In 3 sorsi – La caduta del regime di Bashar Al-Assad in Siria ha segnato una svolta significativa nel panorama geopolitico del Medio Oriente, suscitando forti preoccupazioni a Pechino. La Cina, che negli ultimi anni aveva consolidato una relazione strategica con il Governo di Assad, vede ora vacillare alcuni dei suoi interessi chiave nella regione, ponendo nuove sfide alla sua politica estera.
1. IL LEGAME STRATEGICO PECHINO-DAMASCO E PRIME REAZIONI
Sin dalla fine degli anni Cinquanta, la Siria è stata uno dei primi Paesi a riconoscere la Repubblica Popolare Cinese, stabilendo una lunga tradizione di cooperazione diplomatica. Negli ultimi anni, Assad aveva intensificato i legami con Pechino, aderendo alla Belt and Road Initiative (BRI) e sostenendo le principali iniziative multilaterali cinesi. La visita di Assad in Cina nel 2023 era stata un chiaro segnale di questo partenariato strategico, durante la quale Pechino si era impegnata a sostenere la Siria nel contrastare le interferenze esterne e a promuovere la stabilità regionale.
Di fronte alla caduta di Assad, la reazione della Cina è stata misurata. Pechino ha ribadito la necessitĂ di una soluzione politica inclusiva per ristabilire l’equilibrio in Siria. Al tempo stesso, ha cercato di prendere le distanze dal regime di Assad, presentandosi come un attore pragmatico e aperto al dialogo con tutte le parti coinvolte nel conflitto. Questa posizione riflette un approccio realistico: da un lato, Pechino vuole preservare i legami storici con la Siria e garantire la protezione dei suoi cittadini e investimenti; dall’altro, cerca di mantenere la flessibilitĂ necessaria per adattarsi al nuovo scenario politico senza compromettere la sua immagine di mediatore neutrale.
Fig. 1 – Bashar al-Assad insieme all’allora Presidente cinese Hu Jintao durante la sua visita a Pechino nel giugno 2004
2. LE IMPLICAZIONI PER GLI INTERESSI ECONOMICI E DI SICUREZZA DELLA CINA
Dal punto di vista economico, la Siria rappresentava per la Cina un partner importante nella regione, soprattutto grazie ai progetti infrastrutturali legati alla BRI. Tra questi, i porti di Tartus e Latakia avevano un ruolo chiave nel garantire l’integrazione della Siria nelle rotte commerciali globali. Tuttavia, la guerra civile ha interrotto molti di questi progetti, e la caduta del Governo di Assad rischia di allontanare ulteriormente la Cina dai benefici previsti.
Un altro aspetto cruciale per Pechino è la sicurezza. La Siria, durante il conflitto, è diventata un centro di addestramento per gruppi armati, tra cui il Partito Islamico del Turkestan (PIT), composto da militanti uiguri provenienti dalla regione autonoma cinese dello Xinjiang. La Cina teme che il caos in Siria possa favorire il ritorno di combattenti radicalizzati sul proprio territorio o il rafforzamento di reti terroristiche capaci di colpire i suoi interessi all’estero, come accaduto in passato in Pakistan e Kirghizistan.
Fig. 2 – Manifestazione di attivisti e politici uiguri a Washington nel novembre 2022. La presenza di molti militanti uiguri tra le fila dei ribelli siriani che hanno sconfitto Assad preoccupa molto Pechino
3. UN FUTURO INCERTO
La caduta del regime di Assad apre una nuova fase di incertezza per la Cina in Medio Oriente. Pur avendo dimostrato abilità nell’adattarsi a scenari complessi, Pechino dovrà affrontare sfide significative per proteggere i suoi interessi economici, contrastare le minacce alla sicurezza e mantenere il suo ruolo di attore influente nella regione. La vicenda siriana potrebbe rivelarsi un banco di prova cruciale per le ambizioni globali della Cina, evidenziando al contempo la necessità di un approccio ancora più pragmatico e flessibile nella gestione delle crisi internazionali.
Raffaele Gallo
“against the massacres of civilians in Syria” by Jeanne Menjoulet is licensed under CC BY