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Un nuovo cigno nero

Focus Egitto – Vediamo quanto accade in Egitto sotto un'altra prospettiva. Tra le varie cause che hanno portato a questa rivolta, ce n'è una, meno immediata di altre, che coinvolge il mondo intero: il drastico aumento dei beni alimentari. Proviamo a capire, in due analisi distinte, le dinamiche che hanno portato a questa crisi nella crisi. E se volete capire anche il titolo… ve lo spieghiamo nel chicco in più

QUANTO CONTA L'EGITTO PER IL MONDO – In questi giorni l’Egitto è in fiamme. Ma prima è caduto il regime in Tunisia, ci sono stati e continuano moti e suicidi dimostrativi in Algeria, dimostrazioni in Yemen, tensioni in Libia, Libano e Siria, dopo i violenti disordini nel Mozambico, a settembre. Naturalmente la crisi egiziana riflette tensioni e contraddizioni proprie di quel Paese, ignorate o represse per decenni, e quelle decideranno (assieme a nevralgiche relazioni internazionali) l’esito di questa fase insurrezionale – tra guerra civile, rivoluzione democratica o islamica, o repressione. Oltre a questo aspetti, l'Egitto presenta anche profili geopolitici particolarmente nevralgici:

_ si tratta del più grande, importante Paese arabo (a parte, forse, la superpotenza energetica saudita);

_ è un alleato-chiave degli Usa nel mondo arabo e islamico, storicamente moderato e amico di Israele;

_ una discreta potenza energetica (nel gas naturale);

_ controlla la giugulare dei traffici commerciali globali, Suez, e la via del Mar Rosso (cruciale per la proiezione strategica degli Usa). Le stesse operazioni in Iraq e Afghanistan ne dipendono per la logistica;

_ le forze armate sono in possesso di asset tecnologici e di intelligence strategici, per il loro stretto rapporto con gli Usa e Israele.

MERCA(U)TI – Se pure i mercati hanno dimostrato finora un notevole sangue freddo (forse anche eccessivo) rispetto alle convulsioni arabe ed egiziane, si tratta di aspetti che non mancheranno di pesare sulle quotazioni petrolifere, nei mesi (o anni) a venire. Sullo scenario egiziano gioca anche un terrorismo islamista particolarmente aggressivo e organizzato, che periodicamente colpisce nei siti più importanti dell’industria turistica, e recentemente ha preso di mira la minoranza cristiana. Incombe inoltre una gravissima crisi internazionale – con gli altri paesi rivieraschi del Nilo – che può minare il fragile sviluppo del paese, la sua stessa sostenibilità economica, e degenerare in conflitto armato.

IL RUOLO DEI BENI ALIMENTARI: DOMANDA – Nondimeno è in origine anche questa, come le altre, una crisi del pane, l’esasperazione generata dal forte aumento dei prezzi alimentari.

La crescita dei prezzi agroalimentari ha a che fare con trend di medio periodo e violente distorsioni a breve, con problematiche sul lato dell’offerta e su quello della domanda. E’ anche il punto d’incrocio di alcune tendenze fondamentali del nostro tempo: l’ascesa dei paesi di nuova industrializzazione in Asia orientale; il Peak Oil (picco del petrolio: momento in cui la l'estrazione del petrolio a livello mondiale raggiunge il suo valore massimo); il mutamento climatico; la finanziarizzazione sregolata dell’economia e una politica del dollaro molto unilaterale da parte degli Usa.

Esiste chiaramente una tendenza strutturale al rialzo dei prezzi: lo sviluppo vorticoso delle economie Bric e di altri emergenti (soprattutto in Asia orientale, America Latina e penisola arabica), l’espansione delle rispettive classi medie, comporta una domanda crescente di beni alimentari, in particolare carne e tutte le colture implicate nella filiera (come foraggio). Aldilà della crescita dei redditi esiste anche una pressione crescente derivante da una transizione demografica (verso un equilibrio di tipo occidentale, o anche cinese) ancora agli inizi in quasi tutta l’africa subsahariana, e tuttora in corso nel resto del continente: da qui alla metà del secolo la popolazione dell’Africa raddoppierà il miliardo attuale.

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IL RUOLO DEI BENI ALIMENTARI: OFFERTA – Sul lato dell’offerta si deve scontare una continua (se pure soggetta ad accelerazioni e rallentamenti) perdita di suolo agricolo e di produzione a causa di:

_ processo di desertificazione in atto, soprattutto in parte dell’Africa (ma colpisce anche molti paesi del nord Mediterraneo, Italia compresa); in particolare una fase del processo consiste del deterioramento o distruzione del topsoil, lo strato di suolo superficiale, il più organico e fertile, spesso a causa di (più frequenti) eventi climatici estremi

_ Urbanizzazione (particolarmente intensa nei paesi dell’Africa subsahariana), che da un lato sottrae terreno arabile, dall’altro altera l’equilibrio nella distribuzione territoriale dei rifiuti organici;

_ espansione della domanda e produzione di biofuel. Questa ha pure natura ciclica, aumenta drasticamente con i forti rialzi nel prezzo del petrolio;

_ declino della popolazione agricola nei territori della Russia e in generale della ex-Unione Sovietica.

Il peak oil che si profila per i prossimi anni, con forti aumenti e alta volatilità nei prezzi degli idrocarburi, ha così un duplice impatto negativo sull’offerta agroalimentare: da un lato, appunto, sottrae terreno alle colture alimentari a favore del biofuel, dall’altro, in agricolture sempre più ad alta intensità di idrocarburi (meccanizzazione e ampio utilizzo di fertilizzanti chimici), incide pesantemente sui costi.  

L'INIZIO DELLA CRISI – Quando, nel 2010, un’estate di incendi falcidia i raccolti della Russia, il quadro è già in tensione, con un po’ tutti i prezzi di alimentari, petrolio, metalli e cotone in rialzo da mesi. E’ l’innesco della crisi, con il blocco all’export di grano decretato da Putin. Di per sé il danno ricevuto dalle colture russe non avrebbe un impatto molto pesante e durevole sui mercati, ma da Mosca viene un 13% delle esportazioni mondiali di frumento e il blocco innesca a sua volta i primi acquisti di panico, un principio di accaparramento da parte dei paesi più dipendenti dall’estero per il fabbisogno – il più importante di questi è l’Egitto. I prezzi salgono ulteriormente. Al blocco di Mosca seguono misure analoghe nello spazio post-sovietico, da parte di Ucraina (altro importante esportatore) e Kazakhstan. In Mozambico, a inizio settembre, esplodono i primi moti di disperazione, le rivolte del pane, dopo un aumento dei prezzi del 30% nel giro di ventiquattro ore.

In realtà è un anno particolarmente sventurato per l’agricoltura, ai disastri russi seguiranno piogge anomale e danni alle colture in India, con una fiammata dell’inflazione alimentare e ricorso alle importazioni addirittura dall’odiato Pakistan; raccolti mediocri negli Usa (che da soli valgono più della metà dell’export mondiale di grano) e forti tensioni in Messico; cattivi raccolti in Indonesia.

Da metà autunno il petrolio ricomincia la sua cavalcata, assieme ai metalli (rame in particolare), sull’onda della ripresa Usa. A questo punto si profila la manovra della Federal Reserve, dall’impatto fortemente inflazionista.

(1. continua)

Andrea Caternolo [email protected]

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