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Hanoi accende il motore

Da Hanoi – Con 89 milioni di abitanti ed un prodotto interno lordo di 93 miliardi di US$ nel 2010, la terra dei Vietcong diventa a pieno titolo un middle-income country. Dopo l’entrata nel WTO nel 2007, il Vietnam sembra non aver nulla da invidiare ai suoi vicini di casa asiatici. Il "Caffè", direttamente dalla capitale vietnamita, vi porta a scoprire questo interessante Paese

UN SORSO DI STORIA – Quando il carro armato T-55 sovietico del Fronte per la Liberazione Vietnamita sfondò trionfalmente i cancelli del Palazzo d’Indipendenza di Saigon il 30 aprile del 1975, non ci si poteva certo immaginare che, a trentacinque anni di distanza, il Vietnam si sarebbe proposto come una tra le più promettenti economie di mercato dello scenario asiatico.

La tanto aspirata riunificazione, ottenuta col sangue e motivo di grande orgoglio per il popolo Vietnamita, era destinata ad essere solo l’inizio di un lungo percorso verso la piena affermazione nazionale. Nonostante avesse dimostrato di meritare l’indipendenza, la giovane Repubblica Socialista del Vietnam si ritrovò di fronte a più di 3 milioni di perdite, un territorio martoriato dai bombardamenti, gravemente contaminato dagli agenti chimici, privo di risorse e isolato dal punto di vista economico.

LA CORSA VERSO IL RINNOVAMENTO – Nel 1986 il governo, guidato dal CPV (Partito Comunista del Vietnam), decise di lanciare la politica economica conosciuta come Doi Moi (rinnovamento) con lo scopo di convertire il sistema centralizzato di matrice comunista in un’economia orientata al mercato.

La manovra si collocava sulla scia dei successi di altri paesi Asiatici come il Giappone, all’epoca secondo solo agli Stati Uniti; le tigri (Hong Kong, Singapore, Taiwan e Corea del Sud) che registravano tassi di crescita a due cifre e la nuova Cina di Deng Xiaoping, che si accingeva ad aprire le sue porte al mercato globale.

Il Doi Moi fu il primo passo che condusse il Vietnam attraverso una serie di riforme e accordi internazionali come l’entrata nell’ASEAN nel 1995 e la firma del FTA con gli Stati Uniti nel 2001. La tumultuosa corsa del paese verso il benessere, culminò l’11 gennaio del 2007, quando, dopo dodici anni di trattativa, diventò ufficialmente il 150esimo membro del WTO.

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LA SFIDA WTO – L’obiettivo WTO fu un’ulteriore molla di profondo cambiamento: dal 1995 al 2007 il prodotto interno lordo è cresciuto a un tasso medio annuale del 7.5%, attraverso il potenziamento dell’industria (soprattutto nel settore manifatturiero) e la crescente efficienza nella produzione di materie prime per l’export come riso, caffè, gomma e pepe.

Il governo ha dimostrato notevole flessibilità e impegno verso lo svecchiamento della struttura legislativa; sforzo che permette oggi agli investitori esteri di avviare un’attività attraverso una procedura più snella e con il sostegno di numerosi incentivi fiscali.

Il paese sembra dunque una grande promessa. Un recente studio di John Hawksworth (Price Water House Coopers) stima che di questo passo l’economia Vietnamita supererà quella Italiana nel 2050, collocandosi prima in Asia per tasso di crescita atteso.

In realtà le opinioni sul futuro del paese sono contrastanti. Se da una parte si pensa che il Vietnam sia sulla buona strada per diventare il nuovo gioiellino Asiatico, dall’altra gli scettici si domandano se l’economia sia abbastanza solida da competere a livello globale nel lungo periodo (la teoria del middle-income trap). WTO significa maggiore apertura sia in termini di volumi di produzione, che di maggiore esposizione ai prezzi delle commodities e agli shock dell’economia globale, specialmente per chi, come Hanoi, vanta USA e Cina tra i suoi principali partner commerciali. Un primo assaggio si è già avuto con la crisi, che nel 2008 ha “regalato” al Vietnam un rallentamento di oltre 2% sulla crescita del GDP. Altre difficoltà riguardano la scarsa qualità di infrastrutture, educazione e sistema sanitario, che insieme alla corruzione dilagante, costituiscono un freno allo sviluppo e al corretto utilizzo della nuova regolamentazione, soprattutto a livello locale.

OGGI – La scorsa settimana, in un torrido 2 settembre, Hanoi festeggiava l’indipendenza nazionale. Mentre migliaia di vietnamiti si accalcavano nelle strade, gli ufficiali del governo prendevano appunti per le celebrazioni che si terranno di qui ad un mese, in occasione del millenario della capitale. Nel frattempo il governo si prepara a varare il nuovo piano quinquennale il prossimo gennaio, che dovrebbe portare il GDP a 200 miliardi di US$ nel 2015.

Vedremo se ancora una volta il Vietnam saprà stupire come sul campo di battaglia: ora le armi non sono più i carri armati sovietici e cinesi e la rete di cunicoli dei Vietcong, ma gli indicatori macroeconomici, il sistema industriale e le politiche del governo.

Valeria Giacomin (da Hanoi)

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Valeria Giacomin
Valeria Giacomin

Laurea Triennale in Finanza presso l’università Bocconi nel 2009, Double Degree in International Management con la Fudan University di Shanghai tra il 2009 e 2011 e master di secondo livello in Economia del Sud Est Asiatico presso la SOAS di Londra nel 2012. Più di due anni in giro per l’Asia e gran voglia di avventura. Tra il 2010 e il 2012 ho lavorato in Vietnam come analista, a Milano come giornalista e a Città del Capo presso una compagnia e-commerce.
Le mie aree d’interesse sono il commercio internazionale, business development e dinamiche di globalizzazione nei paesi emergenti, in particolare nel settore delle commodities agricole.
Dal 2013 sono PhD Fellow in Danimarca presso la Copenhagen Business School. Sto scrivendo la mia tesi di dottorato sull’evoluzione del mercato dell’olio di palma in Malesia e Indonesia e più in generale seguo progetti di ricerca sul settore agribusiness in Sudest Asiatico.

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