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Gli stati minori pre-unitari, strumenti della “Pax Austriaca”

Così come era stato nei secoli precedenti, la Restaurazione seguita alla sconfitta di Napoleone I Bonaparte riportò la penisola italiana a una struttura politica molto frammentata, secondo i piani dello statista austriaco Klemens von Metternich. Dietro una facciata di indipendenza formale, tali stati risultavano spesso mere pedine di Vienna prive di una propria volontà politica

 

VIENNA DECIDE – Il Congresso di Vienna che decise il riordino dell’Europa dopo le guerre napoleoniche ristabilì i tanti staterelli minori che l’Imperatore francese aveva inglobato nel suo dominio o riorganizzato nei vari regni distribuiti ai propri parenti. Allo stesso modo anche in Italia vennero restaurati tutti quegli stati che, sorti durante il Medioevo o il Rinascimento, erano poi stati inglobati nel sistema francese: principalmente il Granducato di Toscana, il Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla, il Ducato di Modena e Reggio, che inglobarono poi anche i piccoli Ducato di Lucca e Principato di Massa. (nalla cartina: l’Italia dopo il Congresso di Vienna)

 

STATI CUSCINETTO – Uno storico dell’Italia pre-unitaria potrebbe illustrare come ciascuno di essi possedesse caratteristiche proprie, tuttavia essi condividevano soprattutto alcuni tratti comuni. Si tratta in tutti i casi di stati a piccola estensione territoriale, ma il punto che ci interessa maggiormente è la loro dimensione geopolitica, minuscola anch’essa. Possiamo dire che di fatto essi non avevano una politica estera propria. Nel progetto del Metternich dovevano assolvere un doppio compito: innanzi tutto costituire una prima barriera contro eventuali nuovi avventurismi francesi – Napoleone aveva davvero spaventato tutta l’Europa e una situazione analoga non doveva ripetersi! Secondariamente dovevano costituire i pilastri del definitivo controllo austriaco sulla penisola italiana, contesa a più riprese tra le grandi monarchie europee fin dal Rinascimento.

 

Da qui la restaurazione di case regnanti legate all’Austria da vincoli dinastici e politici – spesso coadiuvate da un ministro austriaco nominato e inviato appositamente da Vienna – e dalle nobiltà che erano state espropriate di tanto potere durante l’epopea napoleonica a favore dell’emergente borghesia. La parola d’ordine rimaneva dunque mantenere lo status quo: niente avventurismi, niente politiche estere indipendenti, nessuna iniziativa non approvata da Vienna.

 

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DEBOLEZZA MILITARE E POLITICA – Del resto militarmente questi staterelli erano dei nani, raramente capaci di schierare più di una divisione o un piccolo corpo d’armata di truppe e dove i migliori ufficiali, veterani delle guerre napoleoniche, venivano spesso degradati o relegati in posizioni secondarie e contribuivano a ingrossare perciò le schiere dei cospiratori, mentre le redini dell’esercito erano affidate a generali meno esperti ma più fedeli. La stessa “pax austriaca” auspicata dal Metternich in Italia veniva mantenuta solo grazie alle truppe imperiali schierate nel Lombardo-Veneto e spesso inviate su e giù per la penisola per sedare insurrezioni e altre minacce allo status quo troppo grandi per gli eserciti locali, primi fra tutti il tentativo di riunificazione di Gioacchino Murat, cognato di Napoleone I Bonaparte, nel 1815.

 

Niente autonome rivendicazioni territoriali né guerre di frontiera dunque, tanto che una delle più rilevanti variazioni di confini registrata fu quella di alcuni territori scambiati tra Ducato di Parma e Ducato di Modena nel 1847 per permettere al sovrano parmense Carlo II di Borbone di ripianare vari debiti… A una politica estera nulla si sommano poi misure di protezionismo negli scambi commerciali (imposizione di dazi) che assieme a una crisi negli anni ’20 del XIX secolo frenarono notevolmente l’economia. Non necessariamente si trattò di governi incapaci, sicuramente furono però quasi sempre fortemente conservatori, lontani dagli ideali di gran parte della borghesia cittadina. Questa infatti, anche se allontanata dal potere, non sia accontentava di essere relegata al silenzio e voleva contare ancora nei nuovi stati. Voleva poter esprimere e far valere i suoi interessi, indipendentemente, e questo germe di libertà ne costituiva il pericolo per la monarchia asburgica perché risultava meno controllabile di un sovrano assoluto proprio vassallo.

 

UN DESTINO LEGATO A VIENNA – Si può infatti ragionevolmente affermare che una cosa il Metternich non aveva tenuto conto a sufficienza… per quanto questi stati fossero stati ricondotti alla calma, non era possibile eliminare del tutto l’esperienza napoleonica e i suoi effetti. Esistono testi ben più quotati per descrivere il complesso processo sociale che portò – in tanti modi differenti – al desiderio di unificazione. Quello che interessa notare dal punto di vista geopolitico è che la totale mancanza di una politica estera che non fosse aderente alla volontà di Vienna fece sì che i governi locali venissero visti come sue estensioni e dunque anche il loro destino fosse legato alle fortune degli Asburgo. Finché i moti rivoluzionari rimasero ridotti, come negli anni ’20 e ’30 e nel decennio tra le due guerre d’indipendenza, ogni stato poteva infatti provvedere autonomamente alla propria sopravvivenza di fronte alle rivolte. Nel caso delle forti insurrezioni del ’48-49 invece, i governi furono costretti all’esilio per mesi poiché l’esercito austriaco era impegnato da quello piemontese e furono ristabiliti solo in seguito alla sconfitta dei Savoia. Dieci anni dopo toccò invece all’Austria la sconfitta e a questi staterelli di scomparire, assorbiti dal nascente stato italiano.

 

Lorenzo Nannetti

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Lorenzo Nannetti

Nato a Bologna nel 1979, appassionato di storia militare e wargames fin da bambino, scrivo di Medio Oriente, Migrazioni, NATO, Affari Militari e Sicurezza Energetica per il Caffè Geopolitico, dove sono Senior Analyst e Responsabile Scientifico, cercando di spiegare che non si tratta solo di giocare con i soldatini. E dire che mi interesso pure di risoluzione dei conflitti… Per questo ho collaborato per oltre 6 anni con Wikistrat, network di analisti internazionali impegnato a svolgere simulazioni di geopolitica e relazioni internazionali per governi esteri, nella speranza prima o poi imparino a gestire meglio quello che succede nel mondo. Ora lo faccio anche col Caffè dove, oltre ai miei articoli, curo attività di formazione, conferenze e workshop su questi stessi temi.

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