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Obama Redentore?

Il primo viaggio del Presidente statunitense in Sudamerica è stato accompagnato dalla consueta retorica legata al cambiamento. Effettivamente le condizioni per un rilancio delle relazioni tra Washington e il suo antico “cortile di casa” ci sarebbero. Una nuova fase della politica USA verso le Americhe non può però prescindere da un nuovo rapporto con il Brasile

 

CAPOEIRA E CAIPIRINHA – Mentre in Libia la coalizione dei “volenterosi” faceva partire i primi aerei e sparava i primi colpi contro le Forze Armate di Gheddafi, Barack Obama assisteva ad uno spettacolo di capoeira (caratteristica danza-combattimento brasiliana) e camminava mano nella mano con moglie e figlie ai piedi del Cristo Redentore, affacciato sul panorama mozzafiato della baia di Rio de Janeiro. Con tutti i problemi che ci sono nel mondo, tra la crisi maghrebina e la catastrofe giapponese, era questo il momento di prendersi una vacanza? In realtà, la visita in Brasile era stata programmata già da diversi mesi e si inserisce nella prima “tournée” ufficiale del Presidente statunitense in Sudamerica. Dopo la prima tappa brasiliana Obama è volato in Cile lunedì 21 marzo, da dove ripartirà alla volta di El Salvador.

A parte il passaggio obbligato in Brasile, che è una delle principali potenze emergenti sulla scena globale e il più importante attore geopolitico ed economico di tutta l'America Latina, le altre due destinazioni sono i Paesi con i quali – a parte la storica relazione di alleanza con la Colombia e con il Messico – la Casa Bianca intrattiene attualmente i migliori rapporti in America Latina. Quanto agli altri Stati, le relazioni sono in buona parte da ricostruire.

 

BARACK E DILMA – Il primo Presidente statunitense nero che incontra la prima Presidente brasiliana donna: cosa desiderare di più per sfruttare l'effetto mediatico dell'incontro tra Barack Obama e Dilma Rousseff, entrata in carica dopo gli otto anni di Governo Lula? Al di là della retorica, le attuali leadership di Usa e Brasile potrebbero ridare vita alle relazioni bilaterali, dopo alcuni anni in cui – durante la Presidenza Bush ma anche nei primi due anni di Obama – gli Usa si erano sostanzialmente dimenticati del proprio “cugino” sudamericano. Dilma Rousseff ha infatti impresso da subito alcuni cambiamenti importanti alla politica estera brasiliana: su tutti il raffreddamento delle relazioni con l'Iran (dopo l'ambigua amicizia intrapresa da Lula con Ahmadinejad) e la sostituzione del precedente ministro degli Esteri Celso Amorim, fautore dell'avvicinamento a Teheran, con Antonio Patriota, guarda caso ex ambasciatore negli Stati Uniti.

Nonostante le buone intenzioni, tuttavia, sul tappeto ci sono alcuni nodi spinosi da sciogliere e che precludono una robusta ripresa dei rapporti bilaterali. Brasilia vuole ottenere un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (sempre che la riforma dell'organo venga prima o poi effettuata), Washington vuole mantenere il proprio surplus commerciale nei confronti del Brasile. Gli USA vorrebbero anche che la nazione sudamericana supportasse la sua richiesta alla Cina di apprezzare finalmente lo yuan (che Pechino tiene artificialmente basso per favorire le esportazioni), dall'altra parte il colosso carioca vorrebbe che lo zio Sam rinunciasse a sussidiare i propri produttori di biocarburanti per consentire a quelli brasiliani, ben più efficienti, di espandere il proprio mercato.

Il Brasile sarà un Paese molto appetibile nei prossimi anni in tema di investimenti, soprattutto per quanto riguarda lo sfruttamento dei ricchi giacimenti petroliferi recentemente scoperti al largo dell'Atlantico e per le commesse di opere infrastrutturali che precederanno l'organizzazione dei Mondiali di Calcio nel 2014 e delle Olimpiadi del 2016.

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SEBASTIAN, AMICO MIO – Obama ha lodato il Presidente cileno Piñera per i successi conseguiti nel suo primo anno di mandato, funestato dal terremoto del febbraio 2010 a cui ha però fatto seguito una formidabile e pronta ripresa. Il leader Democratico, additando Santiago come un “modello” per tutto il continente sudamericano, ha sottolineato la buona salute delle relazioni bilaterali, che erano rimaste positive anche durante gli anni di Presidenza di Michelle Bachelet, esponente del Centrosinistra. Gli USA intrattengono una discreta cooperazione con il Cile, che però non è inserita all'interno di un disegno di integrazione regionale ma è bensì volta verso lo spazio del Pacifico. Così strutturata, dunque, l'amicizia tra USA e Cile non può apportare sensibili giovamenti al rafforzamento dei vincoli tra Nord e Sudamerica.

 

PROSPETTIVE – Gli USA non possono prescindere da una relazione strategica con il Brasile, seconda potenza delle Americhe, e con tutta la regione sudamericana, specialmente in un periodo nel quale la supremazia yankee sta venendo meno per effetto della crescita di altre potenze come la Cina. Pechino, attraverso commercio e investimenti, sta accrescendo la propria influenza anche in Sudamerica, andando a coprire lentamente un vuoto geopolitico lasciato colpevolmente vuoto negli ultimi anni dagli Stati Uniti, che hanno concentrato la maggior parte dei propri sforzi in politica estera in Afghanistan e Iraq. Dal punto di vista della sicurezza economica e difensiva, tuttavia, gli USA dovrebbero ricostruire un sistema di relazioni emisferiche. La logica del “divide et impera”, implementata fino agli anni '80, oggi non può più funzionare, ma nuovi rapporti vanno improntati sulla parità e il rispetto reciproco. Ecco perchè il Brasile dovrebbe diventare un alleato fondamentale.

 

Davide Tentori

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Davide Tentori
Davide Tentori

Sono nato a Varese nel 1984 e sono Dottore di Ricerca in Istituzioni e Politiche presso l’UniversitĂ  “Cattolica” di Milano con una tesi sullo sviluppo economico dell’Argentina dopo la crisi del 2001. Il Sudamerica rimane il mio primo amore, ma ragioni professionali mi hanno portato ad occuparmi di altre faccende: ho lavorato a Roma presso l’Ambasciata Britannica in qualitĂ  di Esperto di Politiche Commerciali ed ora sono Ricercatore presso l’Osservatorio Geoconomia di ISPI. In precedenza ho lavorato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dove mi sono occupato di G7 e G20, e a Londra come Research Associate presso il dipartimento di Economia Internazionale a Chatham House – The Royal Institute of International Affairs. Sono il Presidente del Caffè Geopolitico e coordinatore del Desk Europa

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