In 3 sorsi – Cina e India sono i giganti del continente asiatico. Tuttavia, il desiderio comune di riscattare un passato difficile ha portato le loro strade in direzioni spesso opposte. Sporadici litigi a partire dal 1962 continuano poi a creare incomprensioni e scontri tra i due Paesi nelle zone di confine dell’Himalaya, spesso coinvolgendo anche gli altri Stati della regione.
1. LE PRIME AVVISAGLIE
Un condiviso rigetto del colonialismo è alla base delle prime relazioni sino-indiane. Già all’indomani dell’indipendenza, il Governo indiano cominciò a dialogare con il Partito Comunista Cinese, ma il problema dei confini himalayani venne subito fuori nonostante i “5 punti per una coesistenza pacifica” formulati da Nehru e Zhou Enlai nel 1954 e tuttora al centro delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Questi 5 principi sono: il rispetto reciproco per l’integrità territoriale e la sovranità , la non aggressione, la non interferenza negli affari interni, uguaglianza e benefici reciproci, coesistenza pacifica. Tuttavia, al di là dei buoni propositi, nel 1962 Cina e India diedero vita a un conflitto durato circa un mese. La fine della guerra però segnò un nuovo capitolo nella disputa sui confini: la cessione dell’Aksai Chin alla Cina da parte dello storico alleato Pakistan, a dispetto delle rivendicazioni dell’India, è infatti ancora oggi oggetto di preoccupazione internazionale. Le contestazioni si sono riaccese recentemente, quando nel 2009 l’allora Primo Ministro indiano, Manmohan Singh, si recò nella regione provocando apertamente Pechino, che formalmente amministra quel territorio. L’intera area è infatti considerata dai cinesi come parte del Tibet.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Il premier indiano Narendra Modi durante l’ultimo vertice dei BRICS in Brasile, novembre 2019
2. RECENTI SVILUPPI
Il 9 maggio scorso India e Cina si sono affrontate ancora, questa volta a Naku La, al confine nord dello Stato indiano del Sikkim. Lo scenario dei disordini è quello dell’Himalaya, a circa 5mila metri sopra il livello del mare. Durante regolari pattugliamenti i soldati indiani e quelli cinesi hanno iniziato ad accusarsi reciprocamente di aver varcato il confine del proprio territorio. Di fatto sono stati coinvolti nei tafferugli circa 150 militari da una parte e dall’altra, anche se il tutto si è poi concluso fortunatamente senza l’uso delle armi.
Dopo sole due settimane dagli scontri di Naku La, la diplomazia cinese è a lavoro per cercare di trovare un accordo anche sul fronte del Ladakh, dove l’India sta costruendo una strada lungo la LAC (Line of Actual Control, ovvero la linea di demarcazione tra Cina e India stabilita dopo la guerra del 1962). Sebbene Nuova Delhi sia aperta a una risoluzione diplomatica della questione, essa ha anche fatto sapere che la costruzione della strada andrĂ comunque avanti. La Cina ha così risposto, oltre al tavolo dei negoziati, con il dispiegamento di circa 2.500 soldati nell’area.
Era passato un po’ di tempo dall’ultimo scontro di confine tra India e Cina. Tre anni fa infatti i media internazionali si erano concentrati su un altro confronto sino-indiano a Doklam (Donglang per i cinesi), situato circa 700 chilometri a sud-est di Naku La. Anche in quell’occasione il rischio è stato quello di arrivare a uno scontro generale tra le parti. Il Doklam infatti è un territorio conteso tra la Cina e il Bhutan (apertamente sostenuto dall’India). Oggetto della disputa è stato l’ampliamento di una strada di confine da parte di Pechino. Nuova Delhi temeva infatti che la strada, una volta completata, avrebbe dato accesso alla Cina al corridoio di 20 chilometri che collega 7 Stati dell’India orientale al resto del Paese. Da Pechino invece si sosteneva la legittimitĂ della costruzione di quella strada poichĂ© all’interno del territorio cinese, secondo un trattato del 1890 firmato con l’Impero Britannico. Ne è conseguito un lungo stallo militare e una successiva normalizzazione dei rapporti grazie a negoziati diretti tra Nuova Delhi e Pechino nell’agosto 2017. Intanto, contemporaneamente agli scontri di Naku La, simili attriti si sono verificati tra Nepal e India a causa della realizzazione di un collegamento stradale frontaliero sino-indiano nell’area di Lipulekh, rivendicata parzialmente dal Nepal. L’azione indiana ha provocato aspre proteste da parte di Kathmandu.
Fig. 2 – Proteste in Nepal contro la costruzione di una strada indiana nell’area di Lipulekh, rivendicata in parte da Kathmandu, 12 maggio 2020
3. MODI E XI VOGLIONO COOPERARE
Fin dal primo anno dell’elezione del Primo Ministro Modi, l’India ha cercato di instaurare rapporti costruttivi con il vicinato. Anche Xi Jinping è dello stesso avviso, perché intensificare situazioni di instabilità nell’Himalaya è pericoloso pure per Pechino. Nonostante le recenti tensioni, Modi e Xi hanno quindi trovato nei Border Personnel Meeting (BPM) e nei protocolli di sicurezza un valido espediente per cercare di risolvere gli scontri frontalieri a livello locale. A questi si aggiunge l’operazione “Hand in Hand”, fortemente voluta da Modi per rinsaldare il dialogo con Pechino oltre il tavolo condiviso nei BRICS. Questa esercitazione mira ad aumentare la cooperazione nella lotta al terrorismo. Insomma, tutto lascia pensare che Pechino e Nuova Delhi in realtà vogliano continuare a camminare insieme sulla strada di un’incoraggiante crescita economica.
Massimiliano Giglia
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