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L’anno nuovo delle ‘grandi’

Il Giro del Mondo in 30 Caffè – La crisi del sistema finanziario che ha quasi messo in ginocchio paesi come la Grecia e l’Irlanda, le difficoltà nell’adottare strategie unanimi in sede comunitaria ma soprattutto una certa fragilità diffusa da parte di molte delle politiche interne relative agli stati membri dell’Ue hanno contribuito a far dell’anno che stiamo per lasciarci alle spalle una parentesi non propriamente rosea. Analizzare la tenuta politica delle cosiddette “grandi” d’Europa; Germania, Francia e Regno Unito, può essere dunque importante per verificare limiti e prospettive di un vecchio continente nei confronti del quale sono riposte numerose aspettative di ripresa economico/politica per il 2011.

BERLINO, LA TENACIA DELLA CANCELLIERA – Il quinto anno da cancelliera per Angela Merkel di certo è stato anche il più complesso e delicato. Politicamente la sua coalizione di governo formata dal Cdu e dai liberali della Fdp nel mese di maggio ha subito un colpo durissimo durante le elezioni regionali nel Nord Reno – Westfalia, da sempre considerata per forza produttiva una zona strategica in ambito nazionale e non solo. Questa pesante sconfitta a livello federale ha comportato la necessità di un continuo confronto con le forze d’opposizione, socialdemocratici su tutti, in particolare per quanto riguarda la stesura di numerosi disegni di legge ritenuti imprescindibili.

Ad oggi, diversi sondaggi affermano che se si votasse in Germania con ogni probabilità il partito della Merkel subirebbe una battuta d’arresto senza precedenti mentre l’alleato liberale rischierebbe di non superare lo sbarramento del 5% necessario per entrare a far parte del Bundesrat.

Nonostante ciò, la cancelliera di Amburgo in un recente confronto interno al partito della Cdu ha ottenuto una larghissima maggioranza, circa il 90% delle preferenze, confermando così la sua posizione di forza all’interno del partito e della sua coalizione di governo. E proprio all’interno della coalizione governativa potrebbero esserci nuovi innesti nel 2011, in particolare pare che la Merkel stia guardando con sempre maggior interesse ad un potenziale accordo con i Verdi che potrebbero garantire con i loro voti più ampi margini di governabilità.

All’interno dell’opinione pubblica tedesca, l’impressione è che la debacle elettorale patita nello scorso maggio possa essere figlia di un atteggiamento ritenuto troppo protezionistico nei confronti della crisi che ha colpito la Grecia. Pare infatti che, alla maggioranza dei tedeschi non sia andato giù il fatto di dover pagare di tasca propria la disastrosa gestione finanziaria greca. Da qui un euroscetticismo che negli ultimi tempi sta prendendo pericolosamente piede in Germania, un disinnamoramento da non sottovalutare soprattutto tenendo conto che Berlino con la sua virtuosità costante per ciò che riguarda la crescita economica è il primo motore trainante dell’Ue.

PARIGI, DALLE STELLE ALLE STALLE – Risulta complesso utilizzare una frase differente che possa ben riassumere la parabola politica all’Eliseo di Nicolas Sarkozy, soprattutto per quanto riguarda quell’appeal che ha caratterizzato la fase d’insediamento del Presidente e che ora pare realmente essere un lontanissimo ricordo.

La bocciatura del partito presidenziale dell’Ump nelle elezioni regionali dello scorso marzo è stata solo l’inizio di un periodo caratterizzato da una mobilitazione di massa che ha portato più volte la Francia alla paralisi totale. L’anno appena trascorso ha visto alzarsi un’unica, fortissima voce di dissenso e di critica nei confronti di quell’uomo che per molti avrebbe dovuto smuovere la Francia da una pericolosa situazione di torpore ed immobilismo per avviare una nuova stagione di riforme. Le aspettative riposte nell’uomo Sarkozy sono andate infrante con il passare del tempo, grazie anche ad una serie di attuazioni legislative assolutamente impopolari; tra tutte la riforma del sistema pensionistico. Tuttavia anche i diversi tagli indiscriminati alla cultura e all’istruzione hanno contribuito a scatenare la feroce protesta dei movimenti studenteschi riportando Parigi ad un clima da fine anni sessanta.

Considerando ciò, Sarkozy nel mese di novembre è stato costretto ad effettuare un radicale rimpasto di governo. Dimessi tutti i componenti del vecchio esecutivo, l’unico ad aver conservato il proprio posto è stato il premier Fillon.

Accusato di eccessivo protagonismo, Sarkozy sarà chiamato nei prossimi mesi ad un compito arduo: riconquistare la fiducia di una nazione che allo stato attuale delle cose pare avergli voltato definitivamente le spalle.

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LONDRA, LA SFIDA – Dare stabilità ad un paese che ha visto in faccia lo spettro della ingovernabilità.  E’ questa, prima di ogni altra considerazione, la sfida che David Cameron e Nick Clegg hanno lanciato ad una Gran Bretagna “appesa” ad un hung parliament che il voto del 7 maggio 2010 aveva inequivocabilmente lasciato presagire.

La giovane coppia generata dalle contrattazioni post voto ha avuto il merito di mantenere i nervi saldi senza cedere pericolosamente su quelli che sarebbero potuti essere facili motivi di scontro tra i due leader. Infatti, non è un mistero che buona parte della programmazione politica proposta agli elettori dai conservatori e dai liberaldemocratici inglesi poggi su basi politiche molto diverse e per certi versi forse anche difficilmente incompatibili. Fare di necessità virtù è risultato indispensabile per governare un paese che nel frattempo assisteva alla fine di quel ciclo progettuale di un nuovo laburismo centrista tramontato definitivamente con Gordon Brown e che aveva caratterizzato tutta l’epoca targata Tony Blair.

Tuttavia, l’anno 2010 ha portato con sé una crisi finanziaria così forte da scuotere anche le solide fondamenta del sistema economico britannico. I tagli in diversi settori del pubblico impiego sono stati indispensabili e la strada che porta al risanamento dei conti pubblici è tuttora molto lunga da percorrere. Un ulteriore aspetto da non sottovalutare e che molto probabilmente impegnerà l’azione di governo nei prossimi mesi è la necessità di porre un freno al crescente tasso di disoccupazione che, ormai da qualche anno a questa parte, affligge il Regno Unito.

Andrea Ambrosino

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