Analisi – Dal piano politico a quello economico e ideologico, le relazioni tra Italia e Francia hanno vissuto una delle stagioni più difficili del dopoguerra. Cerchiamo di capire perché e se, dopo il ritorno dell’ambasciatore francese a Roma, i due Paesi hanno davvero ripreso i binari della cooperazione
IL QUADRO ATTUALE
L’incontro che si è tenuto lo scorso aprile a Roma tra il Ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi e l’omologo francese Jean-Yves Le Drian ha aperto una nuova fase di dichiarazioni congiunte e di ritrovato spirito di cooperazione tra Italia e Francia. “I nostri Paesi credono molto nella possibilità di un’intesa politica in Libia”, aveva spiegato Moavero a margine dell’evento. “Noi pensiamo che la strada sia questa. Siamo motivati a lavorare insieme e a mantenere quella stretta collaborazione che rende la Francia il nostro secondo partner commerciale”. Nel frattempo, sono arrivate le celebrazioni collettive per il 500° anniversario della morte di Leonardo, la visita di Mattarella a Notre Dame, il simbolico ritorno del ‘Narciso’, affresco del Domenichino appena restaurato, a Palazzo Farnese il 14 maggio. Con l’ambasciatore francese Christian Masset che ha colto l’occasione per sottolineare la vicinanza culturale, oltreché politica, di Italia e Francia. Un altro messaggio è quello arrivato dalle urne il 26 maggio: in tutta la UE, gli euroscettici di Europe of Nations and Freedom Group (ENF) si sono rivelati la prima forza politica soltanto a Roma e a Parigi. Un punto di contatto solo in apparenza: nei mesi precedenti infatti, dagli attriti politici a quelli legati agli interessi economici, i rapporti tra questi due Paesi fondatori dell’Unione erano giunti ai minimi storici. Ripercorrendone le tappe, cerchiamo di approfondire su quali binari si è sviluppata la crisi e se effettivamente siamo di fronte a una possibile via d’uscita.
Fig. 1 – 15 aprile 2019: Notre Dame brucia. “La cattedrale rispecchia la storia dell’Europa”, dirà Sergio Mattarella in visita a Parigi dopo il terribile incendio
CRISI POLITICA E DIPLOMATICA
“Vedo forze paradossali”. Quando circa un anno fa il Governo giallo-verde si apprestava ad insediarsi a Palazzo Chigi, il Presidente francese Emmanuel Macron osservava le ultime fasi di formazione del nostro esecutivo con malcelata preoccupazione. I distesi rapporti diplomatici italo-francesi, che avevano caratterizzato il precedente Governo Gentiloni, difficilmente avrebbero trovato continuità. Perché Macron, da ‘figlio delle banche e dell’establishment’, nelle parole dei suoi avversari, ha rappresentato sin da subito uno di quei target condivisi, da combattere ed ostracizzare sia per Matteo Salvini che per Luigi Di Maio, sull’onda dell’efficace fronte comune attuato in Italia contro il Partito Democratico di Renzi. La vicinanza dichiarata con l’estremismo di destra del Rassemblement National ha reso relativamente semplice la posizione di Salvini, quasi un megafono italiano della campagna anti-Macron attuata da Marine Le Pen. Lo stesso presidente francese ha poi pagato caro e a latitudini più ampie (fuori ma soprattutto all’interno del suo paese, con En Marche che è stato solo secondo partito nelle ultime elezioni europee) quella ‘retorica inclusiva e pseudo-europeista’ a cui spesso non ha fatto corrispondere un’azione politica coerente, come nei casi della gestione della nave Aquarius e della crisi alla frontiera di Ventimiglia nel giugno dell’anno scorso. D’altra parte, fino ad autunno inoltrato, l’alter-ego transalpino del Movimento 5 Stelle era semplicemente inesistente. Poi sono scoppiate le proteste dei gilets jaunes, che Di Maio ha tradotto in un’occasione politica da sfruttare. Il M5S ha così optato per un forzato avvicinamento nei confronti di un fenomeno sociale complesso, puntando maldestramente sulla sua componente violenta ed eversiva. Una strategia (anche mediatica) ad ampio raggio contro l’establishment di Parigi: gli incontri dei leader pentastellati con alcuni esponenti dei gilets jaunes sono stati accompagnati da pesanti esternazioni (la rispolverata accusa a Mitterrand sull’espatrio di Battisti, l’attacco al franco delle colonie e alla gestione dei flussi migratori), che hanno infine portato, lo scorso 8 febbraio, al richiamo dell’ambasciatore francese Masset dall’Italia. “Una misura non permanente, ma un segnale necessario per far indietreggiare la lebbra nazionalista e populista”, spiegava allora il portavoce del governo Benjamin Griveaux. Il presidente Mattarella ha subito svolto un ruolo rilevante nel tentativo di ricucire le relazioni. A margine del Forum economico che si è tenuto il primo marzo a Versailles ha affermato come “I rapporti di lavoro tra Italia e Francia non hanno subito lacerazioni”. Il rinfocolarsi delle ostilità in Libia ha riaperto il dibattito tra i due Paesi sulla gestione delle crisi internazionali e dei relativi flussi migratori, ma, come hanno sottolineato Moavero e Le Drian, Parigi e Roma sono arrivate al voto del 26 maggio in un nuovo clima di (forzata) cooperazione. La netta vittoria della Lega e quella più simbolica del Rassemblement National (23,3% contro il 22,4% di En Marche, 23 seggi per entrambi i partiti) danno magari l’impressione di aver allineato Italia e Francia sui binari del sovranismo: tuttavia, il sistema elettorale transalpino pare ancora in grado di assicurare, numeri alla mano, una futura presidenza macroniana (o comunque non lepenista). In tale contesto, sarà difficile credere che l’ultima tornata elettorale possa davvero ridisegnare i rapporti tra i due governi.
