L’imminenza delle celebrazioni europee del centenario della Grande Guerra impone una riflessione sulle cause del conflitto e sui molteplici fattori che hanno condotto l’Europa al primo grande suicidio del XX secolo. Particolari importanti, che indicano ancora come la Grande Guerra sia origine dell’Europa moderna, si possono rintracciare ovunque, basta coglierne il significato simbolico a partire appunto dal luogo dell’inizio, il 28 giugno 1914. Eccovi il racconto in prima persona di chi ha conosciuto quei luoghi.
SARAJEVO DOPO IL DECENNIO BALCANICO – Per parecchi mesi, tra il 2001 e il 2002, la mia attività consisté nel verificare la situazione dei campi profughi e l’andamento dei rientri in Bosnia dopo il conflitto. La zona era abbastanza estesa e corrispondeva al settore di competenza del Battle Group italiano facente parte di SFOR (contingente NATO cui era stato affidato l’incarico di stabilizzare la Bosnia). Base era la caserma “Tito” e da lì, più o meno ogni mattina, partivo per andare a controllare la situazione nelle aree più remote. Era fondamentale aggiornare i dati relativi alla popolazione civile che si spostava all’interno della ex Repubblica federale jugoslava, che – come è noto – dopo la guerra aveva cambiato radicalmente la propria composizione etnica. Per questo motivo, per raggiungere i villaggi, attraversando Sarajevo in jeep, ero costretto quasi tutti i giorni a transitare davanti alle rovine della biblioteca (che nel 1914 era il municipio, il Rathaus austriaco) e al luogo dell’attentato di Gavrilo Princip. Confesso che le prime volte provai una certa emozione, ma con il passare del tempo i sentimenti cambiarono pensando ai mutamenti non solo materiali, ma di significato vero e proprio, che si erano succeduti in poche decine di metri quadrati di spazio cittadino. Da lì partiranno idealmente le celebrazioni del centenario della Grande Guerra e dallo stesso luogo si apprende come il suo valore sia talvolta mutato.
1914-1918 – Che cosa era successo dopo il 28 giugno 1914 a Sarajevo? In Europa era scoppiata una guerra mondiale mai immaginata e si combatteva dal mare del Nord al Mediterraneo o dal Baltico al Mar Nero; Gavrilo Princip era stato arrestato e processato, mentre sul luogo dell’attentato, all’imbocco del ponte, esattamente tre anni dopo, era stata eretta una stele (Sühne Denkmal, Monumento dell’Espiazione, foto 1). Nel 1917 Sarajevo rimaneva una città austriaca, la guerra continuava, Gavrilo Princip era detenuto in carcere a Theresienstadt e a Vienna c’era un giovane imperatore che probabilmente ignorava di essere l’ultimo sul trono degli Asburgo. Il significato del “primo” monumento era incentrato quindi sulla coppia imperiale assassinata, vittima cioè del “terrorista” Princip, il cui gesto era considerato un crimine orribile.
Data la visione del tempo, si trattava di un reato di lesa maestà, gravissimo perché il potere imperiale derivava in un certo senso da Dio. La situazione naturalmente cambiò dopo il novembre 1918, quando cioè la città di Sarajevo e la Bosnia entrarono a far parte del nuovo Regno dei Serbi, Croati e Sloveni. Per inciso, nell’aprile del 1918, pochi mesi prima della fine della guerra, Princip era morto in carcere. Nonostante le accuse di vero e proprio omicidio premeditato rivolte agli austriaci, è probabile che il fisico debole di Princip – già minato dalla tubercolosi – non abbia retto, ma da questo momento la “vittima”, l’eroe era diventato lui.
1919-1941. Il monumento austriaco fu abbattuto e fu apposta una lapide che ricordava invece l’attentatore Princip, ovvero il combattente per la libertà. Nel frattempo anche il municipio, sulla cui scalinata erano state riprese le ultime immagini dell’arciduca Francesco Ferdinando ancora in vita, era stato spostato in altra sede, per cui il punto centrale del ridotto spazio urbano divenne il luogo dell’attentato. Vi passò negli anni Trenta anche la viaggiatrice inglese Rebecca West, accompagnata da altri parenti dei cospiratori: scrisse di aver provato commozione per la triste fine di Princip, ma assai meno per l’Arciduca.
