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Osama è finito. La guerra continua.

Le prime riflessioni del “Caffè” sulla notizia più importante di oggi. La morte dello “sceicco del terrore”, principale ricercato dell’FBI, quali scenari potrebbe aprire? La fine di Bin Laden sembra costituire un significato simbolico prima ancora che in termini effettivi della guerra al terrorismo: al Qaeda negli ultimi anni ha infatti perso potere e la guida di Osama non è più così decisiva.

 

OSAMA E’ MORTO – Bin Laden è morto e l’America festeggia. Non perché questo rappresenti una vittoria finale nella guerra al terrorismo, ma perché costituisce il segnale che nessuno, nemmeno il più protetto capo terrorista, è al sicuro dalla vendetta USA. Insomma, lasciateci in pace o noi, prima o poi, veniamo a prendervi.

 

Dal punto di vista internazionale, la morte di Bin Laden è un colpo al morale dei terroristi, ma non costituisce una vittoria definitiva: da tempo Al Qaeda è ridotta a un’ombra del passato per le molte perdite subite tra i suoi leader, e i molti gruppi che ad essa si ispirano sono in realtà piuttosto indipendenti e operano ciascuno con obiettivi e motivazioni personali. Non smetteranno dunque di combattere. Lo stesso Qaedismo come ideologia non muore con Bin Laden, e se ha perso forza negli ultimi tempi è stato anche per il recente risveglio della coscienza araba che ha mostrato la possibilità di ottenere il cambiamento in maniera differente dal ricorso al terrorismo internazionale.

 

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SI CONTINUA A COMBATTERE – Gli USA e l’Occidente hanno vinto una importante battaglia morale nella Great War on Terror, ma la guerra è ancora lunga. Osama Bin Laden era da tempo marginalizzato come ruolo e i Talebani non dipendevano da lui, né lo facevano molti altri gruppi armati. Dunque non aspettiamoci un veloce termine al conflitto in Afghanistan. Cosa è cambiato? Forse il rapporto con i Pakistani, che per qualche motivo sono finalmente stati convinti a collaborare per un’operazione armata così importante sul loro territorio. La domanda principale dunque rimane: qual’è stato il prezzo? Una forte somma di denaro per gli alti ufficiali? Una maggiore influenza sul governo di Kabul? Un supporto nelle relazioni con l’India e altri paesi? Una combinazione di queste e altre opzioni?

 

Si sono accorti del pericolo dei Talebani e dei Qaedisti nelle aree tribali e dunque hanno cambiato politica o hanno solo approfittato di un’offerta vantaggiosa?

 

La risposta a tale domanda richiede informazioni che ora non sono disponibili e che andranno verificate nelle prossime settimane. Di sicuro la strategia americana non cambia solo perché il terrorista numero 1 è stato ucciso, né la determinazione dei terroristi di colpire gli USA e l’Occidente, visto che le minacce di vendetta di fatto non sono differenti da quelle fatte già abitualmente sui canali di informazioni dei terroristi. L’attenzione e le misure di sicurezza rimarranno alte.

 

La guerra continua.

 

Lorenzo Nannetti

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Lorenzo Nannetti
Lorenzo Nannetti

Nato a Bologna nel 1979, appassionato di storia militare e wargames fin da bambino, scrivo di Medio Oriente, Migrazioni, NATO, Affari Militari e Sicurezza Energetica per il Caffè Geopolitico, dove sono Senior Analyst e Responsabile Scientifico, cercando di spiegare che non si tratta solo di giocare con i soldatini. E dire che mi interesso pure di risoluzione dei conflitti… Per questo ho collaborato per oltre 6 anni con Wikistrat, network di analisti internazionali impegnato a svolgere simulazioni di geopolitica e relazioni internazionali per governi esteri, nella speranza prima o poi imparino a gestire meglio quello che succede nel mondo. Ora lo faccio anche col Caffè dove, oltre ai miei articoli, curo attività di formazione, conferenze e workshop su questi stessi temi.

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