Berlusconi in visita ufficiale in Bielorussia, patria dell’“ultimo dittatore d’Europa” Lukashenko. Gli interessi di una politica estera ambivalente. Esiste un interesse nazionale italiano?
RELAZIONI PERICOLOSE – Ci risiamo. Realpolitik ai limiti del consentito in Italia. Dopo le visite reciproche fortemente criticate con il leader libico Gheddafi e i rapporti personali quantomeno ambigui con il Presidente russo Vladimir Putin, il Premier italiano Silvio Berlusconi ha compiuto un altro viaggio diplomatico che sarà oggetto di molte disapprovazioni. Il Paese di destinazione questa volta era la Bielorussia del Presidente Aleksandr Lukashenko, anche detto “l’ultimo dittatore d’Europa”. Nessun capo di Stato o governo di un Paese europeo, dal 1994 (anno in cui Lukashenko diventò Presidente della Bielorussia), ha mai messo piede a Minsk, la capitale bielorussa. Negli scorsi anni più di una volta il Dipartimento di Stato USA, l’Unione Europea e organizzazioni come l’OSCE hanno accusato il regime di Minsk di essere anti-democratico, di aver fatto svolgere elezioni pilotate e cambiamenti costituzionali (che, per esempio, permettono allo stesso Lukashenko di ricandidarsi quante volte riterrà opportuno, mentre prima vi era un limite di due mandati presidenziali) che poco hanno a che fare con i principi ispiratori delle democrazie occidentali.
DEMOCRAZIE vs. AUTORITARISMI – Nella sua visita a Minsk che, tra l’altro, ricambiava una visita ufficiale di Lukashenko a Roma nello scorso aprile (visita durante la quale il capo di Stato bielorusso aveva incontrato anche il Papa Benedetto XVI), Berlusconi si è spinto a dichiarare che Lukashenko è un Presidente amato, come si può vedere “dai risultati elettorali che sono sotto gli occhi di tutti”. Quei risultati elettorali che, per inciso, sono così schiaccianti da risultare davvero poco credibili (nelle ultime elezioni, quelle del marzo 2006, Lukashenko vinse con l’82,6% dei consensi. Tanto per intenderci, le ultime elezioni in Iran, quelle dei brogli di Ahmadi-Nejad, hanno visto il Presidente “conquistare” il 62,4% dei voti). Dunque di nuovo la politica estera italiana e l’interesse nazionale del Belpaese sembrano non seguire linee politiche logiche, distanziandosi ancora una volta dagli alleati europei e transatlantici ed andando ad infilarsi nei meandri di regimi autoritari.
L’INTERESSE ITALIANO: GAS E ARMI? – Interessi economici, affari aziendali e rapporti privilegiati con dittatori malvisti in Europa, in cambio di una parvenza di legittimazione di quei regimi o, al limite, dei famosi 15 minuti di fama che, come diceva Andy Warhol, prima o poi nella vita spettano a tutti. Questo il limite della politica estera italiana allo stato attuale: giocare sul bisogno di uscire dall’isolamento di discussi leader, per poter dare l’impressione di agire da apripista e pionieri di nuove relazioni. Il problema è che, spesso, tutte le retroguardie dietro Roma, composte dagli alleati più tradizionali della NATO e dell’UE, non condividono tali scelte e si distanziano. In tal modo è l’Italia stessa che rischia di trovarsi isolata. Nonostante ciò, business is business. Dunque ecco che, dietro alla visita di Berlusconi a Minsk, arrivano due degli attori che più di altri determinano la politica estera italiana: ENI e Finmeccanica. La prima potrebbe essere alla ricerca di nuovi accordi con Minsk, considerando il fatto che la Bielorussia non ha molte risorse naturali, ma sul proprio territorio transita una buona fetta del gas russo diretto in Europa. Finmeccanica, invece, è già un passo avanti nelle relazioni con Minsk: lo scorso settembre il Presidente e Amministratore Delegato di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini, ha incontrato Lukashenko nella capitale bielorussa per stringere probabilmente degli accordi circa possibili investimenti italiani nel settore della difesa bielorussa. L’ex Repubblica Sovietica ha un gran bisogno di rinnovare i propri arsenali per essere al passo con i competitori regionali (come tutti i regimi autoritari, Minsk dà grande importanza al settore militare) e Berlusconi promuove gli interessi dell’industria italiana della difesa, o meglio di Finmeccanica, appunto. E I COMUNISTI? – Pensare che, in casa, Berlusconi usa spesso la retorica anti-comunista e, inoltre, anche la stessa Europa dell’Est va sempre più in questa direzione. Curioso il fatto che, mentre in Polonia la settimana scorsa si approvava un emendamento all’articolo 256 del codice penale, finalizzato a mettere al bando (pena l’arresto) qualsiasi simbolo comunista (bandiere rosse, falci e martelli, magliette con Che Guevara…) e, a Roma, il Presidente del Consiglio continui ad accusare la “magistratura comunista”, l’“opposizione comunista” e i “media comunisti”, fuori Italia Berlusconi cambi così facilmente idea. Amico personale di Putin, ex dirigente del KGB, e adesso tessitore delle lodi di Lukashenko, ex membro del Soviet, e del suo immenso consenso popolare. La Bielorussia, per inciso, ha rapporti stretti anche con la Repubblica Islamica dell’Iran, costituendo una sorta di asse strategico in funzione anti-occidentale con altri Paesi come il Venezuela. Tutti rappresentanti di regimi autoritari, con cui l’Italia continua a tessere relazioni, mettendo in pericolo la credibilità di Roma a livello europeo e facendo nuovamente intendere l’idea che si ha a Palazzo Chigi dell’interesse nazionale, carente di una visione di lungo termine che, a lungo andare, potrebbe invece rivelarsi controproducente.
Stefano Torelli