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RDC, l’accordo con M23 e il ritorno del terrorismo delle ADF

In 3 SorsiLa Repubblica Democratica del Congo e i ribelli di M23 firmano un accordo in Qatar per un percorso di pace, ma nelle stesse ore i jihadisti delle ADF colpiscono nel Kivu Nord.

1. L’ACCORDO DI DOHA TRA RDC E M23

Il 15 novembre la Repubblica Democratica del Congo (RDC) e il gruppo ribelle M23 hanno sottoscritto un accordo a Doha per interrompere il conflitto nelle regioni del Kivu Nord e Sud. La mediazione, favorita dal Qatar e dagli USA, ha condotto a una road map strutturata su otto protocolli da discutere singolarmente e comprendenti i termini del cessate il fuoco, lo scambio dei prigionieri, il rientro degli sfollati, la sicurezza delle comunità locali, la cooperazione nella gestione delle risorse minerarie e il ripristino dell’autorità di Kinshasa sulle zone di guerra. Non si tratta quindi di un trattato di pace, bensì di un quadro preliminare per avviare un negoziato nel breve periodo. A supervisionare l’accordo sarà un organismo indipendente, incaricato sia del monitoraggio sul campo, sia della formulazione di raccomandazioni per contribuire a un percorso di riconciliazione nazionale.
La RDC e M23 hanno manifestato la propria soddisfazione, ribadendo però come sia stato compiuto solo il primo passo verso un obiettivo ancora lontano. Il Ministro degli Esteri del Qatar, Mohammed bin Abdulaziz Al-Khulaifi, ha sottolineato la volontà comune di “trovare soluzioni pacifiche attraverso il dialogo e la comprensione”, così come Massad Boulos, consigliere di Donald Trump per il Medio Oriente. L’Unione Africana, da parte sua, ha ribadito la necessità di un impegno duraturo per risolvere davvero un conflitto che, secondo stime provvisorie, avrebbe provocato almeno 7mila morti nel solo 2025 e oltre 7 milioni di sfollati.
La firma di Doha è un momento rilevante, ma resta un’intesa preliminare a fronte di una crisi complessa e profonda. Rendere concreto l’accordo richiederà un ampio coinvolgimento anche da parte della comunità internazionale a livello sia umanitario, sia della sicurezza: oltre all’offensiva di M23, la RDC orientale è infatti alle prese anche con la minaccia jihadista, riemersa proprio in questi giorni.

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Fig. 1 – Il ministro degli Esteri del Qatar Mohammed al-Khulaifi con l’Alto Rappresentante del Presidente della RDC Sumbu Sita Mambu (a sinistra) e il Segretario Esecutivo di M23 Benjamin Mbonimpa (a destra) durante la cerimonia per la firma dell’accordo di pace, Doha, 15 novembre 2025

2. UN PRIMO INCERTO PASSO

L’intesa arriva dopo mesi di contatti tra la RDC e M23 tramite il Qatar. Lo scorso 27 giugno, RDC e Ruanda avevano firmato a Washington un accordo che il Presidente Trump aveva definito “un meraviglioso trattato”. Il testo, che prevedeva l’impegno di Kinshasa e Kigali per l’interruzione delle ostilità e il disarmo dei gruppi ribelli, era apparso da subito precario: da un lato mancava il coinvolgimento dei ribelli, dall’altro sembrava che lo scopo fosse rimarcare l’interesse degli USA per le risorse della RDC orientale piuttosto che raggiungere una tregua. La vera trattativa era già in corso a Doha, dove i Presidenti della RDC e del Ruanda, Félix Tshisekedi e Paul Kagame, si erano incontrati a marzo. La guerra del Kivu, ripresa nel 2022, ha subito un’accelerazione all’inizio del 2025, con la violenta avanzata degli insorti tutsi di M23 prima verso Goma, capoluogo del Kivu Nord, poi verso Bukavu, nel Kivu Sud. A sostenere i ribelli ci sarebbe il Ruanda, le cui truppe, secondo vari rapporti, avrebbero persino occupato alcune aree di confine all’interno del territorio congolese. La comunità internazionale non è riuscita ad affrontare la crisi umanitaria, ulteriormente aggravata nell’ultimo anno. La stessa missione ONU Monusco ha un’efficacia limitata e opera in un regime di proroga, trovandosi formalmente in fase di ritiro.

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Fig. 2 – Soldati della RDC e caschi blu della Monusco sul sito di un agguato delle ADF nei pressi del confine con l’Uganda, 9 aprile 2021

3. TORNA A COLPIRE IL TERRORISMO DELLE ADF

Nelle stesse ore della firma dell’accordo in Qatar, il Nord Kivu è stato colpito dalla brutalità delle Allied Democratic Forces (ADF), gruppo jihadista affiliato alla Provincia Africa Centrale dello Stato Islamico (ISCAP). I miliziani hanno assalito il villaggio di Byambwe, accanendosi contro il locale ospedale diocesano. Nell’attacco sono state uccise almeno 17 persone, tra le quali 11 donne – alcune incinte o che avevano appena partorito – massacrate nel reparto maternità. Molti altri abitanti risultano tuttora scomparsi, quindi potrebbero essere dispersi o rapiti. L’episodio mostra uno dei grandi limiti dell’accordo di Doha, già emerso in precedenza nei negoziati tra RDC e Ruanda, ossia la difficoltà – anche in conseguenza di precise scelte – di strutturare un quadro d’azione che consideri organicamente la molteplicità degli attori coinvolti nella RDC orientale. La ripresa delle operazioni delle ADF, evidenziata anche dai resoconti della Monusco, è un esempio della multidimensionalità e delle interconnessioni regionali della crisi del Congo, pur essendo un fronte distinto dall’offensiva dei ribelli nel Kivu. Il raggiungimento di una tregua tra RDC, M23 e Ruanda – che ad oggi appare ancora instabile e incompleta – sarebbe solo uno degli elementi preliminari per la stabilizzazione del Congo orientale, sul quale prosegue un diffuso silenzio internazionale nonostante la catastrofe umanitaria e la strategicità delle sue risorse naturali per il futuro globale.

Beniamino Franceschini

Photo by Kudra_Abdulaziz is licensed under CC BY-NC-SA

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Perchè è importante

  • La Repubblica Democratica del Congo e i ribelli di M23, sostenuti dal Ruanda, hanno raggiunto un accordo preliminare per negoziare una tregua grazie alla mediazione del Qatar e al sostegno degli USA.
  • Nel frattempo il terrorismo islamista delle ADF è tornato a colpire, assaltando un ospedale nel Nord Kivu.

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Beniamino Franceschini
Beniamino Franceschini

Classe 1986, vivo sulla Costa degli Etruschi, in Toscana. Laureato in Studi Internazionali all’UniversitĂ  di Pisa, sono docente di Geopolitica presso la Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Pisa. Mi occupo come libero professionista di analisi politica (con focus sull’Africa subsahariana), formazione e consulenza aziendale. Sono vicepresidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del desk Africa.

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