Anche questa lapide non sarebbe durata però a lungo: nell’aprile 1941, quando italiani e tedeschi occuparono la Jugoslavia, essa fu rimossa. Non solo fu staccata dal muro (le immagini sono documentate in un cinegiornale tedesco), ma divenne un trofeo e un simbolo: fu consegnata ad Adolf Hitler in persona il giorno del suo compleanno (20 aprile) e pubblicamente esposta a Berlino. Il significato era molto netto: dopo il vagone di Compiègne, all’interno del quale era stato firmato l’armistizio tra Francia e Germania nel novembre1918, portato in Germania ed esibito a Berlino come trofeo, la targa dedicata a Princip in mano al nuovo padrone dell’Europa significava inequivocabilmente che gli assetti geopolitici successivi alla Grande Guerra erano cambiati (foto 2, sopra).
1942-1945 – Durante il periodo dell’occupazione italo-tedesca dei Balcani, Sarajevo e parte della Bosnia, smembrata tra le forze dell’Asse, entrarono a far parte del Regno di Croazia di Ante Pavelic. Le vittime tornarono quindi a essere gli Arciduchi assassinati, lo spazio urbano subì altre piccole modifiche e fu inaugurata una seconda lapide. In un certo senso si ripeté il copione del periodo austriaco basato su solidi legami tra cattolici croati e musulmani di Bosnia per escludere i serbi. Sulla carta anzi, già pochi giorni dopo la caduta del Regno di Jugoslavia, alla comunità musulmana veniva offerta ampia libertà di culto e di organizzazione delle proprie scuole. Ante Pavelic giunse al punto di farsi fotografare a cavallo nei pressi della moschea di Zagabria nel 1944. L’immagine, destinata ai sudditi di religione musulmana del regno di Croazia, rappresentava un messaggio politico molto esplicito. La Croazia cattolica con un colpo di spugna cancellava tutti i contrasti e i conflitti con la parte musulmana della Bosnia con una nuova lapide a Sarajevo.
1945-1995 – Ci fu però un secondo dopoguerra. Scomparvero del tutto le tracce della lapide apposta dagli ustascia e con l’avvento della Repubblica federale di Jugoslavia sembrò che la questione si fosse finalmente risolta. Non solo Gavrilo Princip era tornato a essere un patriota “jugoslavo”, ma il suo gesto “per la libertà dei popoli” assumeva un significato internazionalista, in quanto la Jugoslavia aveva nel frattempo assunto la guida dei cosiddetti “Paesi non allineati”. Probabilmente lo stesso Princip – nazionalista e serbo di Bosnia – non lo avrebbe capito fino in fondo. Il testo recitava: «Da questo posto il 28 giugno 1914 Gavrilo Princip sparò per esprimere la propria protesta contro una tirannia secolare e per il perenne desiderio dei nostri popoli verso la libertà». Scenograficamente furono riprodotte sul selciato le impronte dei passi dei congiurati e posta nuovamente una lapide all’angolo della strada (foto 4 e 5, sotto). Morì anche Tito e di li a poco si sarebbe assistito alla seconda e sanguinosa disgregazione jugoslava del XX secolo, ma i segni della memoria in un primo momento non furono toccati: fondamentalmente – credo adesso con molto realismo – perché in quel momento nessuno aveva tempo nemmeno per pensarci. La città, stretta nella morsa dell’assedio, era sotto le bombe e il problema autentico era quello della sopravvivenza.
1995 – OGGI – Durante l’assedio il luogo venne a trovarsi praticamente in prima linea, soprattutto perché l’attraversamento del ponte allo scoperto era diventato una sorta di attrazione per i numerosi cecchini in agguato. Nel frattempo vari ordigni caddero sulla città e la biblioteca poco distante (che si trovava all’interno dell’ex Rathaus austriaco) fu distrutta e incendiata. Le tracce si sbiadirono naturalmente sotto i colpi dei mortai, la lapide e le impronte furono danneggiate, ma il problema tornò a porsi con la ripresa della normalità a Sarajevo. Tornare alla versione asburgica poteva sembrare anti-storico; tornare alla Croazia di Pavelic era semplicemente improponibile. La soluzione adottata fu quella di modificare il testo della lapide: gli Arciduchi d’Austria e Princip sono ricordati assieme (foto 6 e 7, sotto). In un secolo si contano quindi cinque radicali mutamenti di significato – in uno spazio di poche decine di metri quadrati – che non sono solo semplici oscillazioni del pendolo della Storia intorno alla questione se Princip fosse o meno un terrorista. Per inciso – ma l’autenticità dei pezzi è ancora tutta da verificare – a maggio di quest’anno, in una sorta di discarica nei pressi di Trebjnje, qualcuno sostiene di aver ritrovato un segmento di una delle due colonne erette nel 1917 dagli austriaci e la vicenda sembra non finire mai…
Giovanni Punzo