In 3 sorsi – Corea del Sud: centro dell’innovazione mondiale e capitale di una cultura consumistica fondata sull’usa e getta. In un contesto del genere e in un Paese ancora imperniato principalmente sullo sviluppo economico, almeno a livello industriale e imprenditoriale, il Governo sta iniziando a prendere i primi passi verso l’obiettivo della transizione energetica.
1. CARBON NEUTRALITY
A fine ottobre il Presidente sudcoreano Moon Jae-in ha dichiarato il 2050 come “data-obiettivo” per raggiungere il target delle zero emissioni. A uno sguardo approfondito la dichiarazione del Presidente appare però piuttosto vaga e non così perentoria come inizialmente riportata dai media. Moon, presentando il budget per il nuovo anno fiscale 2021, ha infatti dichiarato che saranno investiti 8mila miliardi di won (circa €6 miliardi) nel Green New Deal, ponendo l’obiettivo di “avvicinarsi” alle zero emissioni. Una piccola differenza di semantica sembra quindi creare dubbi sulla reale portata dell’impegno governativo.
Embed from Getty ImagesFig. 1 – Un impianto eolico sull’isola di Jeju, nello Stretto di Corea
2. IL GREEN NEW DEAL COREANO
Il Presidente Moon aveva in precedenza già presentato il K-Green New Deal, come alcuni lo hanno amichevolmente chiamato. Il piano è stato annunciato lo scorso luglio e, per quanto includa senza dubbio una serie importante di progetti a favore della transizione energetica e della protezione ambientale (tra cui la costruzione di 230mila case a basso impatto energetico, la produzione di 1,13 milioni di auto elettriche, investimenti statali nelle energie rinnovabili), appare principalmente come un piano economico, volto soprattutto a contrastare gli effetti della pandemia di Covid-19 sull’economia e sul mercato del lavoro. Il problema in questo caso sembra essere quindi il fatto che il piano del Governo poi così verde non è. La dichiarazione di Moon, per quanto importante simbolicamente, va quindi a inserirsi all’interno di un piano che non è efficace quanto dovrebbe esserlo. Infatti l’opinione in merito è che il Paese debba adottare delle misure più drastiche per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di gas serra, non solo per riuscire a raggiungere gli obiettivi prefissati per il 2030, ma anche quelli nuovi per il 2050. Sarebbe quindi necessaria una graduale eliminazione del consumo di carbone e una facilitazione della transizione allo sfruttamento delle energie rinnovabili. Non solo, ma seguendo l’Accordo di Parigi, per essere in linea con il resto dei Paesi firmatari e visto il suo status di potere industriale ed economico, la Corea dovrebbe aumentare il proprio obiettivo per il 2030 – da una riduzione dei gas serra del 37% a una del 74%. Queste le stime della think tank sudcoreano Solutions for Our Climate.
Embed from Getty ImagesFig. 2 – Manifestazione a Seul per sensibilizzare sul tema dei cambiamenti climatici, aprile 2020
3. LA REAZIONE DELLA SOCIETÀ CIVILE
La società civile sembra aver risposto positivamente, ma timidamente, già scottata dalle tante e confuse promesse mai rispettate. Infatti il punto principale che viene più volte ripetuto è quello della concretezza. Bisogna concretizzare le parole dette fino ad ora e, come anche sottolineato precedentemente, se i target e le misure del Governo rimangono quelle che sono in vigore ora, il discorso di Moon non sarà altro che un insieme di parole al vento. Al di là dei movimenti ambientalisti o dei gruppi che promuovono la protezione di determinati ecosistemi naturali, non ci sono state grandi reazioni all’annuncio da parte della popolazione. Pur essendoci stato un aumento della consapevolezza ambientale negli ultimi anni, come nella maggior parte dei Paesi OCSE, la parte più moderna della società sudcoreana rimane fondata sul consumo, anche energetico, e sull’usa e getta. In molti casi essa non appare quindi ancora pronta al cambiamento.
Natasha Colombo