In 3 sorsi – “Solo perchè sei un giornalista, non vuol dire che sei esente dall’essere assassinato (…). La libertà di espressione non ti può aiutare, se hai fatto qualcosa di sbagliato”, aveva detto Duterte nel 2016. La problematicità di questa sua vecchia affermazione ha ritrovato forza nella condanna di Maria Ressa e Reynaldo Santos Jr di alcune settimane fa.
1. IL CASO RESSA
Vincitrice di numerosi premi giornalistici, nonché persona dell’anno nel 2018 per Time Magazine, Maria Ressa non si è mai tirata indietro dal criticare il Governo del suo Paese, in particolare la “guerra alla droga” di Duterte. Dopo la condanna per calunnia confermata dal giudice in data 14 giugno, la fondatrice di Rappler è stata rilasciata su cauzione, ma potrebbe arrivare a trascorrere fino a 7 anni in prigione. L’articolo per cui sono stati portati a processo Ressa e Santos Jr si trova tuttora sul sito di Rappler. Pubblicato per la prima volta nel 2012, ed editato nel 2014 per un errore di ortografia, legava l’uomo d’affari Wilfredo Dy Keng, colui che poi ha sporto denuncia, all’ex giudice capo della Corte Suprema, Renato C. Corona, rimosso dall’incarico per corruzione. Un articolo simile pubblicato su PhilStar.co nel 2002 fu rimosso dopo che Keng avrebbe minacciato ritorsioni legali nei confronti della testata. Un tweet, in cui Maria Ressa postava degli screenshot di questo articolo del 2002, sarebbe invece alla base della seconda causa intentata nel febbraio del 2020 contro la giornalista da parte di Keng.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Protesta a sostegno del network ABS-CBN dopo il mancato rinnovo dei suoi diritti di trasmissione a livello nazionale, 5 maggio 2020
2. UN CIRCOLO VIZIOSO?
Per il 2019 le Filippine si trovano al 136° posto (su 180) del Freedom Press Index e rimangono uno dei Paesi più pericolosi per i giornalisti. Il caso più grave della recente storia del Paese, noto come il Massacro di Maguindanao o di Ampatuan, risale al 23 novembre 2009, quando vennero rapite e uccise 58 persone, di cui 32 giornalisti. Negli ultimi 4 anni, da quando Duterte è stato eletto, 16 giornalisti sono stati uccisi, e la maggior parte dei casi rimangono irrisolti. Oltre agli attacchi informatici dei simpatizzanti di Duterte, la stampa si è scontrata con la National Task Force to End Local Communist Armed Conflict, utilizzata come scusa per poter reprimere i media e i giornali con l’accusa di essere fomentatori comunisti. La stessa National Union of Journalists of the Philippines (NUJP) nel novembre 2019 era stata accusata di essere un’organizzazione terroristica, rendendola, agli occhi del pubblico, un nemico dello Stato. A inizio marzo 2020 è stata poi forzata l’interruzione delle trasmissioni del network ABS-CBN, che stava aspettando il rinnovo del contratto per trasmettere sulla rete nazionale: il rinnovo non è mai arrivato e l’emittente è stata infine costretta a interrompere le trasmissioni. Il network continua a operare online e sul satellite, ma la sparizione dalla rete nazionale va a creare un vuoto mediatico in diverse aree del Paese dove ABS-CBN era l’unico canale disponibile.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – La giornalista Maria Ressa poco dopo essere stata condannata per calunnia da un tribunale di Manila, 15 giugno 2020
3. LE REAZIONI INTERNAZIONALI
Gli Stati Uniti, partner strategico delle Filippine, hanno fornito solo un breve commento di tre righe sul caso Ressa, pervenuto quasi 48 ore dopo la condanna della giornalista. L’Unione Europea, dedicando qualche riga in più rispetto alla controparte statunitense, ha sottolineato che l’accaduto crea seri dubbi sull’effettività della libertà di stampa nel Paese. Vista la trazione mediatica internazionale, la risposta del Governo non si è fatta attendere e, durante una conferenza stampa televisiva, il portavoce presidenziale, Harry Roque, ha detto: “[Il Presidente] crede nella libertà di stampa e la sua posizione è che i funzionari governativi non dovrebbero essere troppo sensibili e dovrebbe affrontare le critiche del popolo, specialmente dei media”. Al contempo l’NUJP etichetta l’accaduto come un evento che “ha ucciso la libertà di parola e di stampa”. Diversi istituti ed enti internazionali hanno espresso la loro preoccupazione per l’accaduto, vedendo Ressa come la prima di una lunga serie, come affermato dal Press Freedom Defense Fund. Nella sua battaglia all’Amministrazione Duterte, Ressa è diventata una paladina per la difesa della libertà di stampa in Asia e si teme che la sua condanna possa ispirare anche coloro che, nei Paesi limitrofi, vogliono controllare e limitare quello che i giornalisti possono dire e fare, come per esempio nel caso di Hong Kong.
Natasha Colombo
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