Fig. 2 – A partire dallo scorso novembre, le manifestazioni dei gilet gialli hanno paralizzato le strade di Parigi e di tutta la Francia
I RAPPORTI ECONOMICI: DALLE OPERE PUBBLICHE AL SETTORE PRIVATO
Il deteriorarsi delle relazioni politiche è stato accompagnato da un’analoga dinamica sul fronte economico. La Francia è il secondo partner commerciale dell’Italia sia per quanto riguarda le esportazioni che le importazioni (dietro alla Germania, fonte Oec). Ma soprattutto è direttamente coinvolta in due urgenti questioni di pubblico interesse del nostro paese: la realizzazione della Tav tra Torino e Lione e l’eventuale salvataggio di Alitalia, con Delta Airlines e Air France-Klm che negli ultimi mesi si erano proposte (con il favore delle Ferrovie dello Stato e del ministero dello Sviluppo) per l’acquisizione del 20% della compagnia di bandiera italiana, da anni in piena crisi. Ed è stato proprio il ritiro dell’ambasciatore francese a portare Air France a chiamarsi fuori dal salvataggio per motivi politico-istituzionali. Un dietrofront che ad oggi continua a vedere il colosso aereo transalpino lontano dalla cordata formata da FS, Delta e Ministero dell’Economia e delle Finanze per un’acquisizione di Alitalia ancora tutta da definire. Gli attriti si sono ripercossi anche sul fronte Tav, con i due Paesi ancora lontani dal trovare un accordo tecnico sulla realizzazione dell’opera. Pesa in questo senso l’asimmetria dei costi ripartiti tra le parti: l’Italia avrebbe a carico il 57,9% del totale (fonte Green Report). Queste dinamiche, che evidenziano una Francia leader (e non solo partner) commerciale nell’ambito dei rapporti con il nostro Paese, si ripetono anche nel settore privato. BNL finita sotto BNP dal 2006, Lactalis che rileva Parmalat nel 2011, Lvmh che compra Bulgari e Loro Piana: dalla finanza ai beni di lusso, le acquisizioni da parte di aziende francesi in Italia sono un fenomeno sempre più diffuso e che sposta gli equilibri di mercato verso Parigi. La crisi economica ha fatto la sua parte, colpendo in modo più grave il tessuto imprenditoriale italiano (quello della piccola-media impresa) rispetto a quello transalpino. Le affaticate aziende italiane, al prezzo dell’autonomia, sono state così risanate da terzi e poste in condizioni di maggiore produttività. Ma il risultato percepito, soprattutto a livello mediatico, è quello di ‘un attacco al Made in Italy, di un’invasione economica della Francia che contribuisce ad alimentare un sentimento di minaccia esterna che si sposa perfettamente con la propaganda gialloverde.
Fig. 3 – Sarebbe stato proprio il richiamo dell’ambasciatore francese da Roma ad aver fatto saltare la proposta di acquisizione di Alitalia da parte di Air France-Klm
QUALE FUTURO PER LE RELAZIONI ITALO-FRANCESI?
I sintomi sono presenti a più livelli. Messo in tensione da forze esogene difficili da affrontare (dalla crisi economica e politica al fenomeno migratorio), il nostro Paese sta sviluppando un senso di inferiorità e rivendicata diversità rispetto alla Francia. sentimento sfociato nelle fratture degli ultimi mesi. Le differenze si notano, le uguaglianze si danno spesso per scontate. L’altro lato della medaglia sono i decenni di cooperazione internazionale, l’area Schengen, uno spillover turistico dalla Normandia alla Sicilia (circa 12 milioni di visitatori all’anno secondo la Farnesina). Tutto questo porta, sull’asse Roma-Parigi, a una commistione di stili di vita radicata e difficile da mettere completamente in discussione. Senza cadere negli stereotipi, l’immagine della riconciliazione è quella di Mattarella e Macron sulla tomba di Leonardo, lo scorso 2 maggio ad Amboise: i due Capi di Stato di Italia e Francia, uniti nel ricordo del genio e nella speranza di un futuro comune. Staremo a vedere se i loro popoli li seguiranno.
Francesco Gottardi