In 3 sorsi – Il coronavirus sembra allentare la morsa sulla Serbia, che da lunedi 4 maggio non è più in quarantena. Ciò che ora preoccupa è la “febbre” per le imminenti elezioni politiche, indette dal Presidente Vučić per il prossimo 21 giugno.
1. PROTESTE E CONTROPROTESTE
Nell’ultimo periodo di quarantena, gli attivisti dell’associazione Ne davimo Beograd (Non soffochiamo Belgrado) hanno organizzato una protesta, la stessa che si era spontaneamente diffusa fra i cittadini al tempo in cui governava Slobodan Milošević: alle 20.05, dopo l’applauso al personale medico e paramedico, le persone si sono per più giorni consecutivi affacciati alle finestre dei propri appartamenti (in cui erano rinchiusi dalle 18 alle 5 del mattino del giorno successivo per via del coprifuoco) e con fischietti e pentole sbattute l’una contro l’altra hanno manifestato la propria opposizione alla politica di Vučić. I sostenitori del Presidente, dal canto loro, hanno risposto alle proteste in maniera alquanto violenta: con una vera a propria organizzazione militare, alcuni simpatizzanti del partito progressista guidato dallo stesso Vučić (SNS, Srpska Napredna Stranka) sono saliti sui tetti dei grattacieli e degli edifici più alti di Belgrado, Novi Sad e delle altre principali città serbe e hanno acceso fumogeni, fatto scoppiare petardi e diffuso attraverso altoparlanti potentissimi slogan contro il leader dell’opposizione Dragan Đilas.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Manifestazione di protesta dell’opposizione serba contro l’estensione del lockdown, 30 aprile 2020
2. LA CAMPAGNA CONTRO DILAS
La contro-protesta dei membri dell’SNS non è stata certo spontanea, ma organizzata nei minimi particolari: per muoversi liberamente durante il coprifuoco, infatti, i sostenitori di Vučić hanno ottenuto speciali lasciapassare; per entrare nei condomini e raggiungere il tetto hanno dovuto contattare e ottenere l’assenso degli amministratori condominiali; le attrezzature per diffondere gli slogan contro Đilas sono state fornite da una ditta vicina a Željko Mitrović, il padrone del network televisivo Pink che ospita quotidianamente il Presidente e i Ministri del Governo Brnabić. Gli slogan hanno raggiunto ovviamente anche l’appartamento belgradese di Đilas, che ha implorato – in lacrime – Vučić di abbassare i toni e di smetterla di spaventare la sua famiglia. Nei giorni successivi sono seguiti continui scontri verbali e a volte anche fisici fra i sostenitori del Presidente e quelli dell’opposizione. Il Parlamento si è riunito per abrogare lo stato di emergenza e il coprifuoco e ci sono stati momenti di tensione quando Boško Obradović, il leader del partito Dveri, una formazione nazionalista di estrema destra, ha interrotto la seduta urlando “Abbasso Vučić e Ana (Brnabić)” e schiamazzando con un fischietto.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Lo show parlamentare di Bosko Obradovic, leader del partito di estrema destra Dveri, contro la premier Ana Brnabic, 6 maggio 2020
3. LA CORSA AL VOTO
Vučić ha utilizzato il periodo di emergenza dovuto alla Covid-19 per fare campagna elettorale: la sua presenza in televisione è stata quotidiana. La protesta delle pentole lo ha sicuramente impaurito, per questo ha accorciato l’ultimo coprifuoco, previsto dall’1 al 3 maggio. Il Presidente ha avuto fretta di indire le elezioni per due motivi: vuole approfittare del consenso guadagnato grazie alla lotta alla Covid-19 e spera che l’opposizione non riveda la propria decisione di boicottare la gara elettorale. In realtà Vučić non ha molto da temere, la sua popolarità non è soltanto frutto della massiccia esposizione mediatica, ma anche delle logiche clientelari che dominano il suo partito: la maggior parte di coloro che hanno un posto di lavoro nell’apparato statale, ma non solo, lo deve all’SNS. In più l’opposizione è completamente divisa, lacerata da lotte interne e faide di partito: la Coalizione per la Serbia, che riunisce diversi partiti di opposizione ed è guidata da Đilas, è profondamente divisa e alcuni suoi rappresentanti, come l’ex Presidente serbo Boris Tadić, ritengono che non abbia senso boicottare le elezioni, come era stato deciso prima dell’emergenza Covid-19. La verità è che una vera opposizione in Serbia non esiste. Le parole di Snežana Čongradin sul quotidiano indipendente Danas sono a questo proposito illuminanti: la giornalista, infatti, asserisce che finché a fare opposizione saranno persone estremamente ricche, che non si sono fatte scrupoli di fare affari e arricchirsi durante gli anni Novanta, nulla cambierà in Serbia: il riferimento è a Đilas e alla situazione sociale del Paese, in cui dominano analfabetismo funzionale e povertà e in cui la politica è in mano a soggetti che sembrano non conoscere le reali esigenze della popolazione.
Christian Eccher
“Belgrade waterfront” by sonic182 is licensed under CC BY