In 3 sorsi – Che le relazioni tra Georgia e Russia siano estremamente complesse non è un mistero e la nuova ondata di tensione tra Tbilisi e Mosca allontana con decisione i già fragili spiragli di dialogo. Per il Paese caucasico si prospetta un futuro incerto, tra identità e Istituzioni politiche in crisi da un lato e aspirazioni europeistiche dall’altro.
1. PERCHÈ ORA?
Il 20 giugno 2019 si è tenuta a Tbilisi, nella sede del vecchio Parlamento georgiano, la 26ma Conferenza interparlamentare sull’Ortodossia, evento internazionale per il Cristianesimo orientale. L’Assemblea è presieduta da Sergej Gavrilov, deputato della Duma russa (KPRF), nonché Presidente di questo consesso politico-religioso. Già la preparazione e l’avvicinamento all’incontro hanno destato notevole apprensione. La tensione tra Tbilisi e Mosca per le irrisolte questioni abcase e ossete, infatti, ha subito alimentato la reazione dei cittadini, sdegnati dalla presenza di un rappresentante di un Paese definito “occupante” all’interno delle proprie Istituzioni e, ancor di più, inferociti per l’intervento di Gavrilov in russo dal seggio dello speaker del Parlamento. La sera stessa, una vasta folla si è radunata di fronte al palazzo, scandendo slogan antirussi e richiedendo apertamente le dimissioni del Presidente del Parlamento, Irakli Kobakhidze, e del parlamentare responsabile dell’invito di Gavrilov, Zakari Kutsnashvili. Ben presto gli animi si sono accesi e, alle prime forzature del cordone di sicurezza, le forze di polizia massicciamente dispiegate hanno reagito duramente, usando lacrimogeni e proiettili di gomma. A seguito dei violenti scontri, si sono contati 240 feriti e 305 arresti.
Fig. 1 – Tafferugli tra dimostranti e polizia davanti alla sede del vecchio Parlamento di Tbilisi, 20 giugno 2019
2. LE REAZIONI
Kobakhidze si è dimesso il giorno seguente, ma l’atto non è bastato a placare le proteste, esacerbate dai tafferugli con la polizia. Così, anche il 21 giugno la popolazione si è raccolta numerosa di fronte al Parlamento, chiedendo la destituzione del Ministro dell’Interno, Giorgi Gakharia, ritenuto responsabile per la dura reazione delle forze di sicurezza. Inoltre sono stati richiesti il rilascio dei manifestanti arrestati e l’introduzione di un sistema elettorale proporzionale puro, in vista delle prossime elezioni parlamentari, previste per ottobre 2020. I raduni sono proseguiti per tutte le sere successive e si sono svolti in maniera assolutamente pacifica. Il Governo di Tbilisi, tramite il premier Mamuka Bakhtadze, ha espresso per ora un moderato mea culpa, bilanciando la legittimazione di alcune richieste e il rigetto di altre accuse. Oltre il confine, Mosca ha duramente condannato le proteste, pretendendo scuse ufficiali e mettendo in guardia i propri cittadini presenti in Georgia. Inoltre, Vladimir Putin ha decretato la sospensione di tutti i collegamenti aerei dalla Russia per Tbilisi, in vigore dall’8 luglio. La mossa è chiaramente mirata a colpire un settore chiave dell’economia georgiana: il turismo. Disincentivare l’afflusso dei numerosi cittadini russi verso la Repubblica caucasica potrebbe portare serie ripercussioni economiche per quest’ultima.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Le proteste continuano nella capitale georgiana, 22 giugno 2019
3. QUALI PROSPETTIVE?
La trasversalità della piazza e gli eventi mostrano chiaramente come le proteste abbiano assunto un’ampia dimensione politica. Sotto accusa c’è tanto l’“occupante” russo, quanto la classe dirigente nazionale, in primis Sogno Georgiano (SG) e il suo patron miliardario Bidzina Ivanishvili. In merito a Mosca, l’ulteriore inasprimento dei rapporti e le conseguenti possibili ricadute economiche sono un rischio palpabile e deleterio per qualsiasi dialogo futuro. Sul fronte interno, la Georgia deve ancora fare i conti con Istituzioni democratiche fragili e poco “mature”, in cui la scena politica dominata da SG non offre alternative né opposizioni credibili. È difficile dire se il malcontento porterà a una nuova “rivoluzione”: se il sentimento antirusso è largamente diffuso in tutto il Paese, non si può dire lo stesso della mobilitazione civica fuori dalla Capitale. Tuttavia, l’attivismo dei manifestanti ha portato il Governo a cedere su varie richieste, compreso il nuovo sistema elettorale.
Mattia Baldoni