Analisi – Negli ultimi anni nuovi attori si sono uniti al campo della governance ambientale in Cina. Più recentemente anche uffici fiscali locali e polizia hanno iniziato a svolgere un ruolo significativo nelle attività di controllo ambientale.
LA DIMENSIONE INTERNA: LEGGI, RIFORME E TECNOLOGIA
La legge fiscale sulla protezione ambientale del 2018 assegna agli uffici fiscali locali la responsabilità della riscossione di questa tassa ambientale, che sostituisce il precedente sistema di imposte sullo scarico di inquinanti gestito dagli uffici locali di protezione ambientale (Environmental Protection Bureau, EPB). Lo scopo di questa riforma è stato di costringere i Governi locali a smettere di sfruttare le scappatoie e proteggere le imprese inquinanti che contribuivano maggiormente alle entrate fiscali locali e all’occupazione. Ciò rende però gli EPB più dipendenti dai Governi locali, poiché perdono le entrate della tassa sull’inquinamento.
La Cina ha poi introdotto numerosi meccanismi di applicazione per rafforzarne il controllo. Secondo la revisione della legge sulla protezione ambientale del 2014, le società inquinanti affrontano un sistema più rigoroso, con sanzioni senza tetto massimo e multe minime più elevate. I funzionari del Governo locale possono essere ritenuti penalmente responsabili in caso di mancata pena per chi inquina: se una volta le Autorità superiori chiudevano un occhio sul mancato raggiungimento da parte dei funzionari locali degli obiettivi di tutela ambientale, tali infrazioni spesso comportano oggi punizioni severe.
Un ultimo cambiamento significativo è l’uso della tecnologia digitale nella gestione ambientale. Nel 2016 l’allora Ministero della Protezione Ambientale (Ministry of Environmental Protection, MEP) ha annunciato la costruzione di una piattaforma nazionale per i big data ecologici entro il 2021. Questa piattaforma mira a centralizzare la gestione dei dati, unendo e unificando diverse fonti e sviluppando le infrastrutture necessarie. La piattaforma del Ministero dell’Ecologia e dell’Ambiente (Ministry of Ecology and Environment, MEE) si occuperà di gestione e applicazione dei big data ambientali tramite un sistema cloud. Al momento i progressi nell’integrazione degli approcci ai big data nella governance ambientale differiscono significativamente per ogni questione: nel campo della qualità dell’aria, ad esempio, il MEE ha già stabilito analisi basate su dati raccolti da varie fonti e modelli predittivi. Questa piattaforma funge da sistema di allerta precoce per gravi concentrazioni di smog, ma è al momento alle prese con problemi di qualità e coerenza dei dati che risultano incompleti e imprecisi, nonché con l’insufficiente coordinamento tra le fonti.
Fig. 1 – L’allora viceministro della Protezione Ambientale Li Ganjie (oggi Ministro dell’Ecologia e dell’Ambiente) alla 25ma sessione del Global Ministerial Environmental Forum del 2009, tenutasi alla sede centrale dell’UNEP a Nairobi
LA DIMENSIONE INTERNAZIONALE: UNEP E SUSTAINABLE DEVELOPMENT GOALS
In Cina il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (United Nations Environmental Programme, o UNEP) è attuato tramite il MEE. La funzione principale dell’UNEP è quella di valutare e monitorare la situazione a livello globale e formulare politiche di protezione ambientale, ma aiuta anche i Paesi in via di sviluppo e fornisce assistenza in relazione a specifici problemi ambientali. La Cina ha rapidamente istituito una missione nell’UNEP, che d’altra parte ha svolto un ruolo importante nella creazione di istituzioni ambientali nel Paese. Nel 2017 il Ministro dell’Ecologia e dell’Ambiente Li Ganjie ha firmato un accordo di cooperazione strategica con il direttore esecutivo delle Nazioni Unite per l’ambiente Erik Solheim.
La protezione dell’ambiente è poi fondamentale per gli obiettivi di sviluppo sostenibile, creati nel 2015 per migliorare la qualità generale della vita. Analizzando i risultati raggiunti in alcuni di questi obiettivi l’impegno cinese è evidente.
