Ristretto – Il voto presidenziale in Slovacchia premia un’avvocata liberale ed europeista. Una dimostrazione che la società civile slovacca è viva e il blocco di Visegrad meno monolitico di quanto si possa pensare.
Sabato 30 marzo si è votato in Slovacchia per eleggere, al secondo turno, il nuovo Presidente della Repubblica. I risultati hanno premiato Zuzana Caputova, avvocata liberale e convintamente europeista. La Slovacchia ha un sistema parlamentare e quindi il ruolo del Presidente della Repubblica è limitato. Tuttavia, l’elezione di Caputova è un evento da non sottovalutare. Innanzitutto, dimostra la vitalità della società civile slovacca a un anno di distanza dagli omicidi del giornalista investigativo Jan Kuciak e della sua compagna Martina Kusnirova, un vero punto di svolta nelle recenti vicende politiche del Paese. Il fatto che Kuciak stesse indagando su possibili scandali riconducibili al partito al governo (i socialdemocratici) aveva scatenato una tempesta politica. Caputova si è sempre schierata decisamente a favore della libertà di stampa e dell’autonomia della magistratura, presentandosi come una paladina in lotta contro la corruzione del potere. Da un punto di vista più generale, invece, la vittoria di un candidato con un profilo europeista in un Paese appartenente al blocco di Visegrad dimostra come i trend politici dei Paesi dell’Europa centro-orientale siano più complessi e meno univoci rispetto alla descrizione spesso adottata in Europa occidentale. È vero che Stati come la Slovacchia sono terreno particolarmente fertile per il populismo euroscettico e ostile all’immigrazione (per altro non sempre di destra, come è appunto il caso della Slovacchia, dove i populisti al potere sono soprattutto di matrice socialdemocratica). Tuttavia, i sentimenti dell’opinione pubblica dei Paesi di Visegrad nei confronti dell’UE sono tutt’altro che univoci. Se esiste una certa ostilità a quelle che vengono considerate come pretese di Bruxelles di imporre un modello sociale e culturale non condiviso dalle popolazioni di quei Paesi, è anche vero che l’appartenenza all’UE rimane popolare e viene vista come strada maestra per la crescita economica e per il contrasto alla corruzione.
Davide Lorenzini