In 3 Sorsi – Nata come investimento e risorsa per l’intera regione dell’Africa Orientale, la ferrovia Etiopia-Gibuti si sta rivelando sempre di piĂą l’ennesima cattedrale nel deserto africano.
1. LA FERROVIA DELL’AFRICA ORIENTALE
Gli investimenti cinesi non rappresentano affatto una novitĂ nello scacchiere africano: svariati sono infatti gli esempi tangibili della politica che Pechino conduce in questo continente, che si rivela centrale nella strategia globale cinese. Una delle principali, e piĂą recenti, rappresentazioni delle mire cinesi è costituita dalla linea ferroviaria Etiopia-Gibuti, la quale costituisce tra l’altro uno dei progetti infrastrutturali piĂą rilevanti dell’intera Africa. Lo scopo della linea Addis Abeba-Gibuti – nata prevalentemente per alleggerire il traffico della capitale etiope e che si estende per ben 759 chilometri – è quello di fornire non solo accesso al Mar Rosso e al Golfo di Aden all’Etiopia, ma anche di contribuire alla trasformazione economica dell’intera Africa Orientale. Ritardi strutturali, debiti e malfunzionamenti hanno però contribuito a rendere l’ambizioso progetto di investimento asiatico – che costituisce un pezzo del grande puzzle formato dal progetto della Via della Seta marittima – da opportunitĂ a sostanziale fallimento.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Il viaggio inaugurale nel 2017 della ferrovia Etiopia-Gibuti, con la partenza dalla stazione di Nagad, nella cittĂ di Gibuti
2. FINANZIAMENTI CINESI NEL CORNO D’AFRICA
Il progetto ha preso le mosse nel dicembre 2011 ed è stato finanziato da Exim Bank, banca controllata dallo Stato cinese la cui principale attività si concentra sull’import-export. Il costo finale della ferrovia ammonta a 475 milioni di dollari, gran parte dei quali sostenuti proprio da Exim Bank, mediante la concessione di prestiti. Ci sono voluti circa tre anni per completare la costruzione della ferrovia, portata avanti da China Railway Group Limited, affiliata alla China Railway Engineering Corporation (CRER). Nel 2017, tuttavia, la Ethiopian Railway Corporation (ERC) non è riuscita a terminare il progetto previsto, a causa di ingenti problemi finanziari. Con un debito che ammontava già a 3,7 miliardi di dollari, la ERC nel 2016 ha iniziato a ripagare i prestiti ricevuti senza prima aver predisposto una rete ferroviaria funzionante ed efficiente. La linea ha iniziato ad operare il 1° gennaio 2018 mettendo in luce da subito i primi problemi: forti ritardi a causa di collisioni con animali lungo il tragitto e treni che non sono in grado di movimentare i carichi necessari ad alleggerire il traffico merci su gomma nella capitale etiope.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Lavoratori cinesi in un cantiere per la costruzione della ferrovia Etiopia-Gibuti
3. L’ENNESIMA CATTEDRALE NEL DESERTO
Il progetto iniziale della ferrovia Addis Abeba-Gibuti era ambizioso: ridurre il traffico della capitale etiope, fornire accesso alle rotte marittime all’Etiopia – considerato che gli altri porti della regione sono collocati in Somalia, Paese altamente instabile e in Eritrea, con la quale solo recentemente è stata avviata una distensione – e contribuire alla crescita economica dell’intera regione, tramite collegamenti con i progetti infrastrutturali nell’area, quali il corridoio LAPSSET tra il Sud Sudan e il Kenya. La realtĂ dei fatti si è rivelata, tuttavia, ben diversa: il Governo etiope, proprietario della ERC, è risultato incapace di pagare i debiti contratti per la costruzione della ferrovia e questo ha gravato, e graverĂ , sicuramente sui futuri progetti nell’area, nonchĂ© sul Governo stesso. Inoltre l’ambizioso progetto non avrebbe dovuto apportare benefici solo allo Stato etiope, rientrando nella cosiddetta strategia marittima cinese del Filo di Perle, importante tassello della Via della Seta marittima. Il Filo di Perle si pone come obiettivi principali quello di garantire la sicurezza delle basi della Repubblica popolare che si affacciano sull’Oceano Indiano, nonchĂ© di permettere alla flotta cinese un passaggio agile e sicuro attraverso gli stretti piĂą pericolosi del mondo, tra cui quello di Bab-al-Mandab (è il nome stesso a sottolinearne la pericolositĂ : in arabo significa “la porta del lamento funebre”). Per raggiungere tali obiettivi la Cina sta investendo, da ormai dieci anni, in infrastrutture come porti, ferrovie, strade, gasdotti ed oleodotti all’interno dei Paesi strategici, le “perle del filo”, appunto. Non risulta quindi insolito l’enorme interesse che il Dragone ha rivolto a questa area dell’Africa. ResterĂ però da attendere i risvolti futuri per capire se l’enorme ferrovia si riveli effettivamente un vantaggio per la Cina e l’Africa Orientale o se sia solo un’altra cattedrale nel deserto.
Veronica Bari
Foto di copertina: Skilla1st, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, via Wikimedia Commons