Francia e ONU hanno lanciato in Mali l’Operazione “Hydre”, una missione su vasta scala con lo scopo di evitare la ripresa delle attività islamiste nel Nord del Paese. Tuttora, però, mancano i particolari, a cominciare dalle regioni interessate e dai tempi dell’azione.
OPÉRATION HYDRE – In Mali la guerra non è ancora finita. Le truppe francesi e della missione ONU (MINUSMA), con la collaborazione dell’esercito di Bamako, hanno lanciato una vasta offensiva contro gli islamisti arroccati nel Nordest del Paese. L’Operazione “Hydre”, a lungo pianificata, dovrebbe essere composta da almeno 1.500 uomini, ma ancora non ci sono certezze neppure su quando sarebbe cominciato l’attacco. Inoltre, mancando riferimenti ufficiali, secondo alcune indiscrezioni la missione dovrebbe interessare le aree a ridosso del fiume Niger, nei dintorni di Gao e Timbuctu, ma non è chiaro se ci si spingerà anche verso l’Adrar degli Ifoghas e il Kidal, zone al confine con l’Algeria, una circostanza ammessa, senza conferme, da un ufficiale maliano. Il colonnello Jaron, che ha parlato per conto del comando francese, ha affermato che “Hydre” sia il primo caso di ampio coordinamento tra forze diverse con lo scopo di «mettere sotto pressione i terroristi ed evitare la loro ripresa», sebbene non si tratti, a suo dire, di niente di straordinario, ma solo di «un’operazione per la stabilizzazione del Paese, proprio come altre condotte regolarmente». L’annuncio di “Hydre” giunge a breve distanza da un attentato di martedì a Tessalit, nel Nordest del Mali. Secondo le ricostruzioni, l’azione sarebbe stata condotta da un singolo terrorista suicida che si è fatto esplodere a un posto di blocco. Le vittime sarebbero tre: un bambino e due soldati del Ciad appartenenti alla missione dell’ONU.
Mappa del Mali
SÉRVAL E MINUSMA – Le truppe francesi sono in Mali dal gennaio 2013, quando l’eterogeneo fronte avverso a Bamako, composto sia da islamisti (AQIM, MUJAO, Ansar Dine…), sia da indipendentisti dell’Azawad, giunse a minacciare direttamente la capitale. A luglio, la Francia cedette parte delle responsabilità alle Nazioni Unite, che favorirono la creazione di un contingente africano. Tuttavia, la situazione è ancora piuttosto complessa. In primo luogo, difficilmente Parigi riuscirà a rispettare la riduzione dei soldati in Mali da 3.200 a 1.200 a febbraio, poiché Bamako sconta una fortissima dipendenza dai francesi per la sicurezza e il sostegno alle Istituzioni. Inoltre, MINUSMA ha di per sé varie incognite, tra la quali la reale entità del mandato, non chiaro circa i compiti del contingente. Un’altra problematica è costituita proprio dalla gestione del potere nel Paese: il Governo ha favorito la riabilitazione del capitano Sanogo e dei suoi uomini, autori del colpo di Stato nel 2012 che precedette la crisi nell’Azawad.
LE AMBIGUITÀ DELLA GESTIONE – La guerra in Mali è stata affrontata ponendo in secondo piano la crisi interna del Paese e attribuendo la priorità all’aspetto di livello internazionale, ossia la lotta ai jihadisti saheliani. Questa è una delle motivazioni dell’ambiguo mandato MINUSMA, sospeso tra obiettivi militari e procedure di supporto allo State building. L’intervento francese, per esempio, non mira tanto alla facilitazione di un percorso di riconciliazione nazionale, quanto al contrasto dei gruppi combattenti e alla priorità della sicurezza, una tendenza che potenzialmente estenderà il conflitto armato nel tempo e rimanderà nel futuro l’integrazione tra le regioni del Nord e quelle del Sud. In questo senso, sarà interessante comprendere come si muoveranno i tuareg, i quali, dopo aver rotto l’alleanza con gli islamisti, hanno cominciato a collaborare con i francesi: non è da escludersi che a monte vi sia un qualche accordo sulla base di promesse allettanti in tempo di guerra, ma irrealizzabili in tempo di pace.
Beniamino Franceschini