si era spinto al punto di ventilare una possibile espulsione della Wilson-Raybould dal Partito Liberale, il 4 marzo anche il ministro dell’Economia Jane Philpott annunciava il proprio passo indietro («agisco nel rispetto dei miei valori personali, delle mie responsabilità etiche e delle norme costituzionali»). Quello stesso giorno, durante un rally del Partito Liberale, Trudeau dichiarava di «comprendere le ragioni» della Philpott e la ringraziava per il suo servizio al Paese (cosa che non aveva fatto, ad esempio, per la Wilson-Raybould), promettendo ai suoi sostenitori che avrebbe affrontato la situazione con minore nonchalance. Situazione ormai sfuggita di mano alla star dei liberal di tutto il mondo, che in meno di un mese ha perso tre dei suoi più stretti ed affiatati collaboratori, due delle quali donne e una (la Wilson-Raybould) anche nativa americana, addirittura la prima a ricoprire la carica di Ministro della Giustizia – notizia non di poco conto per l’autodefinitosi “femminista” Trudeau, il quale ha da sempre investito una considerevole parte del proprio capitale politico in favore della parità di genere, tanto da dare vita al primo Governo della storia del Canada con un eguale numero di uomini e donne (15 e 15, prima dei numerosi rimpasti e delle dimissioni).

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Fig. 2 – Justin Trudeau discute dello scandalo con la stampa

3. RIELEZIONE IN BILICO?

L’opposizione, fiutata la facile preda, non ha avuto alcuna esitazione a lanciarsi all’attacco e richiedere le dimissioni del Primo Ministro. «[…] Trudeau dovrebbe smetterla di nascondersi dietro altre persone ed uscire allo scoperto» ha twittato Andrew Scheer, a capo del Partito Conservatore. Naturalmente per il momento il Primo Ministro ha ignorato il suggerimento della propria controparte politica, sebbene le acque in cui naviga siano tutt’altro che limpide: le elezioni sono ancora lontane e Trudeau ha certamente il tempo di recuperare il sostegno dell’opinione pubblica. Tuttavia secondo un sondaggio il 25% dei canadesi ha affermato che per questa vicenda potrebbe mettere in dubbio il proprio sostegno al Primo Ministro nelle prossime elezioni autunnali – certamente non in Québec, dove al contrario l’indiretto supporto alla società non ha affatto danneggiato la popolarità del Primo Ministro.

Vincenzo G. Romeo

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Vins G. Romeo
Vins G. Romeo

Nato nel 1997, studio Economia a Bologna. La politica americana si somma ai miei già numerosi interessi in politica internazionale, storia ed economia, in particolare dopo un fruttuoso scambio accademico alla University of California, Los Angeles.

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