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Geopolitica degli stretti: i passaggi marittimi strategici

Miscela Strategica  – L’evoluzione  politica e culturale degli Stati è da sempre stata influenzata dalla loro posizione geografica. La  geografia è in grado di influire inoltre su aspetti rilevanti delle relazioni internazionali quali le condizioni dei traffici economici e i rapporti di forza tra Stati.  In questo senso passaggi marittimi strategici come stretti, istmi o canali, giocano un ruolo fondamentale nello scenario geopolitico internazionale.

 

PASSAGGI MARITTIMI ED ENERGY SECURITY – Il fronte marittimo rappresenta una via fondamentale dell’accesso a risorse e beni di somma importanza per ogni Stato. Garantirsi l’accessibilità ad alcuni punti di transito marittimo è assolutamente cruciale per l’economia e la sicurezza di tutti i Paesi, specialmente se i passaggi marittimi in questione rappresentano “punti obbligati” di transito in quanto unici o più veloci punti di accesso naturali a certe zone. Gli stretti rappresentano dunque punti strategicamente determinanti per i Paesi che ne dipendono per questioni economiche e di sicurezza. Di conseguenza il mantenimento del controllo e accessibilità a certi passaggi marittimi costituisce un obiettivo strategico di primaria importanza nel sistema di trasporto marittimo globale. Attraverso le vie marittime passa un flusso di materiali quali risorse minerarie e alimentari ma soprattutto petrolio. La posizione di risorse petrolifere e minerarie influenza il disegno dei percorsi marittimi globali, che includono passaggi obbligati attraverso alcuni punti. I più importanti passaggi marittimi si definiscono sulla base della loro capacità di imporre dei limiti alle navi. Per esempio, nel caso dei canali di Panama e Suez, la capacità massima di portata è definita attraverso un sistema di volumi e prezzi (jeaugeage). Inoltre l’importanza di un passaggio si definisce anche sulla base dei rischi di blocco o chiusura dovuti, per esempio, all’instabilità interna dei Paesi limitrofi.
Esistono circa 200 stretti e canali sulla superficie terrestre, dei quali solo un ristretto numero è definibile come stretto o canale strategico che potrebbe essere chiuso o bloccato, in modo da interrompere i traffici marittimi di beni e risorse energetiche di primaria importanza. La dipendenza energetica da particolari risorse, prima tra tutte il petrolio, non solo produce un volume di traffico mercantile notevole attraverso gli stretti, ma è anche una delle ragioni di competizione internazionale per l’accessibilità agli stretti oltre che fattore determinante nelle operazioni (e scelte strategiche) di energy security. Essendo il sistema di trasporto globale energetico così vulnerabile a chiusura, blocco o altri impedimenti di utilizzo degli stretti, l’impatto del blocco dei traffici energetici su prezzi e mercati potrebbe essere notevole. Per ovviare a tali situazioni è stato costruito un sistema legale di norme concernenti la sicurezza marittima degli stretti ed esistono accordi di cooperazione tra stati limitrofi allo stesso passaggio marittimo. La sicurezza di canali e stretti resta sotto la giurisdizione del sistema legislativo internazionale secondo cui le operazioni di chiusura degli stretti sono illegali in periodi di pace e il diritto di transito viene garantito anche nel caso di conflitti in corso.

PASSAGGI MARITTIMI STRATEGICI –  I passaggi marittimi più importanti sono il canale di Panama e quello di Suez, lo stretto di Malacca e lo stretto di Hormuz. La loro importanza deriva dalla posizione geografica, che impone rotte quasi forzate alla circolazione globale e, in parte, dalle attività economiche e risorse a cui permettono di accedere in modo più efficiente. Tra gli stretti o canali ancora degni di nota per il loro volume di traffico mercantile (in particolare petrolifero) e posizione strategica  annoveriamo lo stretto del Bosforo, i Dardanelli, gli stretti di Gibilterra e di Bab el-Mandeb.
Situato tra Oman e Iran, lo stretto di Hormuz connette il Golfo Persico con il Golfo dell’Oman e il Mare Arabico. Nel 2011 la International Energy Agency (IEA) lo designava come il più importante punto di passaggio petrolifero grazie a un flusso di circa 17 milioni di barili al giorno. Il petrolio che circolava attraverso lo stretto costituiva circa il 20% del petrolio venduto a livello mondiale.
Il canale di Suez è un passaggio marittimo artificiale di lunghezza pari a 190 chilometri il quale connette il mar Mediterraneo con il Golfo di Suez. Il canale crea un passaggio per le navi che circolano tra Europa e Americhe e tra i porti che situati nel sud dell’Asia, nell’Africa orientale e in Oceania.
Lo stretto di  Bab el-Mandeb controlla l’accesso al canale di Suez, un punto strategico tra oceano Indiano e Mar Rosso. Una chiusura di questo stretto produrrebbe serie conseguenze, obbligando il passaggio attraverso il Capo di Buona Speranza.

Traffico mercantile nello stretto di Malacca.
Traffico mercantile nello stretto di Malacca.

