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Elezioni in Burundi: tra democrazia e (in)stabilitĂ 

La lunga stagione elettorale attesa in Burundi dal 2005 volge al termine in un clima di tensione, assenza di trasparenza, intimidazioni e violenze. Quale futuro per questo stato stremato da una più che decennale guerra civile?

Bujumbura, Burundi, 11/8/2010

È dalla fine di maggio che gli elettori burundesi sono chiamati alle urne a cadenza mensile per eleggere i consiglieri comunali, il presidente , i deputati e i senatori (Foto sopra: il Presidente della Repubblica Pierre Nkurunziza durante l’ultimo comizio elettorale a Bujumbura prima delle elezioni presidenziali; M.Travaglianti). I consiglieri delle più piccole amministrazioni sono attesi invece per gli inizi di settembre, in un clima che resta ogni giorno più teso. Questo ciclo elettorale lungo quattro mesi, atteso con ottimismo dalla popolazione e dalla comunità internazionale, è stato segnato invece da boicottaggi, granate, arresti, e ostruzionismo della Commissione Elettorale. Un bilancio non proprio roseo per questo piccolo paese dell’Africa orientale, adombrato da Congo, Ruanda e Tanzania, che inizia oggi a riprendersi dopo 13 anni di guerra civile.

Le elezioni, le seconde dopo quelle del 2005 seguite agli accordi di pace di Arusha, e le prime dopo la demobilizzazione di tutti i gruppi ribelli, erano iniziate con 24 partiti politici, un dibattito intenso e la presenza di una stampa pluralista che aveva donato a tutti la speranza che, dopo la pace, si potesse raggiungere anche la democrazia. Ancora prima del vicino Ruanda del dittatoriale Kagame, dove, come dicono qui, “sono ancora nel medioevo”.

E invece pace e democrazia si sono scontrate, lasciando da un lato la comunità internazionale a favorire la prima, e l’opposizione a favorire, chiaramente, la seconda. Ad oggi, nessuna si è ancora assestata. 

PRIMI RISULTATI E CONTESTAZIONI – Il CNDD-FDD, ex- movimento ribelle Hutu durante la guerra e attualmente partito al potere, ha mantenuto la sua posizione di supremazia. Secondo i risultati ufficiali delle elezioni comunali di fine maggio, infatti, ha ottenuto il 64% dei voti, seguito a larga distanza da FNL, altro gruppo ribelle trasformato in partito politico appena un anno fa, dall’UPRONA, storico partito unico a dominanza Tutsi, dal Sahwanya FRODEBU, erede del partito del primo presidente Hutu eletto democraticamente nel 1993 e subito dopo ucciso, e dall’MSD, nuova formazione guidata dall’ex-giornalista Alexis Sinduhije.

Questi ultimi, che dietro le quinte si aspettavano risultati molto migliori, contestano aspramente lo scrutinio e, chiedendo lo scioglimento della Commissione Elettorale e la ripetizione delle elezioni, annunciano di boicottare quelli successivi.

D’altro canto, le Ambasciate invitano ad andare avanti. Sebbene alcuna frode non sia stata ad oggi provata, la mancanza di affissione immediata dei risultati nei seggi elettorali, la scoperta di urne ancora chiuse a distanza di giorni, e la reticenza della Commissione Elettorale a spiegare ritardi e irregolarità non ha certo aiutato la credibilità dello scrutinio.

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GLI SCRUTINI SUCCESSIVI – Il risultato e’ una campagna per le presidenziali ridotta ad un partito unico, disturbata da granate notturne in tutto il paese, da arresti e assassinii mirati di personalità della stampa e della politica, e dagli sforzi, vani, della comunità internazionale a far rientrare tutti gli attori in campo. 

(Foto: uno dei seggi elettorali a Bujumbura Mairie durante le elezioni presidenziali; M.Travaglianti)

Lo scrutinio presidenziale di giugno si svolge nella calma, accompagnato da polemiche sul tasso di partecipazione, che ha raggiunto in molte aree “picchi bulgari” sopra il 90%. Infatti per l’opposizione l’astensionismo era la strategia per mostrare a tutti il numero effettivo di voti, e se a due ore dalla chiusura dei seggi spesso meno della metà degli aventi diritto al voto si era recata a votare, come spiegare il successo di partecipazione presentato dalle stime ufficiali?

A luglio arriva infine l’elezione dei deputati. Con i termini per la presentazione delle candidature continuamente procrastinati per permettere all’opposizione di rientrare, e continui arresti di membri dell’opposizione, lo scrutinio legislativo è ufficialmente multipartitico. Ma a parte l’UPRONA, che gode di una base elettorale specifica e che beneficerà delle quote etniche previste da Arusha, tutti gli altri sono partiti che hanno raggiunto appena una manciata di voti alle comunali, e che non fanno quasi campagna elettorale. I senatori vengono eletti dai consiglieri comunali pochi giorni dopo con elezioni indirette.

IN ATTESA DELL’ULTIMO SCRUTINIO – Dopo quattro scrutini, la missione di osservazione dell’Unione Europea ha condannato l’assenza di trasparenza della Commissione Elettorale nella gestione dei risultati delle varie tornate elettorali, la sua mancanza di volontà a rimediare a tali problemi, e i tentativi continui di ridurre la libertà di espressione e di riunione. E, ad oggi, il Burundi si trova con lo stesso presidente del 2005 eletto per acclamazione popolare, un parlamento con una maggioranza dell’80%, e un gruppo folto di partiti politici che non riconoscono i risultati delle elezioni ed annunciano di fare opposizione extra-parlamentare per i prossimi cinque anni. A ciò si aggiunge che due importanti leader dell’opposizione (Nyangoma del CNDD e Sinduhije dell’MSD) sono in esilio da settimane per ragioni di sicurezza personale, il leader dell’ex movimento ribelle FNL è latitante da mesi col sospetto che stia preparando una nuova insurrezione, e salgono i rumori di defezioni nell’esercito. E c’è già chi parla di guerra.

Da Bujumbura, Burundi, Manuela Travaglianti [email protected]

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