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Elezioni presidenziali: l’anomalia nella regola

In Kazakhistan, uno dei Paesi più ricchi di risorse energetiche di tutta l’Asia, le elezioni presidenziali tenutesi il 3 aprile scorso hanno decretato la vittoria del Presidente in carica, Nursultan Nazarbaiev, che ha riscosso un consenso quasi totale in una tornata elettorale ricca di irregolarità e con pesanti sospetti di brogli

UNA LUNGA STORIA – Da quando nel 1991 Nazarbaiev (nella foto) fu chiamato per la prima volta a guidare il Kazakistan sono trascorsi venti anni, durante i quali il Presidente ha tentato di consolidare ed estendere la durata del suo potere attraverso elezioni poco rispettose delle regole democratiche condivise dalla comunità internazionale, a detta degli osservatori, ed emendamenti costituzionali particolarmente favorevoli.

Di recente la Corte Costituzionale di Astana il 31 gennaio ha bocciato, per non conformità alla Costituzione, la proposta referendaria che contemplava l’ipotesi di saltare le due tornate elettorali del 2012 e del 2017, prolungando il mandato del Presidente almeno fino al 2020. Bocciatura che Nazarbaiev e i suoi accoliti parlamentari del Nur Otan non sembrano aver gradito, tanto da indurli pochi giorni a votare all’unanimità un ulteriore emendamento costituzionale che ha autorizzato l’indizione di nuove ed anticipate elezioni presidenziali.

Al voto del 3 aprile, dopo numerose defezioni, erano stati ammessi all’agone politico, oltre al Presidente in carica, Zhambyl Akhmetbekov, Gasi Kasimov e Mels Eleusizov: i primi due direttamente controllati dal partito di Nazarbaiev, mentre l’ambientalista Eleusizov ama dirsi “autonomo”. Gli storici partiti di opposizione hanno rifiutato di prendere parte a quello che hanno definito un bluff elettorale, rinunciando alla candidatura e denunciando come arbitraria ed immotivata la decisione di anticipare il voto.

UN SISTEMA SALDO – Per comprendere la dimensione del sistema autocratico e monolitico di Nazarbaiev è utile citare il totale dei voti ottenuti durante l’ultima tornata elettorale nella quale il Presidente ha ottenuto un consenso pari al 95,5%, addirittura accresciuto rispetto al 2005 quando vinse le elezioni con il 91,15% delle preferenze. “I risultati hanno stabilito che il popolo kazako approva il lavoro che ho svolto negli ultimi 20 anni” così ha tuonato Nursultan Nazarbaiev. Difficile scorgere il limes tra assenso al leader e acquiescenza degli assoggettati, tra apprezzamento e arrendevolezza, tra accettazione dello status quo e rinuncia al mutamento. Quello che è certo è che l’indizione anticipata delle elezioni si presenta come una anomalia senza precedenti, e la rigidità del sistema politico, altamente personalizzato, non concede alla debole opposizione alcuno spazio di negoziazione o acquisizione di potere.

Ma dunque, se il Presidente settantenne è l’uomo forte che non cede il passo e mantiene salda la posizione, come si spiega l’urgenza di giocare anticipatamente questa partita elettorale?

UNA GIOCATA D'ANTICIPO – Per rispondere ad un tale quesito occorre volgere lo sguardo verso occidente, e guardare alla primavera rivoluzionaria che ha sconvolto gli equilibri dei poteri e delle forze in nord-Africa, ha spodestato dagli scranni del governo potenti come il tunisino Ben Ali e l’egiziano Mubarak, ha scatenato l’intervento armato della NATO sulla Libia e minaccia di spostarsi oltre il Medio Oriente, verso l'Asia centrale.

In accordo con quanto ha dichiarato l’analista politico Christya Riedel, la strategia adottata dal Presidente è finalizzata a “reprimere le manifestazione anti-governative sul fronte interno”. Per assicurarsi che il sentimento rivoluzionario popolare non arrivi alle porte di Astana, il leader kazako ha acutizzato la censura di numerosi siti web e soprattutto dei notissimi social network, Facebook e Twitter, che hanno veicolato le proteste tunisine ed egiziane, adottando quindi hard policies per soffocare il dissenso.

Attraverso le elezioni Nazarbaiev mira ad agire a livello nazionale, rinforzando la stabilità del governo e rigettando preventivamente ogni eventuale contagio nord-Africano, mira riformista o agitazione popolare; per quanto invece concerne la politica estera, il Presidente cerca di potenziare la credibilità della sua carica propagandando al mondo intero la sua capacità di disciplinare l’ordine pubblico e promuovendo il Kazakistan come baluardo di sicurezza e difesa degli interessi e dei contrappesi nello spazio geopolitico centro-asiatico degli Stati Uniti, della Russia e della Cina.

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STRATEGIA REGIONALE – È necessario rilevare, nondimeno, un ulteriore elemento che conferma gli orientamenti strategici del governo kazako, ossia la competizione tra il Kazakistan e l’Iran per aumentare il proprio peso a livello regionale e per la leadership energetica, nel tentativo di guadagnare interessi e favori di investitori esteri e rafforzare la partnership della Cina. Proprio a partire dalle accuse che Narzabaiev lanciò nel 2006 contro l’Iran, tacciato di essere il fulcro dell’instabilità nella regione, prende corpo l’impegno del leader kazako di promuovere una nuova immagine del Paese quale bilanciere per la sicurezza in Asia centrale. Dopotutto, il pragmatismo politico del governo di Astana che punta tutto sulla sicurezza regionale risponde pienamente agli obiettivi programmatici disposti dalla Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO/OCS), della quale il Kazakhistan è membro effettivo, corteggiato per la ricchezza delle sue risorse energetiche e per l’importanza del suo contributo alla cooperazione per la difesa contro le minacce del terrorismo transnazionale di matrice islamica.

DUE PESI E DUE MISUREL’appoggio dell’Organizzazione di Shanghai al Presidente Nazarbaiev è forte, tanto che il Segretario Generale Muratbek Imanaliyev, in rappresentanza del comitato di osservatori inviati per le elezioni del 3 aprile, ha dichiarato: “La missione ritiene che le elezioni presidenziali del Kazakistan siano state libere e aperte, soddisfacendo tutti i requisiti della normativa nazionale e degli standards elettorali internazionali”. Tuttavia, secondo quanto hanno riferito all’indomani della votazione gli operatori dell’Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa (OSCE) attivi sul campo, le elezioni “hanno visto una vittoria quasi plebiscitaria di Nursultan Nazarbaiev e sono state carenti di standard genuinamente democratici”.

Gli osservatori dell’Osce hanno rilevato “una serie di gravi irregolarità, compresa una serie di firme apparentemente identiche sull’elenco degli elettori (219 casi) e forti indizi di voti fraudolenti (28 casi) […] le urne non sono state chiuse correttamente (98 casi), il voto di gruppo (128 casi), il voto multiplo (34 casi), e il voto per delega (63 casi). In 80 dei seggi elettorali visitati sono state ammesse al voto le persone che non hanno presentato il documento d’identità prescritto”.

L’esito di questa sessione elettorale era prevedibile ma la chiamata alle urne dei kazaki mostra un disegno strategico basato sull'opportunismo politico di Nazarbaiev, in risposta al bisogno di confermare al mondo l’irrinunciabilità del suo ruolo di stabilizzatore e nodo degli equlibri regionali.

Dolores Cabras

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