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Climate Action Summit, tra luci e ombre

In 3 sorsi Il Climate Action Summit ha avuto uno straordinario successo mediatico, ma non sul fronte dei risultati ottenuti e degli impegni presi, soprattutto da parte delle tre principali potenze economiche, Cina, India e Stati Uniti.

1. PERCHÉ IL CLIMATE ACTION SUMMIT

AntĂłnio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, nel suo discorso introduttivo ha dichiarato che il Summit, svoltosi all’interno della 74° Assemblea generale (UNGA 2019), nasce per portare azioni concrete che permettano di ridurre drasticamente le emissioni entro il 2020 e arrivare a zero emissioni entro il 2050. L’emergenza climatica è un fatto reale che mette in pericolo la sopravvivenza di milioni di persone. In un rapporto diffuso dalla Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (IFRC) si stima che la popolazione che avrĂ  necessitĂ  di aiuti umanitari raddoppierĂ  da qui al 2050 proprio come conseguenza dei cambianti ambientali. L’innalzamento dei livelli del mare, gli incendi, gli eventi climatici catastrofici, l’avanzata della desertificazione in molte zone del pianeta sono avvenimenti a cui assistiamo in maniera crescente. Gli scienziati sono unanimi nell’affermare che un aumento della temperatura terrestre superiore a 2,5° arrecherebbe danni irreparabili al nostro ecosistema. Per questa ragione occorre passare dalle intenzioni ai fatti.

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Fig. 1 – Un ragazzo attraversa una strada allagata nel sudest della Nigeria

2. PROTAGONISTI E COLPI DI SCENA

I grandi protagonisti del Climate Action Summit, soprattutto a livello mediatico, sono stati due: i giovani, rappresentanti dall’attivista Greta Thunberg, e il Presidente USA Donald Trump, che si è presentato a sorpresa – poichĂ© privo di un piano climatico, non era stato invitato a partecipare al Summit – durante il discorso del premier indiano, Narendra Modi. Trump, che ha deciso di ritirare gli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi, continua a negare l’interconnessione tra cambiamenti climatici e azione antropica, e anzi ha giĂ  cambiato 45 norme sull’ambiente, per esempio reintroducendo l’utilizzo di pesticidi considerati mortali per le api e togliendo i limiti alle emissioni di CO2. L’intervento di Greta è stato un vero j’accuse verso i leader del settore pubblico e privato per il furto di futuro nei confronti delle nuove generazioni nel mito di una crescita economica eterna. Il 20 settembre, a un giorno dall’apertura del Summit, il movimento Fridays for Future ha indetto un grande sciopero proprio davanti alla sede dei lavori. Le proteste si sono prolungate fino al 27 settembre con la partecipazione di piĂą di 7 milioni di persone da 185 Paesi.

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Fig. 2 – Dimostranti davanti a Washington DC chiedono un “Green New Deal”

3. QUALE BILANCIO?

Il Climate Action Summit ha rappresentato una tappa importante verso la COP25 che si sarebbe dovuta svolgere in Cile a dicembre 2019 e che, a causa delle proteste delle ultime settimane, si svolgerĂ  a Madrid. Dall’incontro sono emersi alcuni risultati positivi. Ad esempio, la premier tedesca Angela Merkel ha sottolineato che la Germania, da sempre un Paese in prima linea nella tutela ambientale, raddoppierĂ  gli investimenti nella green economy. Nel suo discorso conclusivo Guterres ha rilasciato alcuni dati che fanno ben sperare: 70 Stati sono determinati ad aumentare il loro impegno entro il 2020 e piĂą di 100 leader del settore privato accelereranno la loro conversione verso la sostenibilitĂ  ambientale. L’appello di interrompere la costruzione di nuove centrali elettriche a carbone dopo il 2020 resta una delle sfide piĂą importanti, dato che il carbone è alla base di molte economie emergenti. Rimangono forti perplessitĂ  sul risultato del Summit: Cina, Stati Uniti e India non hanno preso un impegno forte per combattere l’emergenza. Modi, pur affermando che l’India raddoppierĂ  la produzione di combustibili non-fossili e investirĂ  maggiormente in energie rinnovabili, non si è espresso sul tema del carbone, ancora molto impiegato nella societĂ  indiana. Senza un reale impegno da parte di queste economie, gli obiettivi posti dall’Accordo di Parigi non potranno essere raggiunti. Tuttavia, mai come oggi la societĂ  civile comprende l’importanza di agire, qui e ora, per la salvaguardia del pianeta. Forse i leader politici saranno piĂą determinati quando una scarsa responsabilitĂ  verso l’ambiente porterĂ  anche a una perdita di consensi elettorali.

Ilaria Messori

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Ilaria Messori
Ilaria Messori

Classe 1984, ho due lauree in ambito linguistico e economico. Sempre in cerca di nuovi progetti, viaggiatrice per hobby e per lavoro, cerco di capire la diversità culturale e amo comunicare con persone di tutti gli angoli del pianeta. Il Caffè Geopolitico è una grande opportunità per approfondire tematiche che mi appassionano, quali ad esempio l’emergenza climatica e la tutela dei diritti dei popoli nativi.

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