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Il puzzle europeo: se il multiculturalismo passa di moda – I

Le recenti dichiarazioni della cancelliera tedesca Angela Merkel, e il trend politico di molti stati, hanno scosso lo spirito europeo alle origini profonde della sua essenza. Benché il motto dell'Unione Europea continui formalmente ad essere "In Varietate Concordia", i fragili equilibri interni sono messi a repentaglio dall'insorgere di nazionalismi e localismi, e sembra quasi che in questo momento la prima parte del motto sia l'unica ad essere considerata. Parte I

Parte I

HOMO HOMINI LUPUS – E' evidente che l'Europa stia vivendo un periodo di profonda difficoltà, e rischiano di essere rivisti i pilastri culturali su cui la stessa Unione si fonda. Grande responsabilità ha la crisi economica che, lacerando i tessuti sociali di molti paesi, ha riacceso un primitivo istinto di sopravvivenza che pare avere la meglio sui nobili valori sedimentati nel tempo all'interno delle culture politiche europee. Spetta ovviamente alle dirigenze nazionali trovare soluzioni adatte all'interno dei propri confini, ma allo stesso tempo dovrebbe esserci un impegno congiunto delle istituzioni europee al fine di dare un orientamento insieme unitario e non conflittuale delle politiche nazionali.

INTEGRAZIONE POSITIVA – In una recente intervista, Jacques Delors, uno degli architetti dell'Unione Europea, ha riaffermato la necessità che l'Europa si apra ad un'integrazione positiva, parlando dell'esigenza che sia una "comprensione reciproca", e non solo "interessi comuni", a formare quello spirito d'unione che ad oggi sembra venire meno. "Una volta ho detto che l'Europa ha bisogno di un'anima, bisogna tenere viva questa fiamma", parole che assumono un significato particolare in riferimento ai recenti avvenimenti che si sono susseguiti in Europa, e ai diversi orientamenti che molti paesi stanno adottando recentemente.

L'ANIMA SMARRITA DELL'EUROPAIn questo momento tuttavia, pare che molti degli stati membri abbiano preso una svolta decisiva nel rapporto con le culture presenti entro i propri confini, e viene da chiedersi quali possano essere i risvolti di politiche così orientate. Passiamo in rassegna le politiche nazionali dei maggiori paesi europei, evidenziando punti di criticità nell'evoluzione delle politiche sull'integrazione, e la conseguente crisi del sistema "multiculturale" degli stati membri in questione. 

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GERMANIA DI FRONTE AD UN PUNTO DI SVOLTA – Durante il recente congresso svoltosi a Potsdam, per i giovani del Cdu e Csu, la cancelliera Merkel ha pronunciato parole la cui eco si è rapidamente diffusa in Europa, generando non poche perplessità. "In Germania il modello multiculturale é totalmente fallito". Queste le parole che avrebbe pronunciato, e che, anche se lette contestualizzate suonano particolarmente minacciose. La Merkel ha poi continuato su questa linea, affermando che gli immigrati devono necessariamente integrarsi e far propri i valori della cultura tedesca, andando oltre nel dire che la Germania non ha bisogno dell'immigrazione poiché questa non fa che pesare sul sistema sociale tedesco. Se però queste parole vengono rilette in un'ottica di più ampio respiro, la "mossa" della Merkel assume connotati politici ben diversi. Innanzitutto come sottolinea anche Danilo Taino (Corriere della Sera -18 ottobre 2010) si tratta più di un'ammissione di colpa da parte della classe dirigente, che della volontà politica di voltare le spalle agli immigrati e alle policies di sostegno all'integrazione. In secondo luogo, dato lo recente sviluppo del partito di destra estrema in Germania, le parole della Merkel paiono indirizzate ad un allargamento del bacino elettorale del suo partito con il tentativo di frenare alla partenza l'espansione del movimento xenofobo in rapida espansione in questo momento nel territorio tedesco. A questo si accompagna la consapevolezza che le politiche in fatto di immigrazione adottate fino ad ora abbiano guardato agli immigrati sempre e solo come forza lavoro; in quest'ottica di corto respiro la figura dell'immigrato ha perso il valore dell'integrazione nella società tedesca, società che ad oggi conta più di 16 milioni di cittadini di origine straniera, ed é rimasta ancorata ad una visione miope di integrazione multiculturale. Sono infatti le seconde generazioni ad aver creato un nuovo stile di unificazione sociale, ed é visibile una certa difficoltà in questo melting pot culturale, tant'é che più della metà della popolazione tedesca dichiara di voler vedere "significativamente limitati" i diritti dei mussulmani, pur nella loro libertà religiosa.

INGHILTERRA E APPROCCIO ALLA DIVERSITA' – Anche nella patria europea del multiculturalismo qualcosa sta cambiando. Sembra che alcuni equilibri consolidatisi nel tempo siano in fase di profonda revisione, e che l'approccio all'integrazione stia mutando. Modood, uno dei critici della forzatura delle politiche che vadano a rinforzare la secolarizzazione delle identità a discapito delle religioni minoritarie, insiste da tempo sulla necessità che le religioni siano preservate dalle forze politiche, e nel suo "Multicultural Politics: racism, ethnicity and Muslims in Britain -2005-" afferma che il multiculturalismo non dovrebbe essere abbandonato, punto su cui ritorno anche a seguito degli attentati a Londra che "rischiano appunto di minacciare secoli di politiche di integrazione". Il problema è forse ancora più complesso nel Regno Unito, poiché la revisione dei processi integrativi ha spostato l'enfasi dell'integrazione da una prima, orientata a valorizzare gli elementi di nuova introduzione, ad una "integrazione da fast-food chain" dove l'accento é posto sulla più rapida assimilazione di questi valori all'interno della dimensione britannica. In Inghilterra tuttavia la larga maggioranza della popolazione rimane convinta dell'assoluta necessità del multiculturalismo, e benché alcuni conservatori ne paventino l'immediata fine, sembra più giusto parlare invece di "aggiustamenti" che su questo approccio andrebbero apportati.

Samuele Poletto [email protected] 3 Novembre 2010

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