Per contrastare la fame la Cina ha implementato strategie di produzione di colture alimentari basate sulla migliore gestione dei terreni agricoli, mantenendo stabile la produzione nazionale di grano. La questione della gestione dei rifiuti agricoli è stata affrontata costruendo zone pilota, rafforzando la prevenzione e il trattamento dell’inquinamento per promuovere l’agricoltura sostenibile.
Per l’energia si è puntato all’ampliamento dell’accesso all’elettricità. Si sta inoltre cercando di superare l’uso di carbone con misure per assicurare una diversità di risorse nella produzione energetica, promuovendo lo sviluppo di energia rinnovabile e pulita e l’uso dei new energy vehicles (NEV, auto elettriche ad alta tecnologia).
La Cina ha poi tracciato delle linee guida per la tutela degli ecosistemi marini, attuando un sistema integrato per la loro gestione. L’area totale delle riserve è stata ampliata, migliorando le capacità di protezione e sviluppo delle risorse marine. Progressi positivi sono stati raggiunti anche attraverso la trasformazione del modello di crescita e l’adeguamento strutturale del settore della pesca.
Relativamente alla terraferma è stato istituito un sistema di protezione per le zone umide con un meccanismo di tutela e ripristino delle aree degradate, con notevoli risultati. Si è poi incentivato il recupero dei terreni agricoli e dei pascoli riconvertiti in foreste, vietato qualsiasi disboscamento commerciale delle foreste naturali e rafforzato il ripristino degli habitat, con risultati positivi nella protezione della fauna e della flora in pericolo.
Fig.2 – I Sustainable Development Goals mirano a risolvere un’ampia gamma di problematiche riguardanti lo sviluppo economico e sociale di tutto il mondo. | Fonte: United Nations Development Programme (UNDP)
VOLONTÀ E SFIDE NELLA GOVERNANCE AMBIENTALE: IL FUTURO DEL DRAGONE
Nel 2016 la COP21 di Parigi sui cambiamenti climatici ha visto il ritiro di un importante attore globale, gli USA. La mancanza di impegno nei confronti delle questioni ambientali e climatiche che il Paese ha dimostrato sotto l’Amministrazione Trump offre alla Cina l’opportunità di emergere come nuovo portatore di standard internazionali di questi temi.
Pechino però ha cercato di rafforzare la propria immagine sulla protezione ambientale globale già dal 2015, quando la Chinese State Forestry and Grassland Administration ha organizzato il 1° Forum mondiale sulla governance degli ecosistemi, con l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). Nel 2018, il 2° Forum ha enfatizzato l’importanza della governance degli ecosistemi per lo sviluppo sostenibile, chiedendo uno sforzo congiunto per rafforzare la valutazione del capitale naturale e dei servizi ecosistemici, l’integrazione della gestione degli ecosistemi urbani e rurali, nonché innovazione e impegno pubblico per la governance degli ecosistemi.
La Cina deve però affrontare sfide complesse, di cui la decarbonizzazione rimane la più importante. La sua forma di Governo potrebbe essere un vantaggio nel prendere decisioni su questioni strategiche: tuttavia, ciò richiede un alto grado di coordinamento e una partecipazione significativa a tutti i livelli. Lo sviluppo a basse emissioni di carbonio potrebbe essere in conflitto con altri importanti obiettivi in ogni Stato, ma in Cina la stabilità economica (e quindi politica) rimane la preoccupazione principale: l’obiettivo delle basse emissioni dovrà quindi competere costantemente con essa. La decarbonizzazione dipenderà inoltre dall’impegno locale, in quanto le città hanno un ampio potenziale per contribuire alla mitigazione del clima a causa delle loro dimensioni e del loro numero. Altre sfide riguardano l’applicazione irregolare della legge e una serie di problemi di trasparenza e accuratezza, in particolare nei dati relativi al carbonio e all’energia. Un forte approccio alla decarbonizzazione richiederebbe il sostegno della popolazione, non solo passivamente, ma anche adottando nuove pratiche quotidiane. Questo complesso sforzo è già visibile nei sistemi democratici pluralistici, ma anche il sistema cinese non sfuggirà nel lungo termine a queste sfide.
Il ruolo della Cina nel finanziamento globale dell’energia, i suoi investimenti nei Paesi dell’Artico e la Belt and Road Initiative potrebbero essere in ultima analisi più influenti rispetto a qualsiasi politica ufficialmente identificata per favorire la protezione ambientale.
Andrea Angelo Coldani
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