Lo stretto di Malacca è il passaggio principale tra oceano Pacifico e oceano Indiano; secondo la International Energy Agency esso è immediatamente successivo a Hormuz per volume di traffico mercantile mondiale.
Il canale di Panama unisce l’oceano Atlantico e il Pacifico attraverso l’istmo di Panama. La lunghezza del canale è di 82 chilometri con una profondità di 12.5 metri e una larghezza di 32 metri. La sua costruzione ha permesso di ovviare a lunghe rotte marittime attorno al Sudamerica.
Lo stretto di Gibilterra rappresenta un passaggio obbligato tra il Mar Mediterraneo e l’oceano Atlantico, è lungo 64 chilometri.
Il Bosforo e i Dardanelli sono stretti che dividono l’Asia dall’Europa. Il Bosforo congiunge il Mar Nero con il Mar di Marmara mentre i Dardanelli costituiscono un punto di unione tra il Mar di Marmara e i mari Egeo e Mediterraneo. Entrambi gli stretti si trovano in Turchia e sono punto di passaggio di risorse petrolifere provenienti dalla regione del Mar Caspio e destinate all’Europa occidentale e meridionale.

MINACCE ALLA SICUREZZA DEGLI STRETTI – Nonostante il diritto internazionale regoli il traffico marittimo, la sicurezza e accessibilitĂ  agli stretti può essere messa a repentaglio da diversi fattori. Una delle principali minacce alla sicurezza degli stretti è rappresentata dalla pirateria a cui si aggiungono possibilitĂ  di dispute territoriali tra Stati che potrebbero avere un impatto su uno stretto, causandone perfino un blocco temporaneo o la chiusura. Infine, situazioni politiche di instabilitĂ  interna nei Paesi limitrofi a certi passaggi marittimi potrebbero produrre conseguenze negative sulla accessibilitĂ  e sicurezza di alcuni stretti o canali.  Nel caso della pirateria, lo stretto di Malacca  è  tristemente conosciuto per l’alto numero di attacchi da parte di pirati, oltre che per essere diventato un punto di transito per il mercato nero e un appoggio per attori non-statali violenti di vario genere. Infatti, nell’area dello stretto, i porti non sono monitorati a dovere e questo  apre la strada a congrue minacce alla sicurezza della navigazione, tali da renderlo non sicuro. La mancanza di controlli governativi da parte degli Stati costieri favorisce la proliferazione di un sistema di corruzione e criminalitĂ  che, a sua volta, crea mercati neri e mina la sicurezza generale dell’intera area geografica. Dulcis in fundo, il fiorire di organizzazioni separatiste e cellule terroristiche in quegli stessi territori aumenta il livello di insicurezza nell’area contigua allo stretto di Malacca. Di conseguenza, le minacce presenti nel braccio di mare pertinente Malacca hanno un impatto negativo non solo sugli Stati confinanti ma anche sui Paesi terzi che utilizzano lo stretto. Per citare un altro caso, la pirateria che si origina nel Corno d’Africa non è piĂą solo un fenomeno che affligge le navi che passano da Bab el-Mandab ma diventa sempre piĂą una minaccia al mercato energetico generale.
Oltre alla pirateria e al mercato nero, la possibilitĂ  che la funzionalitĂ  di uno stretto sia minacciata può dipendere da  dispute territoriali o tensioni tra Stati. Ad esempio, si possono ricordare le lunghe tensioni internazionali tra Stati Uniti e Iran. Molti studi si sono concentrati sulle ricadute di tali tensioni sullo stretto di Hormuz. In uno studio del 2007, il Center for Strategic and International Studies di Washington DC prefigurava che, nel peggiore scenario, le forze militari Iraniane avrebbero potuto bloccare lo stretto di Hormuz per una-due settimane circa prima di cedere alla “dissuasione” statunitense. In uno scenario del genere, oggi come allora, il grave impatto sui prezzi del petrolio sarebbe sufficiente a creare una recessione economica con serie ripercussioni sui prezzi globali.
Per quanto riguarda invece le ricadute dell’instabilità interna degli Stati sui passaggi marittimi, il caso dell’Egitto può essere citato a proposito. L’instabilità interna del Paese, a seguito degli avvenimenti politici dell’ultimo anno, ha fatto temere per la sicurezza del Canale di Suez. Recenti rivolgimenti politici hanno portato al colpo di stato militare contro il presidente Morsi nel luglio 2013. Le proteste dei gruppi militanti anti-Morsi, da allora in poi, hanno preso di mira tutti i centri rappresentativi del potere e dell’autorità egiziana anche nei luoghi vicini al Canale. Data l’instabilità politica del Paese, nonostante il dispiegamento di unità militari sia stato aumentato attorno al Canale, il timore internazionale per la sua sicurezza cresce in quanto in situazioni di instabilità risulta difficile mantenere alti livelli di efficienza e navigabilità garantita.

Annalisa De Vitis

 

A titolo di esempio, vediamo come un passaggio obbligato rappresenti un vantaggio o svantaggio strategico per gli Stati limitrofi.
A titolo di esempio, vediamo come un passaggio obbligato rappresenti un vantaggio o svantaggio strategico per gli Stati limitrofi.

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Annalisa De Vitis
Annalisa De Vitis

Appassionata di geopolitica, strategia militare e cinema. Il mio background va dagli studi di relazioni internazionali a quelli di comunicazione politica. Ho studiato in Italia, Belgio e Stati Uniti. Dopo aver concluso un dottorato di ricerca in politica estera e comunicazione, svolgo studi a e analisi per organizzazioni e università statunitensi ed europee che si occupano di politica estera. Il mio focus  è  il Medioriente e ho un particolare interesse per gli studi sul terrorismo.

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