Oggi a Vienna riprendono i negoziati tra 5+1 ed Iran sul controverso programma nucleare di quest’ultimo. Quello che ci si attende come un incontro preparatorio per altri a seguire è stato però preceduto da prese di posizione forti, sia da parte americana che da parte iraniana. In 3 sorsi un aggiornamento sulla situazione
UN BREVE RIEPILOGO – L’accordo raggiunto in novembre dal precedente round negoziale, ed in vigore dallo scorso mese, non è un accordo definitivo. Tale accordo prevede soltanto uno stop di 6 mesi (fino al 20 luglio) al programma nucleare iraniano, lasso nel quale gli Stati seduti al tavolo dei negoziati sperano di raggiungere una soluzione definitiva, sebbene secondo alcuni diplomatici ciò richiederà più tempo. Nel dettaglio, l’accordo prevede lo stop dell’arricchimento dell’uranio oltre il 5%, la diluizione o conversione del minerale già arricchito al 20%, lo stop all’installazione di nuove centrifughe e il divieto all’utilizzo di quante già installate, ma non operative. Sono previsti sistemi di verifica rafforzati per monitorare il rispetto dei termini. In cambio, l’Iran ha assistito ad un alleggerimento in alcune delle sanzioni impostegli, per un valore di circa 6 miliardi di dollari.
IL NUOVO ROUND – Oggi comincerà una sessione che i diplomatici si aspettano durerà tre giorni. Ciò che si andrà a discutere non saranno però i dettagli di un accordo definitivo, bensì si cercherà di determinare come organizzare i negoziati che seguiranno: come organizzare i gruppi di lavoro, quale livello di competenza tecnica sarà necessario, di cosa discutere e in che ordine affrontare le questioni ed infine, quanto spesso incontrarsi. Come afferma un funzionario americano citato dal New York Times, questo è l’inizio di un lungo e difficile processo che richiederà tempo per garantire la sicurezza alla comunità internazionale su di un tema in cui è nei dettagli che si annidano le controversie e la posta in gioco è alta.
CLIMA TESO –  La conferenza non comincia però nel migliore dei modi. Una serie di dichiarazioni ufficiali ed atti fanno comprendere che il desiderio di trovare una soluzione al problema posto dal controverso programma iraniano deve comunque fare i conti con il contesto politico nel quale i protagonisti delle nazioni coinvolti si muovono. Obama, durante una conferenza stampa congiunta con il presidente Hollande, ha dichiarato, in risposta ad una domanda della stampa, che ogni soggetto che violerĂ le sanzioni pendenti sull’Iran lo farà “a proprio rischio e pericolo” e che le sanzioni ancora in vigore continueranno ad essere applicate; una posizione volta a rassicurare il Congresso, che non vuole un accordo che vada a discapito della sicurezza. Sul fronte iraniano invece, l’Ayatollah Khamenei ha dichiarato ieri che non ritiene possibile un accordo definitivo, ma che anche qualora “l’impossibile accadesse” “l’inimicizia degli Stati Uniti è verso il cuore della Rivoluzione Islamica e verso l’Islam” e che questa inimicizia non terminerĂ con le negoziazioni. Parole forti e che non concedono troppo spazio di manovra al governo di Rouhani, autore dell’apertura ai negoziati, specie la settimana successiva il 35° anniversario della Rivoluzione, celebrata con due test balistici coronati dal successo.
Matteo Zerini