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Uno a zero per Dilma

A due mesi dal passaggio del testimone, la prima Presidente donna del Brasile sembra aver cominciato con il piede giusto, nonostante la pesante eredità raccolta dopo l'uscita di scena di Lula. L'atteggiamento con cui la Rousseff sembra voler improntare il suo Governo è dettato dal pragmatismo e dalla fermezza, in politica interna così come in quella estera.

BUONA LA PRIMA – Due mesi non sono sufficienti per valutare l'operato di un Governo, che per essere giudicato nel suo complesso ha bisogno di un intero mandato. Tuttavia, i primi mesi (i famosi “primi cento giorni”) possono essere importanti per trasmettere l'impostazione, l'impronta che un esecutivo vuole imprimere alla propria azione politica. In questo periodo, in America Latina i riflettori sono puntati maggiormente sul Brasile e su Dilma Rousseff, prima Presidente donna nella storia del Paese, che il 1 gennaio scorso ha preso il posto di Lula Da Silva. Un'eredità ingombrante con cui fare i conti: otto anni di successi in campo politico ed economico, che hanno portato il Brasile ad essere una delle principali potenze mondiali, non sono certo un fardello semplice da portare.

Nei confronti della Rousseff, economista che per la prima volta è stata eletta in una consultazione politica e che aveva ricoperto il ruolo di Ministro della Casa Civil nel precedente governo Lula, si era sollevato parecchio scetticismo. I detrattori ne hanno messo in luce da una parte il presunto deficit di carisma e dall'altra la sua appartenenza, in gioventù, alla guerriglia dell'estrema sinistra, che tra gli anni '60 e '70 contrastò la dittatura militare allora al potere in Brasile.

I primi provvedimenti presi dal Capo di Stato brasiliano sembrano essere invece promettenti, nonostante nei mesi a venire si presenteranno importanti sfide da affrontare.

 

SU GLI STIPENDI…MA NON TROPPO – Il primo successo ottenuto dalla Rousseff è stata l'approvazione, da parte del Congresso brasiliano, dell'aumento del salario minimo. Per legge, è stato alzato da 510 reais (305 $) a 545 reais (un incremento del 6,5%, perfettamente in linea con l'inflazione), rifiutando la proposta del Partito della Social Democrazia Brasiliana (PSDB) di aumentarlo a 600 R$. Il Governo, che è per buona parte composto da esponenti del Partito dei Lavoratori (PT), forza di sinistra, avrebbe potuto decidere per un aumento superiore e godere così dell'approvazione popolare: ha però resistito con fermezza alle “sirene” populiste, che in America Latina sono sempre pericolose. L'inflazione è infatti uno dei principali problemi che sta colpendo l'economia brasiliana: sintomo di “surriscaldamento” dell'economia, tende infatti ad aumentare nei periodi di grande e rapida crescita. Insieme all'eccessivo apprezzamento della valuta locale, che potrebbe danneggiare le esportazioni, e alla spesa pubblica da ridurre, costituisce le principali sfide interne che il nuovo esecutivo deve fronteggiare. Per quanto riguarda l'ultimo punto, il Governo ha intenzione di approvare tagli alla budget federale per un totale di 50 miliardi di R$: cosa tutt'altro che facile se non si vogliono andare a toccare i grandi progetti di sviluppo economico e sociale come “Bolsa Familia” (che ha fatto emergere venti milioni di brasiliani dalla situazione di povertà estrema) e si vogliono sostenere i grandi progetti di investimento necessari per l'organizzazione dei Mondiali di Calcio 2014 e delle Olimpiadi 2016.

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BARACK, QUA LA MANO – La politica estera è ovviamente l'altra questione fondamentale su cui valutare l'operato della “Presidenta” sulla scena internazionale. Il Brasile di Lula era riuscito a imporsi come protagonista globale trascurando per contro le relazioni regionali, in primo luogo all'interno del Mercosur (l'unione doganale che riunisce anche Argentina, Paraguay e Uruguay). Le prime mosse della Rousseff sembrano andare nella direzione di recuperare questo rapporto: la prima visita ufficiale all'estero, non a caso, è stata effettuata in Argentina alla fine di gennaio. Buenos Aires è il primo partner commerciale del Brasile: lì affluisce gran parte dell'export e con l'Argentina sorgono i principali contrasti in materia di commercio internazionale (negli ultimi anni si sono infatti ripresentate nuove forme di protezionismo). Il Brasile ha bisogno di esercitare un ruolo guida in Sudamerica, un continente che sta crescendo sempre più a livello di singoli attori (Cile e Perù sono attualmente i più dinamici), ma che potrebbe esercitare un'influenza globale ancora maggiore se agisse realmente di concerto, a dispetto delle numerose iniziative di integrazione regionale che però, in buona parte dei casi, non producono grandi risultati concreti.

La seconda relazione strategica è quella con gli Stati Uniti: finora, il Presidente Obama non si è occupato a sufficienza delle relazioni emisferiche, dimostrando persino minore attenzione del predecessore, George W. Bush, che aveva invece dato vita negli ultimi anni del suo mandato ad una relazione proficua con Lula. Obama viaggerà tra pochi giorni in America Latina, toccando El Salvador, Cile e ovviamente il Brasile, con promesse di investimenti in vista dei grandi eventi che il colosso sudamericano ospiterà nei prossimi anni. Una rinnovata intesa economica, oltre che geopolitica per la sicurezza dell'intero continente (narcotraffico e criminalità organizzata sono le principali minacce), sembra imprescindibile per il futuro di questi due Paesi: gli USA non sono più nella condizione di agire da soli, il Brasile ha bisogno di Washington per accrescere ulteriormente il suo peso internazionale.

 

Davide Tentori

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Davide Tentori
Davide Tentori

Sono nato a Varese nel 1984 e sono Dottore di Ricerca in Istituzioni e Politiche presso l’UniversitĂ  “Cattolica” di Milano con una tesi sullo sviluppo economico dell’Argentina dopo la crisi del 2001. Il Sudamerica rimane il mio primo amore, ma ragioni professionali mi hanno portato ad occuparmi di altre faccende: ho lavorato a Roma presso l’Ambasciata Britannica in qualitĂ  di Esperto di Politiche Commerciali ed ora sono Ricercatore presso l’Osservatorio Geoconomia di ISPI. In precedenza ho lavorato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dove mi sono occupato di G7 e G20, e a Londra come Research Associate presso il dipartimento di Economia Internazionale a Chatham House – The Royal Institute of International Affairs. Sono il Presidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del Desk Europa

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