Abbiamo intervistato un’esponente della ‘diaspora’ dello Zimbabwe, ovvero dei milioni di persone che hanno lasciato il Paese africano nel corso degli ultimi vent’anni per sfuggire al regime autoritario di Robert Mugabe. Il nostro contatto, che ha preferito rimanere anonimo, vive a Londra da quasi vent’anni e ci racconta della sua delusione in seguito alle elezioni. Ma anche della speranza per un futuro migliore
Come esponente della diaspora dello Zimbabwe, con che stato d’animo ha seguito le elezioni? Quali erano le sue aspettative?
A essere sincera, sono scioccata. Non mi aspettavo per niente un simile risultato, mi sento come se le elezioni fossero state rubate da un ladro notturno silenzioso. Il voto in Zimbabwe è sempre stato caratterizzato da violenze e intimidazioni, ma questa volta non si erano verificate. Dunque speravamo che fosse finalmente giunto il momento per il popolo di far valere la propria opinione. Ma era tutto parte di un copione ben organizzato, per far sentire i votanti tranquilli e per dare all’esterno l’impressione di elezioni pacifiche e corrette. In realtà venivano messe in atto pesanti manipolazioni.
I delegati dell’Unione Africana hanno detto che le elezioni si sono svolte correttamente, ma il leader dell’opposizione, Morgan Tsvangirai, ha accusato lo Zanu-PF di aver manipolato il voto, come è stato provato da diversi video che circolavano su YouTube e social network. Cosa ne pensa? Che differenza c’è tra le elezioni del 2008 e quelle di oggi?
Le elezioni del 2008 furono violente: oltre 200 persone furono uccise e molte altre minacciate. Mugabe non si aspettava di perdere e fece attendere cinque settimane prima che l’esito del voto fosse divulgato. Lo Zanu-PF si rese conto che l’unica soluzione era offrire al MDC l’opportunità di formare un governo di coalizione.
Quest’anno le elezioni sono state affrettate, convocate solo con un mese di anticipo. Questa situazione ha generato confusione favorendo la presenza di molte irregolarità nelle liste elettorali: migliaia di persone, specialmente residenti nelle zone rurali, non sono state in grado di votare. Per questo motivo Mugabe era tranquillo di ottenere una comoda vittoria.
Milioni di persone hanno lasciato il Paese durante gli ultimi vent’anni in cerca di condizioni migliori di vita. Persone dotate di un’istruzione elevata sono state costrette a partire, privando lo Zimbabwe di una parte considerevole del proprio capitale umano. Pensa che sia possibile che in futuro il Governo cambi il suo atteggiamento verso queste persone incoraggiandole a fare ritorno in patria?
So per certo di gente pronta a lasciare lo Zimbabwe ora. Non vogliono rimanere impotenti a vedere il disastro che si prospetta nei prossimi cinque anni. Sono tutti professionisti, i pochi rimasti che hanno tenuto in piedi il Paese. Non è un buon segnale per i membri della “diaspora” che avrebbero voglia di tornare. Il giorno in cui il Governo cambierà, l’economia migliorerà e lo Zimbabwe diventerà una nazione libera indipendentemente dal colore della pelle, dalla razza e dall’appartenenza politica: solo allora molte persone si decideranno a rientrare. Io per prima sarò pronta a tornare, a patto che non si debba lottare ogni giorno con carenze di benzina, elettricità, acqua corrente, cibo nei supermercati. C’era stato un miglioramento negli ultimi anni, ma ora non sappiamo davvero che cosa aspettarci.
In poche parole: di cosa ha bisogno lo Zimbabwe oggi?
Morgan Tsvangirai e l’attuale MDC non sono la risposta. Abbiamo bisogno di un altro partito che rappresenti la volontà dei miei concittadini. Qualcuno più carismatico, che abbia la forza di suscitare una rivolta nei confronti della leadership attuale. Se non ci sono state proteste dopo le elezioni è solo perché la gente è stanca e ha perso la speranza di vivere una vita diversa senza Mugabe.
Davide Tentori