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Cavour: l’uomo di Stato, per uno Stato che ancora non c’era

Caffè 150 – Cavour appartenne ad una generazione che si era formata sulla scia della ereditĂ  rivoluzionaria e napoleonica, liberale ma non repubblicano. Fu uomo privo di scrupoli che confidava nel genio dell’intrigo spinto fino all’eroismo. La sua figura è però meglio presentata come il ministro piemontese che sovrastò ai suoi contemporanei perchĂ© guardava agli stessi problemi, ma con l’occhio dell’uomo di stato.

 

CAVOUR E IL SUO TEMPO Gli avvenimenti del 1848-49 avevano messo in evidenza di quale importanza fosse per lo sviluppo dell’indipendenza italiana il coinvolgimento della popolazione, in particolare la cittadinanza borghese ed emergente che si era posta come guida fin da subito e che in alcuni casi era uscita inizialmente vittoriosa. Ma il fallimento ultimo dei moti spontanei, se pure proponeva la possibilità di riprendere la via regia all’indipendenza, poneva un problema di fondo: come legare le aspirazioni e le forze popolari a un progetto nazionale coordinato, e riuscire a tradurre ciò in un efficace programma politico?

 

In Italia fu nel 1848 che la questione politica innescò la questione nazionale, consistente nel richiedere l’indipendenza dall’Austria e l’unificazione del territorio in un unico stato. L’unità d’Italia, attuata nel 1861 dopo la II Guerra d’Indipendenza e la spedizione garibaldina nel Regno delle Due Sicilie, fu per Cavour solo un espediente per bloccare i movimenti democratici dei mazziniani, e non l’avverarsi di un sogno unitario che il mito fa risalire addirittura a Dante e ai suoi canti politici. L’ambizione romantica di un’unica realtà geopolitica “una d’arme, di lingua, d’altar/ di memori, di sangue e di cuore” apparteneva alla sinistra mazziniana e non alla destra storico-liberale di Cavour, che da buon ministro dei Savoia non pensava ad altro che all’ingrandimento del regno di Sardegna.

 

Da abile politico quale era seppe però subito adattarsi alla nuova “unità nazionale” ed è ricordato nella storia come uno dei massimi artefici dell’unità d’Italia.

 

Altro che Italia; questa è Africa. Verso le province meridionali la diffidenza del Cavour fu epocale, tanto che lo statista piemontese tardò il più possibile l’avvento al governo dei meridionali, riducendo le circoscrizioni elettorali in modo da mantenere il potere saldamente in mano alle élites centro settentrionali.

 

CAVOUR NEL PANTHEON DEGLI ITALIANI – Il mito di Cavour nacque nel momento stesso della sua morte. Furono scritti carmi latini, dettate iscrizioni storiche, scolpite epigrafi, scalpellati marmi, fusi bronzi e pubblicate alcune dozzine di opuscoli commemorativi. Rivestito di tutte le virtĂą che la retorica italiana ama attribuire ai suoi eroi – bontĂ , generositĂ , coraggio, idealismo, lungimiranza – Cavour divenne immediatamente il primo monumento nazionale dell’ Italia risorta.

 

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IL SUO PROGRAMMA – Non aveva ancora un programma italiano, ma fu tra i primi a comprendere che le rivoluzioni del 1848-49 avrebbero cambiato profondamente il quadro delle relazioni internazionali. Si pose in un duro confronto con le grandi potenze da un lato, e con la rivoluzione mazziniana e garibaldina dall’altro. Cavour rivelò una straordinaria capacitĂ  d’ invenzione, creazione, manipolazione. La mancanza di un disegno prefissato lo rese pragmatico ed efficace, considerando che egli non era nĂ© un sovrano nĂ© un generale nĂ© un leader carismatico per le masse. PotĂ© tuttavia, come in alcune arti marziali, sfruttare la forza degli altri e dirigerla verso i suoi scopi. Per governare e fare uso del suo talento anzitutto si affrancò dal re e rafforzò l’istituzione parlamentare, di cui era un convinto sostenitore come strumento di stabilitĂ  e progresso in contrapposizione alle rivoluzioni. Raggiunge lo scopo assicurando ai Savoia un bene di cui tutte le dinastie europee, dopo il 1848, ebbero un drammatico bisogno: il consenso della borghesia liberale e delle classi emergenti. Creò il proprio partito (un “connubio” fra la destra di D’ Azeglio e la sinistra di Rattazzi) con il quale guidò il parlamento nella direzione da lui voluta e cominciò a tessere la grande tela dell’unitĂ  italiana. Gli serve una leva esterna con cui agire sul potere asburgico, e si rivolge a Napoleone III. Gli serve una spada popolare, e non esita a servirsi di Garibaldi. Gli serve un nemico per meglio accreditarsi agli occhi dell’ Europa come garante dell’Italia moderata, e agita il drappo rosso di Mazzini di fronte alle cancellerie impaurite.

 

LA SUA EREDITA’ – Cavour non fu soltanto il mediatore che portò all’unitĂ  nazionale; fu anche l’ autore delle regole con cui abbiamo giocato da allora il “gioco italiano”. Appellandosi a Napoleone III ha anticipato l’ importanza che il “fattore allogeno” avrebbe assunto nella storia nazionale: la Triplice per Crispi, la Germania per Mussolini, l’ Urss per Togliatti, l’ Europa e l’ America per De Gasperi e Sforza . Creando il primo “destra – sinistra” ha aperto una lunga sequenza di trasformismi, centrismi e “convergenze parallele”, da Depretis a Giolitti, da Mussolini a Moro. E con il successo delle sue straordinarie manipolazioni politiche ha indotto nei suoi successori la convinzione che la politica italiana e’ in buona parte “alchimia”, vale a dire quella tecnica o arte, “che tenta di far venire fuori l’ oro da una combinazione di metalli vili“.

 

Adele Fuccio

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