I lavori per l’ampliamento del Canale che collega i due oceani sono al centro di una crisi che coinvolge Italia e Spagna. Una soluzione di compromesso sembra lontana e i festeggiamenti per il centenario, previsto a ottobre, rischiano di saltare. Il presidente panamense Martinelli si gioca inoltre la rielezione a capo dello Stato, ma la situazione sembra complessa.
LE RAGIONI DELL’ATTRITO – Da qualche giorno sui quotidiani nazionali è in grande risalto la notizia della “crisi diplomatica” sull’asse Panama-Spagna-Italia. Vediamo di fare un po’ di chiarezza. Il pomo della discordia è il vertiginoso aumento dei costi che l’allargamento del Canale di Panama richiede. I lavori, iniziati il 25 agosto 2009 e aggiudicatisi dalla cordata Grupo Unidos por el Canal, composta da Sacyr Villahermoso S.A. (Spagna), Impregilo SPA (Italia), Jan de Nul N.V. (Belgio) e Constructora Urbana S.A. (Panama), sarebbero dovuti costare, come da appalto, 3,22 miliardi di dollari. Tuttavia, come scritto nella lettera presentata dai soci del GUPC all’AutoritĂ del Canale in cui si spiegano i motivi dell’aumento dei costi, il basalto (ovvero la roccia estratta dagli scavi) è inadatto per la produzione del calcestruzzo. Motivo che ha portato al raddoppio dei costi per la produzione del cemento armato, che rappresenta circa un terzo del valore dell’opera. Quindi, ai previsti 3,22 miliardi di spesa del Governo panamense vanno aggiunti ulteriori 1,6 miliardi di dollari per spese impreviste. Il GUPC ha anche fissato una scadenza per il versamento della nuova tranche: se non arriveranno i soldi entro il 20 gennaio, i lavori si bloccheranno.
LA CRISI – Il motivo d’attrito è chi debba farsi carico dei costi imprevisti. Il GUPC sostiene sia la societĂ preposta alla gestione del corridoio, l’AutoritĂ del Canale, che però tergiversa, sostenendo che il miliardo e mezzo aggiuntivo sia una cifra spropositata rispetto al valore stabilito nella gara. Il gruppo capeggiato da Sacyr e Impregilo se l’era aggiudicata grazie ad un prezzo “stracciato” in confronto alle altre proposte pervenute, in particolare rispetto a quella della cordata guidata dal colosso americano dell’ingegneria Bechtel, la cui squadra legale lavora oggi (probabilmente solo un caso…) anche per l’AutoritĂ del Canale.
L’OPERA – L’opera al centro dello scontro tra le cancellerie dei Paesi coinvolti è il maggior cantiere ingegneristico tutt’ora in corso nel continente americano, nonchĂ© uno dei piĂą grandi del mondo. La sfida ingegneristica alla quale le maestranze del GUPC stanno lavorando comprende 4 fasi principali:
- Realizzazione del terzo sistema di chiuse, con la costruzione di due nuove chiuse, una sul versante pacifico e una su quello atlantico, dalle dimensioni di 427×55 metri, che permetteranno il passaggio delle navi di grande tonnellaggio alle quali oggi è impedito il transito;
- Costruzione per ogni chiusa di un sistema di vasche per un totale di 18, con l’obiettivo di recuperare parzialmente l’acqua utilizzata dalle stesse chiuse, pari a 200 milioni di litri per ogni transito;
- Dragaggio e scavo dei canali di accesso alle nuove chiuse sia sul lato atlantico che su quello pacifico;
- Dragaggio completo del Canale di Panama per la sua intera lunghezza (circa 80 km), necessario per aumentare la profonditĂ dello stesso in modo da renderlo compatibile con il maggior pescaggio delle navi che lo attraverseranno.
I lavori, che dovrebbero finire entro l’estate di quest’anno, permetteranno il transito del Canale alle cosiddette navi “Post panamax“, lunghe fino a 366 metri e in grado di trasportare fino a 12mila TEU, misura standard di volume per i container ISO, contro i 4.400 attualmente consentiti dalle navi “Panamax“. Un investimento dunque molto importante, che nelle previsioni dell’AutoritĂ del Canale porterĂ , dal 2015, 2,5 miliardi di dollari all’anno nelle casse statali.
POSSIBILI SCENARI – Il presidente di Panama Ricardo Martinelli è a un bivio pericoloso: a maggio il Paese centramericano andrĂ alle urne e il capo dello Stato si gioca ora un’importante chance per la riconferma. Dopo aver convocato negli scorsi giorni gli ambasciatori di Spagna e Italia per capire i motivi dello scontro, Martinelli aveva invitato i Governi coinvolti ad «assumersi la responsabilitĂ morale di ciò che è accaduto» e a mediare con le aziende facenti parte del consorzio. A breve il Presidente panamense volerĂ in Europa per cercare una soluzione pacifica al contenzioso venutosi a creare. Va registrata inoltre una timida apertura da parte dell’amministratore delegato dell’AutoritĂ del Canale che si è detto disponibile a pagare i costi in eccesso, qualora questi siano ritenuti ragionevoli. Tuttavia una soluzione che metta d’accordo le parti sembra per ora lontana. Molto probabilmente si dovrĂ ricorre al DAB (Dispute Adjudication Board), un arbitrato internazionale che stabilirĂ a chi spetta pagare. Intanto la sospensione dei lavori rischia di far saltare i festeggiamenti per il centenario dell’inaugurazione del Canale in programma il prossimo ottobre, un’eventualitĂ che Martinelli non prende neanche in considerazione, fiducioso in una possibile risoluzione del contrasto in tempi stretti. Tra pochi giorni sapremo se il Presidente sarĂ in grado di concludere positivamente la trattativa e saprĂ riguadagnarsi la fiducia del suo popolo alle presidenziali di maggio.
Filippo Carpen