Il Governo di Ali Laarayedh è ormai giunto alla fine del mandato: una volta approvata la legge elettorale verrà nominato un esecutivo tecnico per guidare il Paese verso la nuova Costituzione, da approvare entro la fine di novembre. Ma la violenza diffusa nel paese resta il nodo cruciale che nessuno è ancora riuscito a sciogliere.
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1. DOPO LA RIVOLUZIONE RESTA LA VIOLENZA – A oggi la Tunisia non ha ancora un futuro certo davanti a sé. Il Governo guidato dal partito conservatore Ennahda non è riuscito a dare stabilità politica e istituzionale al Paese, sconvolto nell’ultimo anno da omicidi politici, violenza a sfondo religioso e grande incertezza politica sul prossimo futuro. A febbraio era stato ucciso Chokri Belaïd, avvocato e deputato d’opposizione nel Fronte Popolare Tunisino, provocando le dimissioni del Primo Ministro in carica Hamadi Jebali, mentre il 25 luglio veniva assassinato Mohamed Brahmi, membro della stessa compagine.
2. IL TERRORISMO INSIDIA IL PAESE – Il 30 ottobre un uomo si è fatto esplodere davanti all’albergo Rihad Palms a Susa, una delle principalità località turistiche della costa tunisina e terza città del Paese, mentre nello stesso momento un ragazzo tentava di farsi saltare in aria nel mausoleo di Monastir dedicato a Habib Bourguiba, il padre fondatore della nazione e primo presidente della Tunisia moderna. La polizia ha attribuito i due attentati a estremisti takfiristi: al-Takfir wa l-Hijra è un movimento terroristico tra i più pericolosi, considerato l’erede contemporaneo del kharigismo e responsabile di sanguinosi episodi di violenza, con l’obiettivo di ripristinare il Califfato musulmano. Pochi giorni prima la polizia aveva arrestato Khatib al Idrissy, guida del salafismo tunisino e membro del gruppo terroristico Ansar al-Sharia, che aveva ordinato gli omicidi politici di Belaïd e Brahmi: gli agenti hanno trovato anche un ingente deposito di esplosivo, probabilmente per una serie di attentati. Altri episodi di violenza hanno, però, scosso il Paese nelle ultime settimane. Tra i più rilevanti, una sparatoria in un liceo a Tunisi e il tentativo armato di assaltare due caserme al confine con l’Algeria.
3. A TAPPE FORZATE VERSO LA COSTITUZIONE – Il 23 ottobre sono iniziati i colloqui ufficiali tra Governo e opposizione per le nuove elezioni e l’approvazione della Costituzione, mentre diversi manifestanti in piazza chiedevano le dimissioni dell’esecutivo, ritenuto troppo indulgente nei confronti dei fanatici religiosi. Negli scontri sono rimasti uccisi sei agenti di polizia a Sidi Ali Ben Oun (gli stessi luoghi nei quali iniziò la rivoluzione del 2011) e poco dopo è stata incendiata la sede di Ennahda a Kef. In un primo momento, il 25 ottobre, i partiti di maggioranza, quelli di opposizione e i principali sindacati tunisini avevano trovato l’accordo su un piano che prevedeva le dimissioni di Ali Laarayedh e la nomina di un Governo tecnico con il compito di vagliare in una settimana la nuova legge elettorale. Tuttavia, ogni speranza si è infranta contro l’impossibilitĂ di trovare un nome condiviso per l’incarico di Primo Ministro. Dopo l’approvazione all’Assemblea Costituente Nazionale, per metĂ novembre si sarebbe dovuto comunicare la data delle prossime elezioni ed entro venerdì 22 la nuova Costituzione sarebbe dovuta essere ufficialmente in vigore: a dominare adesso, però, è solo l’incertezza.
Simone Massi